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Colfocfiont Library
OPERE
DEL CONSIGLIERE
GIAN LODOVICO BIANCONI
BOLO GN ESE
MINISTRO DELLA CORTE DI SASSONIA
PRESSO LA S. SEDE.
VOLUME QUARTO.
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in 2012 with funding f-rom
University of Illinois Urbana-Champaign
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POESIE VARIE
DEL CONSIGLIERE
GIAN LODOVICO BIANCONI
BOLO GN ES E .
MILANO
NELLA TIPOGRAFIA DE' CLASSICI ITALIANI
contrada del Bocchello , N.° a536.
ANNO 1802.
«
CANZONE
«xÌlRCADI selve ombrose ,
Ove tal ora il semi capro Dio
Tra pianta e pianta spaziar si vede ,•
Sacre valli nascose ,
Ove spesso sul margine a" un rio
Viensi Diana affaticata e siede ;
Quand' io moveva il piede
Per le contrade vostre apriche amene »
Me cantare ascoltaste , ora il nevoso
Seno di Nice , or de la bruna Irene
Il corallino labbro grazioso :
Adesso , o selve , o valli , e voi pastori
M' udirete cantar cose maggiori .
Me , se mai noi sapeste ,
Destin secondo e luminosa stella ,
Mercè quel lauro che il mio crin circonda ,
Trasse d' Ausonia a queste
Ricche piagge , tra cui 1' erbosa e bella
484XÓ4
)( 6 )(
Elba conduce al mar la placid' onda ;
Qui regna in su la sponda
Il sassone signor, e benché in cielo
Veglin custodi di sua vita il Fato ,
E il dator di salute , il Dio di Delo ,
Io sacerdote loro , io vivo a Iato
Al gran monarca , e verso d' ordin loro
Le salubri bevande in coppa d' oro .
Qui de F inda marina
Le più candide perle e d* Oriente
Le gemme al trono suo fanno ornamento.
Qui F itala e divina
Armoniosa musica si sente
La voce scior fra cento cetre e cento
De le corde d' argento .
Al dolce suon lo splendido notturno
Teatro eccheggia , e vagamente ornate
Ninfe vestite il pie d' aureo coturno
Guidano molli danze innamorate ;
E altro è ben ciò, che far per le capanne
Carole e canti al suon d' agresti canne .
Qui gli archi eccelsi e gravi
D' aste e loriche , i templi e le supreme
Munite torri al cielo alzan la fronte,
E qui da cento navi
L' onda compressa gorgogliando geme
Sotto lungo real marmoreo ponte .
Belio il veder le pronte
)( 7 )(
Sassoni schiere ogni nemico inciampo
A debellare , ad atterrar possenti :
Bello il vederle in polveroso campo
Su bei destrier' vincere il corso ai venti ;
E di gran spada il duro braccio onusto
Pender tutte da un sol cenno d' Augusto .
Bello è uclir per le selve
Alto rumoreggiar le rauche strida
Di cacciator' , di carri e di destrieri »
Bello il veder le belve ,
Che al cor già senton la fatai disfida,
I più ascosi cercar erti sentieri .
E intanto i cavalieri
D' antico cervo la veloce traccia
A briglia sciolta seguitando vanno :
E fin non ha la perigliosa caccia,
Se il lungo corso ed il mortale affanno
Non fan che stanca al suol la fera cada
Pasco de' veltri in su la dura strada .
Pei palagi e le sale
Pitture no, ma meraviglie io veggio
A le pareti d'oro intorno appese.
Ah , mio Guido immortale ,
Io ti rivedo , e tu , . molle Correggio ,
Caracci eterni , e tu , gran Veronese !
Direbbesi che scese
Qui di nuovo dal ciel converso in tauro
O in bianco augello innamorato Giove
)( 8 )(
Ecco Apollo che abbraccia un duro lauro,
Ed ecco F oro seduttor che piove . "
Là vedo Achilie , che vendetta spira ,
E Andromaca piangendo lo rimira .
Ma quai vagiti ascolto ,
Che misti a lieto strepitoso suono
Interrompono quel de' carmi miei ?
Bambin vezzoso involto
Entro candide fasce, eterno dono
Certo , cred' io , de gP immortali Dei ,
Io Io conosco ai bei
Pronubi genj , che a lui stan vicino :
Giuno vegg' io che a F aurea culla a canto
Guarda ridente il sassone destino ;
Ed a la gioja e a F amoroso pianto
Che da gli occhi a Lusazio irriga il viso ,
Sì , che il reale genitor ravviso .
Scendesti al fin , scendesti
Da la natia tua stella in uman velo ,
Dolce speranza de F onor germano .
I nostri ardenti onesti
Voti, io già il seppi, non dovea più il cielo
Starli ascoltando lungamente in vano .
Ma quali di lontano
Entro la nebbia del futuro involte
Veggio dure vittorie , ardite imprese ?
Spade nimiche ed aste in fuga volte ,
Torri superbe al suol veggio distese .
)( 9 X
Di più ne V antro suo no , non previde
Chiron guardando il fanciullin Pelide .
Donna real , , cui cigne
La lunga chioma quel che Apollo istesso
Serto ti diede de le sacre foglie ;
Sai ben che mai non finge
Il fatidico Nume di Permesso ,
Qualora il velo a P avvenir discioglie .
Sì , che le vìnte spoglie ,
I trofei polverosi e la beli' ira
Del magnanimo figlio canterai
Su la tebana tua gemmata lira ;
Sì , che tornar dal campo lo vedrai ,
E seco allor d' ogni timor disgombra
Starai sedendo de* suoi lauri a P ombra .
Dal labbro tuo vezzoso
Pender vedrai di meraviglia piena
Non solo Arcadia , che di te risuona ,
Ma ancor P armonioso
Stuol de le Dee, che gode in su P amena
Cima abitar del colle d' Elicona .
Febo di te ragiona
Con loro , ed Eco replicar s* ascolta
Or di Lusazio , or d' Ermelinda il nome «
Move Dafne a P udirlo entro la folta
Selva per gioja le frondose chiome,
E Melpomene canta i tuoi bei versi ,
Versi che andran d' eterna luce aspersi .
)( io )(
Vanne , o canzon , del Tebro in su la riva ,
Ed entra umil nel taciturno e fosco
Sacro parrasio bosco .
A que' pastori narra la giuliva
Grande novella , e digli che talora
Di lor Lusazio si rammenta ancora .
)( « )(
SONETTO
JLjibico augel , che de la bionda Irene
Su le dita di rose ascendi e stai,
E seco articolando ardito vai
Nuove parole di dolcezza piene;
Se di me la crudel mai si sovviene ,
Pietoso augel , rammentale i miei guai ;
Dille , che ho il sen per lei più caldo assai
De F africane tue bollenti arene .
Dille che un lustro è ornai, che in fondo al core
L* aspra piaga mortai covo e nascondo,
E che a la fine per dolor si muore .
Barbaro e sordo augello ! ah tu non m' odi,
E suggi intanto con quel rostro immondo
Baci a me tolti, e ne tripudj e godi.
* 12 )(
SONETTO
A
L tempio tuo cinto d' affanno e orrore
Un povero infelice , Amor , seri viene ?
Strascinando fra il popol spettatore
Le rugginose sue vecchie catene.
ÀI viso smunto ed al mortai pallore ,
Al fianco che a gran pena si sostiene ,
Riconoscer dovresti , o ingrato Amore ,
L' adorator de la spergiura Irene .
Abbi pietà di lui : egli non chiede
Che gli rallenti i duri ceppi suoi ;
Anzi , se vuoi doppiargli , eccoti il piede
Chiede sol di mirar la sua nimica
Per un istante, ed il vedrai dappoi
Cheto tornare a la prigione antica .
X «3 )(
CANZONETTA
VXuardami in volto , o amabile
Sposa , per un istante ,
E non temer che doigasi
Il tuo felice amante .
Perchè il mio sen non copresi
Al caldo altrui desire ',
Perchè questi occhi ispirano
Forze, speranza , ardire ;
Perchè a me intorno scherzano
E la licenza e '1 riso ,
ISfon dei da me distogliere
Troppo modesta il viso .
A V agii fianco , e a gli agili
I eggiadri piedi e presti
L' amica tua Terpsicore
Riconoscer dovresti ;
Quella che prese in guardia
I passi tuoi primieri ,
Quella che insegna a vincere
I cor' più duri e alteri .
Se tu noi sai , le grazie
Che a te d* intorno or sono f
)( i4 OC
Tutte , o mìa cara , furono
Un liberal mio dono .
Senza di Ior fu inutile
Mai sempre la vaghezza ;
Le grazie sole accordano
L' onor de la bellezza .
Tra le suore d' Apolline
La più gentil son io ;
Lascia pur dir Melpomene,
Euterpe , Erato , e Clio .
Mi rido- ben d' Urania
Che e' importuna ognora
Con le sue sfere e i circoli ,
Con gli astri e con P aurora
Mi rido di Calliope ,
Che da tant* anni arlnoja
Cantando quel suo Priamo ,
E quell' eterna Troja .
Me dovunque accompagnano
Gli armonici strumenti ,
Me le grazie precedono ,
E i bei genj ridenti.
S' io dal ciel parto , languono
Le Dee nel sommo coro ;
E mal contente dormono
Ne' lor bei letti d' oro .
Io quella son che i giovani
Amanti incoraggisco K
)( i5 )(
Io le lor destre timide
Al suon di cetra unisco .
Dov' è queil' antro gelido ,
Dov' è P ardente arena ,
In cui P uom non rallegrasi ,
Se a lui mi mostro appena ?
Se me su i lidi d' Africa
Giugner lo schiavo vede ,
lo schiavo afflitto e misero
Danza coi ceppi al piede .
Io sola ardisco tergere
Le gote lagrimose
A le Sultane in Asia
Ne' lor serragli ascose .
Di là da P onde atlantiche ,
Di là da P Indie ispane
Me innamorate invocano
1 e ignude Americane .
Kon v' è dal freddo Borea
A P Austro più selvaggio f
Non v' è popol si barbaro ,
Che a me non presti omaggio «.
Oh sventurati gli uomini
Se a rallegrar talvolta
Non veniss' io quei torbidi ?
Onde natura è involta !
So che vi son de' rigidi ,
De' severi censori ,
)( 16 )(
Che me con gì' occhi guardano
Nemici e sprezzatoli .
Ma ad onta loro imparino
Ch* ogni disprezzo è vano ,
E a rispettar comincisi
Il mio poter sovrano.
In fin non cedo a Venere ,
Né a Ghino imperiosa ,
Ma solo a te vo' cedere
Q&& 9 ° gentil mia sposa .
SO-
ABATE STIMATISSIMO.
Bologna 27 febbrajo 1802,
jRj
Ricevuta la grati ss ima vostra de Ili 20 corrente
con V unita Prefazione anteposta alle Lettere Cre-
spiane del Consigliere , feci invitare varj Amici a~
manti delle belle Arti , e dell' Antichità . Venuti ,
lessi loro la Prefazione che piacque moltissimo .
Dopo aver ammirato la stravaganza del Canonico
Crespi , passarono a congratularsi con V Accademia
Clementina anzi con Bologna medesima, che fesse
restituito V onore a un Corpo di lei così rispetta-
bile , ed alla memoria del valorosissimo ed integer-
rimo Ideili . Tutti fecero plauso a chi aveva pubbli-
cata la Prefazione , protestando che giusto fosse il
ringraziamelo . Me ne incaricai , ed a questo fine vi
diriggo la presente assicurandovi della comune cor-
dialissima riconoscenza . Vi prego voler gradire
questi uffìzj , e passarli ai vostri colleghi .
In seguito significai ai medesimi il pensiero
comunicatomi di ristampare V opera Circense dello
stesso Consigliere Bianconi . Avendolo lodato mi
stimolarono con forti ragioni a significarvi la
necessità di pubblicar® la storia in altra occasione
)( n )(
già loro narrata , degli sforzi delV Avvocato Fea *
dell Architetto Uggeri, e del Commendatore Carli per
togliere al Consigliere V onore che da quella dove-
va venirgli. Senza una tale Storia , ossia confu-
tazione delle cose non vere asserite dai tre suddetti ,
brrm^si di farsi onore con le altrui fatiche , si man*
ea , dissero tutti, alla giustizia, ed ai più sacri sociali
doveri . Quindi si volsero a me , e mi obbligarono
a prometter loro di scriverla tostamente , mandar"
vela , e pregarvi stamparla , ponendola alla Usta
àelV opera stessa Circense in luogo della Prefazio-
ne delFea^ della quale, quantunque contenga qual-
che erudizione , pub nondimeno V opra star senza ,
ina non già di questa . In una parola ho accet'
iato V impegno , e nelV ordinario prossimo ve ne
Spedirò la porzione spettante a Fea , indi V altra
appartenente ad Uggeri, e per ultimo quella che
ci Presidente Carli credo possa convenire* Ama-
temi, e credetemi .
Il vostro Amico
F. P.
AI LETTORI
dell' opera circense*
JLj OPERA postuma del Consigliere Gio. Lodovico
Bianconi intitolata zzz Descrizione dei Circhi parti-
colarmente di quello di Caracalla , Roma 1789 =
è stata attaccata da tre , cioè dalV Avvocato Fea ,
e dall' Architetto Uggeri che la puhblicarono , e
dal Commendatore Gianrinaldo Carli . Pretese il
primo y che imperfetti , e disordinati fossero gli
scritti del Bianconi , ed il secondo che le figure
fossero scorrette , ed ideali . Il Carli volle di più
che il Consigliere fosse plagiario accusandolo di
aver preso , da certi suoi scritti , pubblicati già pri-
ma che fosse intrapresa V opera sui Circhi, molte
scoperte nelV opera stessa introdotte . Crederei di
far torto alla gloriosa memoria del Consigliere se
ommettessi di pubblicar nudamente la verità, che
spennacchia i bramosi di vestirsi delle sue piume .
Ecco come V Avvocato Fea parla degli scritti
alla pag. vi 11 della Prefazione z=z Consistevano iti
un ammasso di carte senz' ordine , e senza fine .
1/ Autore scriveva , e riscriveva più volte la stessa
cosa , ora correggendo ? ora levando , ora aggior
)( iv )(
gnendo , ora mettendola in un capo ora in un altro ;
di maniera che , trattine alcuni capi un poco più con-
nessi, e che dopo molte collazioni ho creduto fos-,
sero i suoi ultimi pensieri , il rimanente non era che
una selva di materiali , come li chiama anche il si-
gnor Annibale Mariani, che egli poi avrebbe ridotti,
e sistemati forse coli' indice dei capi che ho aggiunto
in fine dell' opera . Per poterne fare qualche uso nel
miglior modo , che fosse compatibile senza alterare i
sentimenti, ho procurato di ordinare prima i capi in
una serie più corta, a un di presso conforme ad una
prima idea dell'Autore; e cosi in ciascuno riunire le
varie cose che potevano avervi luogo dopo un ma-
turo esame che ho fatto principalmente per discer-
nere i primi pensieri dai pentimenti. In vece di sop-
primere certi luoghi, che non ho potuto approvare,
o di emendarli a mio modo nel testo , ho stimalo
meglio dirne qualche cosa nelle note , che ho messe
a p'è di pagina, ivi correggendo, o illustrando; e
aggiugnendo in ispecie le autorità degli Scrittori, che
mancavano nell'originale, ove soltanto in più luoghi
eranvi dei contrassegni per rcuHtervele a suo tempo.
Sortita V opera , e lette queste parole mi recai
tosto alla casa del? Avvocato per ritirare il mano-
scritto , come n'era stato incombenzato , e vedere se le
suddette proposizioni reggevano . Dopo lunga fatica,
ottenni V Autografo y lo lessi , lo confrontai con il
libro stampato , e conobbi la letteraria impudenza
)C v )(
del Fea , perchè ritrovai il libro conforme ai ma-
noscritto . Anzi mandatolo come doveva al sig. Ari»
gelo Michele Bianconi fratello del Consigliere di-
morante in Bologna , ora defunto, questi che sen-
satissimo ed integerrimo era , scrisse in foglio an-
nesso all' Autografo . « Manoscritto dell' opera
v Circense del Consigliere Bianconi , pervenuto a
v stento nelle mani di Angelo Michele di lui fra-
ti tello che lo conserva in casa sua in Bologna f e
» pub essere da chiunque collazionato a scoprimento
*> dell' impostura di Fea e dello sbaglio che fece il
» Dottor WJariotti nell'Orazione Funebre. Fea non
v ha aggiunto che note quasi insulse , ed in uno stile,
v che da se manifestasi inferiore a quello dell' ope-
f) ra , onde chiunque pub giudicare chi scriveva .
Lo stesso manoscritto poi trovasi diviso in tanti
quinternetti , quanti sono i Capitoli indicati dal
Fea, quindi chiaramente si scorge che anche V or-
dine eh* egli attribuisce a se , appartiene al Consi-
gliere . 1 tre Figli del suddetto Angelo Michele
Bianconi , sono pronti a permettere a chiunque , il
confronto del manoscritto , colV opera stampata .
Perchè far torto sì manifesto alla verità se
non per ismania di figurare? Questa fu che indus-
se Fea anche prima , a quelle debolezze che leggia-
mo nella Lettera di Bajocco a lui diretta , e pub-
blicata nel ij&Q colla data di Cosmopoli. Ma il
peggio si è che della stessa Scienza Qircense in cui
)( VI }(
vorrebbe egli distinguersi, non mostra conoscere gii
elementi Una sol prova ne basti .
U Autore alla pag. xv. dice « che le carceri
tt non erano disposte in linea retta coir angolo retto
$t ai lati del Circo rr: ed egli nella nota (b) dice ;
Negli altri Circhi erano forse in linea retta . Non
vi era cosa più necessaria in tali edhfìzj di questa
curva ed obliquità , non avendo le carrette a per"
correre raggi di diversa lunghezza per entrare nella
lizza come V autore mostra nel Capitolo vi. e x.
Molte altre cose si potrebbero dire , ma per
brevità passo all' architetto Uggeri che prese a cen-
surar le figure. Ecco come (sicuramente sotto alla
di lui dettatura) se n* parla nella Prefazione, pa-
gina vii. a ^ato mano alV imp^sa ( dell1 Opera
iì Circense ) colle stampe , e co' disegni fatti fare
» dalV Autore, la prima nostra determinazione fti
j> quella di portarci al Circo per osservarlo ben
»» bene, e farne V esame in cov Pronto . Non vorrem-
»» mo dirlo , ma non possiamo farri* a meno , ver
a nostra giustificazione, non p.°r togliere a1 signor
»» Bianconi il merito d He sue premure . Trovam-
eli mo con gran marami ^l' a , il tutto in generale ,
» e in particolare sì nelle forme , che nelle misu-
ti re , così ideale , mal trattato , e scorretto che
v non vi si vide altro partito da prendere, che
st di rincominciare V opera da capo , col rifare , e
» più in grande , quasi tutti i disegni , e i rami ,
X vii x
» e con accrescerne altri per maggior intelligenza
v ed ornamento della cosa stcondo le nostre vedu-
ti te. Così fu fatto , colla possibile scrupolosità, ed
ì) esattezza , e con reiterate osservazioni , e misure
i» di ogni benché piccola parte , come si vedrà dalle
v stampe , e dalla spiegazione di esse in fine del"
i» V opera , senza risparmio di fatica e di spesa.
Se V Avvocato deprime gli scritti , che diremo
à Vpgeri rispetto alle figure? Il primo taccia di
confusione quelli , ed il secondo dà di nullità a
queste . Temeva V uno che il manoscritto potesse
esser veduto, e V altro lusingavasi forse , che nessu-
no potesse veder le fgure per poterne far il confron-
to . Ma una serie d'esse , corredate di note manoscrit-
te dal Consigliere , debb* essere il mezzo più sicuro per
(scoprire se Uggeri abbia detto il vero . Questa serie
esiste in Milano appresso il Fratello vivente del Con-
sigliere , ed io che ne ho fatto il confronto , posso ac-
certare , che la proposizione dH Uggeri non regge .
Sarebbe xinzi ben fatto che incidendosi una pianta
generale del Circo di Caracolla si appoggiasse que-
sta alla figura del Consigliere onde venisse in chia-
ro la verità .
Che Uggeri poi , massime in quest'opera, non
meriti tutta la fede, basti il dire i.° che, nel fron-
tispizio , e nella dedica al Sommo Pontefice si di-
ce Milanese quando è Cremonese , e precisamente di
Cera terra vicina a Fizzighettone , 2.0 Che nel ma-
X vili )(
nife sto , e nella dedica suddetta attribuisce a caso
di fortuna V aver avuto gli scritti, quando grazio-
samente gli furono favoriti dal Fratello del Con-
sigliere abitante in Milano , come io stesso ne son
testimonio. 3.° Che asserisce , come leggesi nella Prefa-
zione pag. vii. » che presso il lodato sig. D. Carlo
s> ( Bianconi ) avesa già meditato sugli scritti , e
»> sulle stampe dell' Autore ; e avea fatti dei dise-
»> gni eleganti, e assai grandi del Circo Massimo
v per r istaurarlo a norma di quanto ce ne hanno
9> tramandato gli antichi ec. u quando non ha né
meditato sugli scritti , né ha fatti , presso , cioè ,
sotto , il detto Fratello dell'Autore , verun disegno
del Circo Massimo , ma bensì disegni grandi del-
l' Anfiteatro Flavio , come moltissimi testimonj
ne danno prova . Di questa non vera asserzione
ne dovremo parlare confutando il Carli , e però
ora la tralasci eremo , tanto più che non ha stretta
relazione alla materia Circense .
Ma lasciamo sì misere cose , e vediamo se
almeno le figure siano state di U%%eri migliorate .
Si prenda la tavola I. che mostra la pianta
generale del Circo , e che conseguentemente è la
base del tutto, essendone la figura nrmcipale . È noto
che le dw cose pia importanti ne' Circhi erano la
situazione delle careri, e V inclinazione della spi-
na; perchè essendo la corsa delle carrette l'oggetto
primario de Circhi , ed influendo sommamente le
X ix )(
dette due cose , nella più giusta , e sicura esecu-
zione delle corse, ne viene, che alle medesime do-
vevasi aver cura maggiore , tanto nelV osservare il
fatto , quanto nel darne le figure , e renderne ragion
nelle note . Vediamo adunque come si diporta Uggeri
in ciascuna di queste due cose .
Parliamo della curva su cui erano le carceri .
U Autore dice al Capitolo Vi. » che il punto cen-
ti trale del circolo sulV arco del quale vanno le car-
» ceri doveva essere egualmente distante dalla pri-
V ma meta , che dal podio della parte destra del
v Circo ( per errore è scritto sinistra ) . . . . affin-
v che tutte le carrette, qualunque fosse la carcere
v da cui partivano , avessero uno spazio eguale da
v percorrere prima d' entrare nella lizza comune «
e nel principio poi del Capo X. dice « Esaminando la
» curva in cui sono disposte le dodici carceri del
» Circo di Caracolla , ho scoperto mercè V attuale
»> misura essere la medesima un arco di circolo ,
tf il cui centro giace verso il mezzo deìV area de-
v stra nel punto C. a Non è ne di mia ispezione
né di questo luogo V esaminare quale di queste due
proposizioni si abbia da attendere , dico bene , che
se Uggeri avesse avuto V attenzione , di cui si van-
ta , essendo l'ubicazione di questi due centri di- ,
stante moltissimo V una dalV altra , si doveva
dire nelle note , quale delle due avesse verificata
sulla faccia del luogo , onde la sua vantata scru*
)( x x
polosa attenzione si manifestasse . Tornerebbe bene
nella tavola generale V indicare questi due punti .
Passiamo ali* inclinazione della spina sz Dal Circo
di Car acalla, ( V Autore pag, 268) si raccoglie eh' es~
9» sa (la spina) non era parallella , ma inclinata in
i) modoy che dalla parte delle carceri lasciava alle
*> carrette uri apertura più larga per entrare dallo
v spazio nella corsia , ed una in conseguenza pia
» stretta , dove infaceta alla seconda meta esse do-
v vevano voltarsi intorno . In seguito di tale co-
li struzione tornava ad essere più larga V apertura
»> della seconda corsìa dopo la voltata ed andava
»» restringendosi a misura che le carrette si acco-
v stavano verso la prima meta , ove girando tor-
si cevano di nuovo la corsa . Se guardasi la pianta
ìì del suddetto Circo si vedrà , che la spina è in-
» elinata all' asse del Circo ec. « Doveva dunque
lo spazio che resta fra la spina, ed i lati lunghi
del Circo , essere sempre vario , cioè all' ingresso
aver la maggior sua larghezza , alfine della spi-
na y cioè vicino all' ultima meta dallo stesso lato ,
essere più stretto ; volgendosi poi nella seconda cor-
sia , dovea cominciare con uno spazio minore di
quest' ultimo , e terminare vicino alla prima meta
con uno spazio minore di tutti. Non facciano om-
bra le parole del Consigliere . « In seguito di tale
» costruzione tornava ad essere più larga V aper-
ti tura della seconda corsia u perchè qui si vede
)( » X
chiaro , che il Consigliere vuol dire , che come nella
prima corsia, il principio è' più largì del fine ,
cosi è pure nella seconda corsia . In Questo luogo
si poteva tuttavia a maggior chiarezza sorreggere il
testo . Ma lasciamo Questo . È certo che sulla pianta
del Consigliere vediamo la consentaneità delle parole
colle figure : poiché se lo spazio primo che resta fra
la prima meta , ed il podio destro lo fissiamo di 8,
lo spazio dallo stesso lato al fine della spina, cioè
contro l'ultima meta , viene ad essere di sette . Indi
ritroveremo , che dalV altra parte lo spazio contra la
seconda meta risulta di cinque , e quattro Quinti , e
sempre dallo stesso lato verso la prima meta sarà
quattro , e un quinto solamente . Che cosa fa Uggeri
nelle sue figure ? Dà è vero inclinazione alla spi-
na , in modo che dalla parte destra il podio non
è par alleilo con la spina , ma dalla parte sinistra
fa , che paralìella venga ad essere la spina con il
podio sinistro . Il più mirabile poi si è , che vi
pone numeri che dicono il contrario . Finalmen~
te il Feo. nelle note non aggiunge altro se non
che , ove il testo dice ciò, che ho riportato di sopra:
tr si vedrà che la spina è inclinata all' asse dei
%ì Circo piedi sedici u pone in pie di pagina » que-
v sto numero V abbiamo messo noi secondo le nostre
m misure . « Ove è adunque questo miglioramento
delle figure ? Ove l' attenzione e scrupolosità tanto
vantata ?
)( X£I )(
Non si creda però che il difetto d1 attenzione
riguardo alle figure si manifesti solo nelle suddette
due cose , in altre potrei mostrarle facilmente , ma
il dover esser breve mi sforza a menzionarne una
sola , cioè quella che riguarda i par apeVi fatti da
Uggeri diversamente da quelli del Consigliere ; di-
vendo dy averli ritrovati di muro , quando quei del
Consigliere erano di ferro . Ecco come scrive Fé a
sicuramente sotto la dettatura di Uggeri pcig. xcvn.
«< JJ autore ( il Consigliere ) tuttoché avesse fatto
v molte osservazioni ci lasciò ne suoi disegni
»> invece di parapetti di muro , parapetti di ferro . a
Ma io dimando se sia più possibile che Uggeri
abbia errato , o che gli antichi abbiano fatto dei
parapetti che non lasciando ( come lo debbono fare
quei di muro ) scelo facile alle acque del Cielo pro-
ducessero un umido eterno, anzi dessero luogo a for-
marsi un fango insoffribile, ove dovevano stare gli
spettatori pia distinti? È egli possibile che gli antichi
così avveduti in ogni cosa fossero poi così male accorti
in una parte delle più importanti rispetto alt uso dei1
loro Circhi? Sarebbe benfatto che nella pianta gene'
Tale vi fossero due figure relative a questi parapetti ;
una secondo il sistema del Consigliere e V altra d' Uggeri
onde i Lettori potessero giudicare qual sia la più pro-
babile . Ma si finisca rispetto alle figure col notare
una ridicola asserzione di Fea e di Uggeri . Alla
pag. LXXXV. trattandosi delle tavole così scrivon o :
)( XIII )(
ìì Avvertiamo bensì che quelle ( tavole ) contrasse*
v gnate con un asterisco sono quelle fatte fare dal
» sig. Bianconi , ma fatte ritoccare in qualche parte
v da noi . u Beato chi potrà fra le venti tavole
poste nelV opera ritrovarne una sola coli asterisco .
«So d' aver passato più di un esemplare senza mai
avvedermi di un simile segno . Non si lasci però
alcuno sedurre dai due asterischi che si vedono nella
tavola II. , perchè come si dice alla di lei spiegazio-
ne pag. xgi. , gli asterischi indicano che le due
mete così contrassegnate sono tuttora esistenti .
Il fin qui detto dovrebbe aver mostrato non
solo la falsità delle proposizioni di Fea , e à" Ug-
geri , ma V ambizione loro nello screditare gli scrii'
ti , e le figure del Consigliere onde farsi onore con
il supposto miglioramento del libro .
Questa passione di gloria eccitò lite fra essi
pel frontispizio , e sì forte , che per terminarla
fu deputato Monsignor Rusconi. Mi ritrovava in
Roma , ed ebbi copia delle carte verificanti V assio -
ma , m gli uniti a spogliar un terzo entrano in
discordia alla divisione del bottino .
Ma di Fea e à" Uggeri abbastanza : passerò
al Commendatore Carli, che tentò di abbassar V ope-
ra, e di farne comparire plagiario V Autore per le
ragioni che vedremo .
Nelle Antich. Italiche P. IL lib. 3. pag. i35
delV edizione seconda, così scrive
IV. 12 **
)( Xlv )(
i( Cotesto Anfiteatro Polense è stato V oggetto
ff de miei pensieri per lo spazio di cinquanta an~
» ni ; e nel ijòo pubblicai in Venezia una descrit-
ti zione delle scoperte da me fatte colà , nella quale
v diedi bastanti indizj delle mie idee , sin d" allo"
ti ra concepite , intorno a tale argomento , le quali
v di tempo in tempo si andavano sviluppando , sin-
v che nel ijSj mi ritrovai in grado di farne una
v esposizione alV Accademia Colombaria di Firen-
t* ze ; e coteste idee sono presso a poco quelle, che
»> in questo trattato ho estese, stampato nella pri-
tt ma edizione delV Opera presente nel 1788. A
ti chi tutto questo era noto parve di travedere nella
ti Descrizione del Circo di Caracalla, pubblicatasi in
»» Roma al principio del 1790 , qualche analogia e
ti conformità con le nuove osservazioni da me
a fatte sugli Anfiteatri', né mancò chi sospettasse
» essersi il dotto t Autore giovato tanto della mia
a Descrizione, stampata nel 1760 , quanto delle no-
ti tizie che poteva aver avute in Firenze intorno
a alle mie idee , giacche non prima del 1772 egli
a si pose allo studio de' Circhi . Non è però que-
» sta la prima ingiustizia , che siasi fatta al me-
v rito dy uno Scrittore , imperciocché il MSS. di
m cotesta Opera , dopo morto V Autore, era per te-
ti stimonianza del benemerito Editore affatto infor-
»> me , come un ammasso di carte , e senza fine ;
»» e però fu d' uopo ordinare i Capi , e 1 riunire in
)( XV )(
u ciascheduno le varie cose, che potevano avervi Iuo-
ti go , aggiugnendovi le autorità degli Scrittori, che
>t mancavano nelP originale . Di più con nuove , e
ti diligenti misure si realizzò la pianta del Circo ;
tt cosicché può considerarsi cotesto opera un lavoro
v tutto nuovo dell' Editore di essa . Non negherò
tt io già , che perciò che riguarda air argomento
ti dei Circhi , avrebbe il Bulengero non poca ra-
ti gione di meravigliarsi, se fosse vivo , nel vedere
a così bene nel moderno Libro transfusi i di lui
tt dottissimi Trattati de Circo Romano Ludisque
tt Circensibus , et de Venatione Circi : ma non per-
ti xiò mi lagnerò io , che il mio Libro degli An-
tt fiteatri abbia potuto alV 'Editore servir di guida
a onde aggiungere , ed illustrare alcuni punti di
ti erudizione tanto al Circo , che alV Anfiteatro
a comuni ; . . . . Grande compiacenza è però quella
ti di uno Scrittore libero , ed indifferente, .... il
a vedere in qual maniera i di lui lumi , e le idee
ti sparse, siano state dai Letterati bene accolte ed
ti approvate, tt
In tre modi, come facilmente si vede, cerca il
Carli con queste parole di far ingiuria alV Opera
Circense , ed al di lei Autore , onde innalzare il
suo Trattato degli Anfiteatri , e coprire insieme il
letterario delitto, di cui fra poco parlerò.
Il primo modo è : mostrare con V appoggio
delle parole della Prefazione della stessa Circense^
)( XVI )(
che gli scritti , e le figure ài quella erano origi^,
nanamente informi, e poco attendibili, onde possa
considerarsi cotesta Opera un iavoro tutto nuovo del-
l' Editore .
Il secondo è : far vedere con istudiate finezze ,
che i Trattati del Bulengero abbiano somministrato
mezzi grandi all' Autore per distinguersi .
Il terzo poi , il più importante al Carli , si è:
far credere : che la Descrizione da lui fatta dove-
va dire Relazione delle scoperte sull'Anfiteatro di
Foia sino dal 17 So, e V Esposizione delle medesime
partecipata nel ijSj ■ all'Accademia Colombaria dì
Firenze abbiano giovato alt Autore della Circense
ed all' Editore di lui , giacche contengono , dice egli>
presso a poco ciò che pubblicò nel suo Trattato so-
pra gli Anfiteatri stampato nel 1 788 ; in cui sono
cose analoghe, e conformi a guanto vedesi nella
Circense .
Rispetto alla prima ognuno dee conoscerne
la falsità , avendo presente il detto di sopra per
Tea ed JTggeri su lo stesso argomento .
Rispetto alla seconda se np scorge la debolez-
za col confronto fra le opere del Bulengero , e quella
del Consigliere . Non si n*ga , che nelle prime non vi
sieno erudizioni inserite nella seconda , ma non
però tante , e tali da perdere questa V originalità .
Vengo alla terza , che ricerca più lunga discus-
sione . Verrà essa pienamente confutata quando si
)C xvn K
faccia vedere che le prime Opere del Carli , nelle
quali egli dice esservi le cose analoghe alle Cir-
censi , non le contengono in veruna maniera .
Due sono le prime opere che cita al suo argo-
mento . Una è la relazione delle scoperte fatte neh
V Anfiteatro di P ola del 1760, V altra V esposizione
delle medesime presentate alla Colombaria nel 1757.
La Relazione è un libretto di due soli fogli,
che non contiene cosa alcuna analoga alle Cir-
censi, ma solo le misure , e i disegni delle parti
esistenti delV Anfiteatro Polense , le quali non han-
no , ne possono aver relazione alle cose Circensi . Le
scoperte poi indicate nel frontispizio riguardano
solo V aver il Carli conosciuto che il detto Anfitea-
tro non pub essere mai stato un Teatro , come lo
voleva il marchese Meffei. Indica ancora il Carli
in questo libretto le altre antiche fabbriche di
Pola, e promette alla pcg. xxix. , che in altra ope-
ra ne darà le misure 9 e i disegni . // citar dunque
questo libretto per provar V argomento è lo stesso
che far ridere chi lo conosce . Dicasi lo stesso
delV esposizione delle medesime scoperte fatta alla
Colombaria di Firenze , giacché non è che una
ripetizione di quanto si contiene nella suddetta
Relazione .
, Ecco adunque false, le due asserzioni del Car"
li% che cioè nella Relazione del vj$o, e neW espo-
sizione del ijSj siano cose analoghe alle ervdi-*
IV. 12. ***
X <'■'■'> K
i r allato dt%h Anfi-
Ma t». ito imprt
ì 0*09 v "
té thè
> :^-.pra l ar-
- - ■. fatméé ftd*1\ ' fUé "'
■ 'A /e mliz't del f.-.r-r >Ueré t V §à\
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a
Il fratetté éil r -
mm AucdtmUk deiU BelU -
una Anfiteatro f Hémm
figtardé d'ffi-
funté fruttilo p e /<■ teoptrté 'I" anche
'■ ' ora cominciateli è 01 Hi
)( «* )(
in vista che la parte sud dulìa riesca poi adattarti al
fine WO dtgna veramente della llomuna magni fu ni-
?a, e che fé a/giunte fattivi si urlisi uno peijettamin*
te eolie superstiti indirà:- ioni . JU idea è posta in
disegno ne/I' anno stesso dall' Ab. Uggeri tante volta
nominato , a cui egli dava istruzione, e casa . Uggcrit
benché in apel tempo ignaro di simili cosey dipen-
dendo dal Segretario Ja disegni die ricevettero en-
comj. l'assono fare testimonianza della sola di
lui materiale r-.etuioite molti ancora viventi . Ne
stello tre | /uri liè tirile beli' urti Professali , ti
«elebre l'ili ore Milanese Appiani , che non isdegnb
iure ti detti disegni UggiadrHtHfni Jipare t 77*-
gliaretti Pietro, ed Albrrtolli ('/incoino ambi dna
Ari iti (et ti dr ì<ni di lodr .
I ditigni si mirti ano dal Segretario ( ap-
presso mi possono essere eonsultati ) al Carli ,
penile lo errile ronost ita re in simili materie,
avendo inteso rhe sull' Anfiteatro di Pala tue
se pubblicato un libro the allora non aveva ve-
duto . fannie il Cerreta rio ani he Uggeri /
sente, perrlie il Carli ne conosca t esecutore,
indica al Carli le ragioni rhe /' avevano fnOi
gli recita fino i passi digli antichi corroboranti le
sue idee, non mainando d1 indicai' Ji the recti lu-
mi , e si aperte appurtrngnna al defunto Fratello
Non ti pub esprimere lo sorpresa , e C ummira-
cione mostrata dui Curii
)( xx )(
Nel principio del 1788 il Carli pubblica la
prima parte delle sue Antichità Italiche , e nel
Ragionamento preliminare al §. XFr. esponen-
do gli argomenti deputati alla seconda parte ,
menziona V Anfiteatro Polense, ma nemmeno dice,
una parola del Flavio di Roma, Qual argomento
più chiaro che da quel punto non pensava a par"
lare di quest' Antico Romano Edifìzio ? Pubblicato
il detto primo tomo , pensa il Carli che pub porre
nella sua seconda parte un Trattato dell' Anfitea"
irò Flavio , profittando delle idee del Segretario , se
Uggeri gli dà mano . Glie ne parla , e Uggeri si
lascia sedurre dalV imponente dignità d' un Con**
sigliere intimo di Stato, e si scorda del Maestro e
del Benefattore ; cosa di cui è pentito . Si fanno
sessioni tenebrose fra il Carli , ed Uggeri . Questi
gli fa i disegni , gli partecipa V inteso dal Segre-
tario , e conseguentemente le erudizioni del Consi-
gliere. Il Carli diviene in tal modo capace d'ese-
guire V opera concepita . Giugne il Carli a chie-
dere in prestito al Segretario i libri per il lettera-
rio furto , che far gli voleva. Volle intanto la sor-
te , che il furto non si compisse . Nel fssare i
gradi sotto la loggia superiore dell' Anfiteatro
Flavio il Segretario prese uno sbaglio per cui
vi fissò sette soli gradi . Il Carli trova nelV in-
scrizione dei Frati Arvali essercene stati undi-
ci . S1 imbarazza , e si crede obbligato ad abban-.
)( xxi )(
donare in questa parte V idea del Segretario . Ug-
geri non sa rimediarvi , e fra essi , mancanti di
scorta, si stabilisce quella Jìgura che si vede alla
pag. 20 5 della detia Parte Seconda delle Antichità
Italiche , parto di Carli , e d' Uggeri ben degno di
compassione . Basti il dire , che non lega con le
indicazioni superstiti delV antico , che ha porzioni
poggianti sul falso , e che esponendo una superfi-
cie immensa di legno alle ingiurie del tempo , ci
vorrebbe far credere, che così malamente pensar si
potesse né dotti tempi di Vespasiano , e di Tito •
Il Carli si compiace tanto dell'opera sua che ne fé
stampare esemplari a parte.
Uggeri va a Roma , ed il Segretario avendo
letto il Trattato del Carli , e scoperto il contegno
del Carli, e d'Uggeri, li 18 Febbbajo 1789 scrive
a questi del seguente tenore :
« Ho letto il Trattato del Presidente Carli
» sopra V Anfiteatro Flavio , ed ho veduto che ha
v fatto uso rispetto ai Meniani di marmo , ed al
» podio , delle notizie e lumi comunicatigli tanti
ìf anni sono , come ella sa , e che parimenti sa es-
» sere un prodotto delle mie meditazioni e di quanto
ti mi aveva partecipato mio Fratello il Consigliere.
ti Il Presidente ha fatto questo senza menzionare
tt né me né mio Fratello . Se abbia fatto bene o
ti male noi dirò , dirò bensì , che mi vergognerei
ìt sommamente se avessi proceduto con chiunque
)( xxn )(
» ài fosse nel modo da lui tenuto con i Bianconi «
» Ho saputo poi eli Ella gli ha fatto i disegni sen-
ti za dirmene una parola, some doveva. Cosa deb'
,» bo dirle ? se non che , quod tibi non vis , alteri ne
» feceris . I dolori maggiori mi sono venuti dal
» far bene ad altri . Non per questo lascierb il mio
ti cammino . Ella mi dee intendere .... Stia he-"
r» ne , si faccia onore , ma non così .
Uggeri è vivo , e sano ; Uggeri non pub dire
dì non aver ricevuta questa Lettera , perchè nella
sua delli zS Febbrajo , anno suddetto , diretta al Se-
gretario ne accusa la ricevuta . Si noti , che non nega
di aver fatti i disegni , ma vorrebbe far credere
d1 a ver nel o avvisato . Aggiunge a Aveva avuto divieto
n dal Conte Carli medesimo di non far parola ad
» alcuno delle sue disposizioni tanto Polensi quanto
v Romane . » Le anime candide danno mai simili di'
vieti? Uggeri per benemerenza è nelV opera lodato
dal Carli .
Intanto Uggeri manda la lettera del Segreta-
rio al Carli , che se rì altera , tanto più sapendo ,
che il Segretario ha scritto a caratteri grandi so-
vra uno de' disegni d' Uggeri .
u Spaccato deW Anfiteatro Flavio ec. secondo
■a V idea pensata dalV abate Carlo Bianconi rispetto
%ì all' interna costruzione di esso, diversa da quante
»i ne avevano fissate prima di lui gli Autori che
« hanno scritto di questo stupendo edifzio . E stato
)( XXIII )(
v posto in disegno questo spaccato dalV ab. Angelo
v Uggeri sotto gli occhi , e la direzione del Bian-
» coni l' anno ijS'ò in Milano . Da questa idea
it poi mostrata dal Bianconi al Commendatore Car-
» li, ha fatto questi copiare neU anno 1788 dallo
v stesso abate Uggeri, senza saputa del Bianconi ,
v la sistemazione di tutta la parte marmorea ove
ti stavano gli spettatori , e V ha spacciata decisa-
li mente come sua nel Trattato degli Anfiteatri da
ti esso pubblicato nel 1788. Vedami le sue Anti-
*> chità Italiche Porte IL Libro HI,
Nel tempo che Uggeri dice in Roma a" aver
prof Unto nelle cose Anf teatrali dal Segretario , lo
stesso è scritto in un foglio pubblico : Memorie delle
belle arti . Il Carli se ne lagna con Uggeri . Si
pone mano ali opera Circense , ed Uggeri per ti-
more del Carli fa scriver nella prefazione di aver
formati presso il Segretario , come si è detto di so-
pra , i disegni del Circo Massimo , per non nomi-
nare V Anf teatro . Esce V opera Circense , se ne
affligge Carli per le erudi zioni che vi scorge, e do-
po varj pensieri volendo pur rimediare , se pur è
possibile , a tanto male , pensa a ristampare le sue
Antichità Italiche , benché non ve ne fosse bisogno ,
per gettar polve negli occhj al mondo letterario . La
eseguisce nel 1793 e 94. È privato Uggeri delle
lodi dategli nella prima : è ingiuriato il Segre-
tario , e contro l'opera Circense si pongono le già
)( XXIV )(
riportate parole . Ecco , cred io , provato F assunto ,
e però scoperto V arcano , Ecco come il Carli ha
potuto porre in un libro pubblicato nel 1788, ciò
che si ritrova originariamente in un' opera del 1789
da lui non veduta» Ecco perchè il Carli fa uso di
false cose per salvarsi . Ma di tante miserie d' un
per altro grandissimo uomo, sia qui fine. Sta adun-
que , che né Fea , ne Uggeri, né Carli meritano
fede neir aver tentato di abbassare V opera Circense
del Consigliere Bianconi, a cui il mondo letterario
renderà sempre lode , e venerazione .
)( *7 X
SONETTO
Jl vr troppo io lessi in quelle luci infide ,
Quando la prima volta io le guardai ,
Lessi , oh Dio ! la mìa morte , e incominciai
A provare le lor voglie omicide .
Tali le aveva un dì certo in Elide
Colei che sparse co* funesti rai
Le fiamme in Grecia, e seppellì ne' guai
Le famiglie di Dardano e d' Atride .
So hen io quali sforzi , e quai difese
Feci a quel duro colpo inaspettato ;
E quante ebbi a soffrir aspre contese t
Che se vinto al fin caddi e disarmato ,
Se il foco struggitor in me s' accese ,
Che far poss' io contro il voler del fato ?
IV.
x in k
Viaggio a Roma ,
a Dori dama Veronese
D
A le tepide tue felici piume
Il gìovin fianco , e il rilevato seno
Perchè più tardi a trar , leggiadra Dori ?
Tu dormi ancor tranquilla , e non t' accorgi 8
Ch' alta rosseggia in Oriente e splende ,
Quasi rinfacci a te le tue dimore ,
Ila rugiadosa moglie di Titone ?
Odi il cocchier, che a le tue soglie assorda
Gol rauco corno , e col flagel nodoso
I sonnacchiosi abitator' vicini ,
E intanto i destrier' fervidi inquieti
Battendo van col pie ferrato il suolo .
Ah ! che Dori si sveglia : io vedo , io vedo
Le lusinghiere sue palpebre alzarsi,
E al balenar di quei lumi sereni
Schiarirsi il cielo, e la nascente aurora.
Giorno felice ti conceda Amore,
Bella figlia de F Adige , che padre
Fu de le grazie ognor , padre di Lesbia
Di te certo men beila , e più feroce .
Non {i stupir , se al sorger tuo mi vedi ,
X *9 )(
Donna, davanti a te : no , non è questa
La prima volta , il sai , che da lontano
Improvviso comparvi a' tuoi bei lari ,
Quasi che vanni volatori al piede
Messaggero de* Numi avessi anch' io .
Ah, Lisetta gentile, entra} le pure
Riveggio volentier : depon sul letto
I bianchi lini profumati e molli ,
Ch' entro fragrante e gallico canestro
Vigile ancella a la tua donna apporti ,
E in segno d' amistà dammi la destra .
Calza a Dori il bel pie , rivesti il fianco ,
E mentre che a Y argenteo , e mattutino
Desco d' amor ministra le alimenti
Col pingue nardo , con la bianca polve
II lungo ondoso crin disciolto e sparso,
E in viri! treccia lo componi e annodi ,
10 qui m' assido , e ragionando voglio
11 mio fato scoprirle , e i miei pensieri .
Bevi , o Dori , frattanto , e al caldo latte
Mesci la fervid' onda , che al tuo lato
Sopra T inglese e bel tripode bolle
Con 1' odorosa foglia giapponese ,
Grato conforto ai cor, grato a la bocca,
E una tazza a me pur ne porgi , e ascolta
Al primo annunzio , che a V auguSta Roma
Oggi mover dovevi , o bella , il piede ,
Stanco ornai di soffrir angoscie e morti
)( 20 )(
Fuggito io son da la prigione , in cui
A lento foco mi consuma e strugge
Con P aurea chioma , e con le luci azzurre
La rubiconda Irene , che sul m:;rgo
De la sassone ombrosa e placid' Elba
Sembra farsi ogni giorno al par di Giuno
Per mio dolor più beila e più superba .
Oh ! se una volta sul vedessi Irene ,
Quando sdegnosi in me quegli occhi gira ,
O quando elice da P eburnea cetra
Con le dita di rose amabil suono ,
Nuova d' amor Terpsicore ridente ;
Vedresti allora, che al mortai periglio
Non v' era scampo alcun , fuor che la fuga .
Reggie d' oro lasciai , gran duci e prenci ,
Belle dame e cortesi : ( e che non fassi
Quando con morte Amor minaccia e preme ? )
Alpi selvose, tumidi torrenti,
Campi d' armati, schiere bellicose
Ratto passai fra cento rischi e cento ,
E lieto al fine respirai la tanto
Aura di libertà bramata in vano.
Qui giunto appena polveroso e lasso ,
Quale or mi vedi , a te venni veloce
Per isvegliarti ed annunziarti il giorno .
Tu sai eh' io vidi pur P Italia , e corsi
Tutte , qual tu farai , le ausonie strade
Dal tuo rovinator tedesco fiume,
)( Z* X
ìn fino al Tebro, dove sorge al cielo
Fra palagi e fontane, archi e obelischi
La più bella città che il sol mai vide.
Inutil pondo non sarotti adunque,
Se nel cocchio leggier io teco ascendo
Fido compagno , e se il cammin t' addito .
Oh se vedessi come or bella splendi
In quel semiviril abito aurato,
Amazzone d' amor ! Scendiamo adunque
Le tue marmoree scale , e al fin si parta ,
Perchè già spunta il sol; ma per pietade
A che dar tanti baci a quel fatale
Garrulo augel, che d' Africa fin venne
Quasi il viaggio a ritardar ? Non sai
Quanto , o Dori , gli doni , ed ei noi gente .
E tu, giacché venir devi con noi ,
Perchè da Dori mai non ti allontani,
Cortese Amor , per breve tempo lascia
Il bel seno dì lei , dentro cui dormi ^
E come un dì su i flutti di Sidone
Ai Tauro rapitor sedevi in groppa,
E in un balen lo conducesti a Creta,
Così sul occhio nostro oggi pur siedi ,
E le seriche briglie in man tenendo
Aggiungi lena de' cavalli al fianco ,
E fa breve il cammin lungo e nojoso .
E che non puote Amor? In un istante
Ecco V antica alma città di Manto
)( m K
Che fra 1' acque palustri e fra le canne
Innalza il capo glorioso , e dice :
Chi può vantar cantore eguale al mio ?
Titiro nacque nel mio grembo ; io il vidi
Piacer di questo largo faggio a P ombra
Quando insegnava a la vicine selve
Il nome d' Amarillide vezzosa .
Dori, con fronte rispettosa e china
Passiam fra queste piante e questi allori ;
Sacre ad Apollo son le mura e il bosco .
Sai tu qual fiume valichiam su questa
Ferrata barca , che i cavalli e il cocchio
Trasporta insieme , e passa gorgogliando
Re de gli aito superbo altero fiume?
Gli è quello , in cui precipitò dal cielo
Col carro luminoso il giovili troppo
Mal consigliato condottier del giorno .
Mira le curve sue frondose suore,
Che in su la riva ancor dopo tant' anni
Stillan dolenti da la scorza il pianto.
Ecco tocchiam 1' opposta sponda , e Amore -
ì tuoi caldi destrier' di nuovo incalza .
Ma, oh Dio, che fai? Col bianco lin, deh ! copri
Copri quella venusta e corallina
Bocca gentile , acciocch' essa non beva
Questa che innalzan le ferventi ruote
Nube di polve da l' adusta strada :
Se tu noi sai, quella tua bocca, o Dori,
K ^ X
À tuU' altro, che a' polve Amor destina.
Ma senti , o Nume condottier , perdona ,
Se insegnarti il cammino osa un mortele .
10 crederei, che se a sinistra il corso
Tu più tosto volgessi, che men lungo
Calle ci guiderà dritto a la prisca
Città, cui regge dolcemente il freno
La generosa prole di Ruggero,
Ornamento , e splendor del secol nostro .
Già hen presto spuntar vedrai P Estense
Marmorea torre eccelsa inghirlandata ,
Che tanto a la città tutta sovrasta ,
Quanto ai virgulti in mezzo al campo suole
11 sempre verde sovrastar cipresso .
Lugubre scena scoprirem ben tosto
Ne la vasta pianura , che divisa
E' da P Emilia strada, e che si stende
Da Io Scultenna infino al picciol Reno ,
Benché vestigio ornai più non si scorga .
Passerem su le ceneri obliate
De la più scelta gioventù , per cui
I nipoti magnanimi di Remo
Vider veétite a bruno e madri e spose
Un torrente versar di caldo pianto .
Ecco il loco fatai; qui fu che al suolo
Cadder percossi da romane spade
L' uno e P altro roman console , e cadde
Con lor per mai più non alzar la front©
)( *4 )(
La tante volte minacciata e scossa ,
Ma non mai morta libertà latina .
Cotesto è il campo sì feral, che ancora )
Pingue di civil sangue aurata messe
Nutre a 1' ignudo agricoltor . Qui pure
Su le sponde de l' arido Lavino
Concordi i tre tiranni inferociti
L' inumano giurar' decreto atroce ,
Per cui Roma già serva al pie si vide
Da ferro cittadin cader trafìtti
I miglior' figli , e insanguinarle il seno ,
Ah che non puote in mortai petto avaro
Ingorda fame di regnar ? Qui spesso
Vista fu la sdegnosa e pallid' ombra
De P inulta Cartago andare errando
Ne P orror de la notte , e sitibonda
Bere per questi sventurati campi
II feroce piacer de la vendetta .
Ma di quai rimembranze il cor ti turbo ,
Dori , in questo bel giorno ? Ah non pensarvi
Gli anni tutto cangiare : in fredda polve
Conversi sono il vincitore e il vinto ,
Né più resta orma de P ingiusto impero .
Lascia eh' io chiuda col sottile e verde
Serico velo al destro lato il cocchio ,
Perchè non entri de P adulto sole
Il caldo raggio ad imbrunirti il volto .
Questa che torreggiar da vicin vedi ,
)( ^5 )(
Ravvisare la dei : Felsina è questa
Bella madre de P arti , e de gli studi ,
Altrice egregia de' più chiari ingegni .
Cara città , quant' io ti deggia , il sai ;
Ma non sai forse, che il più dolce amore
E , che una eterna fé grato ti serbo .
Tu la vedesti, o Dori, e mi rammento
Di quei sì lieto dì : passa veloce ,
Passa , ti priego , o faretrato auriga ,
Per la città fatai : qui gli occhi al giorno
Aprì per mio rossor r avara Lice ,
E qui pur vive ancor Lice spergiura ,
Che mille ^plte il dì promette , e manca ,
Da molti amata , e non amala al fine ,
Che or tenera , or pietosa , ed or furente
E perfidie , e sospiri insieme accoppia ,
Misera sempre , e sempre menzognera .
Tu la conosci , o donna , e non ignori ,
Quasi che bella al par fosse d* Irene,
Quale scempio di me far si volea .
Ma non sai tutto ancor : eccoti il tetto ,
Ove Lice sovente indarno chiama
Il lento Amor , che spaventato corre
Nel tuo bel seno ? e cheto si nasconde ,
E per P onda di Stige a te poi giura
Di non mai più posarvi il divin piede .
Amor , tu il sai , e a miglior tempo un giorno ,
Quando destar vorrai leggiadro riso
X *6 X
De la vezzosa Dori in su le gote ,
La bella istoria narrerai : ma intanto
Lo spron raddoppia , e ai corridoi percoli
Il fianco sanguinoso . Ah ! traditore ,
Tu vai più lento , e il mio rossor deridi .
Se a F auriga infedel non parli, o donna,
Se tu noi prieghi a raddoppiare il corso ,
Credi a me eh' ei s' arresta : io io conosco .
Dori , mi guardi , e ridi ? E pur t' inganni :
Non è timor ingiurioso e vile ,
Che tremante a fuggir mi move altrove .
Benché tornato in libertà, se vede
Da la sponda ondeggiar carca di ciurma
La sordida trireme, ov' egli un giorno
Languia dannato ed innocente a un remo ,
L' onesto schiavo di rossor si tinge ,
E volge altrove sospirando il passo .
Ma viva Dori, la pietosa Dori
Viva per sempre ; ecco le ferree porte 3
Siam fuor dei muri ; F odioso varco
E già passato , ed io costei non vidi .
Ornai siam presso a F arenoso piede
Dei domito Apennin : se non t' opponi ,
Meglio sarebbe almen per qualche istante
Il veloce arrestar corso d' Amore .
Il cocchio adusto , le infiammate ruote ,
La lunga strada , il ragionar , la polve
Qualche ristoro alfin chieggon da noi.
)( 27 X
In questo fresco estiyo albergo intanto
La soave bevanda americana
Voglio , o bella , apprestarti , e veder* parmij
Tinte di bran le labbra di corallo ,
Le odorose sorbire aeree spume .
Àgio miglior troverem presto in riva
Del limpid' Arno a la città di Flora ,
Dove soggiorna , e fra le Grazie impera
La Dea che ti somiglia, e che ha lasciato
Per li verdi fioriti etruschi colli
Al Trace usurpator Citerà e Guido .
Respira intanto , o Dori . Olà , donzelle ,
Tosto sciacquate le cinesi tazze,
Recate 1' onda , ed il carbon fervente ,
Che la fragrante pasta abbiam con noi .
Dov' è il vascel d' argento , che rinchiude
Il dentato e volubile stromento ?
Ah ! neghittosa gente , a che tardate ?
Aspettar deve dunque Amore, e Dori?
Ma ohimè , eh' io sento per le venne un freddo,
Che improvviso m' assale , ignoto orrore ,
Che qua! gelida febbre mi circonda ,
E ogni fibra del sen m' agita e scote .
Deh ! chi mi scopre la cagion di questo
Nuovo ed inesplicabile tormento?
Sento le furie lacerami il core
Al pari d' Alcmeon , d' Oreste al pari ,
E pur nei sangue de la madre , oh Dio !
)( 2» )(
Queste mani innocenti io non macchiai *
Io vedo l'Elba minacciosa e rossa
Di sangue' militare , e in su la riva
Vedo la bionda Irene abbandonata ,
Che nuda il seno , e il crin disciolto al vento ,
Volta verso 1' Italia , ad alta voce ,
Non mai più bella , e non mai meno altera ,
L' inevitabil fuga mi rinfaccia ,
E ai giogo indissolubil mi richiama .
Vedi che Amor cangiato in volto , e bieco
M' addita anch' egli il mio carcere aperto ,
E dispietato mi respinge ed urta .
Conoscer ti dovea , Nume fallace ,
Pur troppo da gran tempo : ah sconsigliato ,
Quando a guidarci io t' invitai ! Ma aspetta,
Non insultarmi più , perfido Nume .
Non ti basta s' io torno? Alcuni istanti
Lascia parlarmi ancora . A un infelice
Perdona , o Dori , se ti lascia a mezzo
Del cammin periglioso : ahi ! non ha pac*
Chi Amor ha seco , e sventurato passa
Di pena in pena , e d' uno in altro affanno .
Siegui felice il bel cammin , se pure
Felice va chi ha un traditor per guida :
E quando arrivi a la citta di Marte,
Per me saluta in Campidoglio il vivo
Spirante bronzo equestre de l' invitto
Filosofo e guerrier : sofferse anch' egli ,
)( *9 )(
Benché fosse signor del mondo intero,
Per un' empia infedele affanni ed onte .
Digli eh.' io son quello Stranier , eh' ei vide
Si sovente salir le vaste scale
Del vincitor Tarpeo per guardar solo
L' augusto volto , che severo ancora
Par che rinfacci a 1' Italia languente
L' ignobil ozio che F opprime e guasta ,
E il prisco suo valor spento per sempre .
Ammira il curvo anfiteatro e quella
Rotonda mole , che sostiensi altera
Nel Marzo Campo su colonne immense ,
E fra il romor dì popol numeroso
Al passegger attonito presenta
Scuito nel fregio de la gran cornice
L' immortai nome del latino Agrippa .
Io mi credea di rivedervi , o sacre
Mura , che il tempo ancor teme , e rispetta ;
Ma il fato il più crudele altro volea .
Conosco , o Dori , che de F arti antiche
Forse troppo amator io t' importuno .
Tal mai sempre il destin fu de gli afflitti
Sentir conforto in meditar gli avanzi
De le umane vicende , e piensierosi
Ne' dì più tetri gli affannosi amanti
Spesso visti gli avrai cupi e solinghi
Fra le meste ruine andare attorno .
Faccia benigno il ciel , che Dori mai
Di ristoro siimi uopo non abbia ;
Che ad evitar cP un traditor gì' inganni
L' esser bella talor , creoli , non basta .
Vedrai pur la più vaga e graziosa
Fra le fanciulle amabili del Tebro,
Di bella madre figlia assai più bella ,
Che a le falde del Colle di Quirino
Soggiorna, e i voti ed i sospiri ardenti
Modesta non/ ricusa , e non accetta .
A le brune pupille , al bruno crine ,
A la gota vermiglia , al sen di latte
Vittoriuccia gentil conoscerai
D' ogni cuor, benché duro , vincitrice .
Questa ti stringi al sen , dalle un amplesso ,
Bella Dori , per me , ma non le dire ,
Se non che a lei lo manda un infelice ,
Che pace ovunque cerca , e non la trova i
Ah ! morrei di rossor , se mai sapesse
11 mio duro destino e i miei disastri,
E che fino da V Elba a Y Alpi tosche
Senza vederla sconoscente io giunsi .
Che se mai curiosa il pie ti porta
Verso T umido monte tiburtino ,
Ove solean passare i dì più caldi
Lunge da l' importun clamore urbano
Col gelido falerno e con Licinia
Il cantor di Venosa, e Mecenate ;
Entra ne la città , volgi a sinistra ,
X 3i )(
E una balza vedrai , cui bagna il piede
Strepitoso ruscel , che giù da un sasso
Con orrido fragor fra bianche spume
Casca iracondo , e per angusta foce
A la pianura e al mar gemendo fugge
Rotóndo , e bianco su la cima s' erge
Marmoreo tempio di colonne cinto :
Qui stassi ancora , e sospirando guarda
Da lunge le ruine spaziose
De la sua Roma , e gli acquidotti infranti
Il fatidico spirto de la donna ,
Che in versi oscur.i al popolo predisse
L' alle vicende del latino impero .
Deh ! se pietà d' un infelice senti ,
Chiedi, o Dori gentil, chiedi a costei
Quanto ho ancor da soffrire , o pur se morte
Romper sola dovrà questi miei ceppi .
Donna , ti guidi il cielo al tuo destino ,
Ed io piangendo a presti passi torno
Per valli e monti, e per foreste oscure
Pien di vergogna e di rossore in faccia ,
Torno su V Elba a la prigion d' Irene .
LETTERE VARIE
DEL CONSIGLIERE
GIAN LODOVICO BIANCONI
BOLOGNESE .
IV.
AL CONTE ALGAROTTI
LETTERA PRIMA.
Dilinga 9 luglio iJ^S.
KJggi sono appunto i5 giorni, che franco di porto
ricevei dal sig. Mìinich un pacchetto a nome di V. S.
contenente le lettere di Polianzio , e le opere del
sig. Pallavicino . Non le ne diedi parte allora , co-
me avrei dovuto fare , perchè la posta era già par-
tita , come né pur V ordinario dopo , perchè giusto
quel giorno ci trovavamo in viaggio alia volta di
Dilinga . Lo faccio però adesso con tutto V agio ,
assicurandola , che quanto sono tenuto alla di lei
cortesia e gentilezza , altrettanto conosco non me-
ritarmi questo scelto regalo .
Ho letto con grandissimo gusto le di lei spi-
ritose lettere, le quali hanno fatta una luminosa giu-
stizia a Virgilio, in tanti luoghi a torto oscurato e
guasto , ed hanno altresì avvisato il mondo a non
)( 36 )(
prestar pili tanta fede ai Caro , che io non avrei
mai creduto così trasandato , e falsario . Se non fosse
un mistero , saprei ben voìentierissimo chi sia que-
st' emulo di Terpandro , a cui sono scritte , giac-
ché so chi sia Polianzio leggiadrissimo ; a cui , se
v' è giustizia neh" Eliso , L' ombra certo del gran
poeta vendicato intercederà dalla madre d' Enea dol-
cezze maggiori di quelle ancora , che gode quel-
L'altro Polianzio, di cui parla il grazioso Congresso
di Citerà . Circa 1' edizione poi dei Pallavicino in
poche parole le dirò , che è bellissima , e vi si scor-
ge in tutto il buon gusto dell' editore , sì per i ri-
tratti , e per gì' indici delle canzoni d' Orazio , i
quali si possono chiamare piuttosto sensate note ,
come per la vita del traduttore , per le dedicato
rie, e prefazioni, le quali, oltre all'essere piene di
spirito , sono ancora accortissime per quello , che
spetta ai criterio , che ella sopra quest' autore ha la-
sciato giudiziosamente traspirare . Replico adunque ,
che le ne ho perpetue obbligazioni .
Sentii , se non isbaglio , dallo stesso sig. Mii-
nich , che V. S. potesse passar per Augusta in oc-
casione d' un viaggio alla corte di Dresda . Siccome
che mi dispiacerebbe infinitamente di non poterla
riverire in persona dopo tant' anni , che non ho
avuto P onor di vederla , trovandomi per qualche
mese ancora con tutta la nostra corte a Dìlinga ,
così ardirei pregarla , che proseguendo il viaggio
)( 37 )(
passasse ancora per questa nostra città tanto più ,
che non uscendo di strada ella vedrebbe il nostro
serenissim® Principe , il quale per 1' amore , e per
la stima , che ha verso tutti i cavalieri del di lei
merito, non mancherebbe di farle tutte le dovute
distinzioni . Il sig. canonico Bassi da lei ben cono-
sciuto a Milano ed a Bologna in casa Ratta , tro-
vandosi anch' egli qui segretario intimo , e consi-
glier ecclesiastiqo di S. A. S. , railegrerebbesi infi-
nitamente al pari di me ; anzi1 mi ordina espressa-
mente di pregamela a suo nome , come pure dì
farle i suoi umilissimi complimenti . Lusingandomi
adunque d' aver questa grazia , con tutto il rispetto
mi protesto »
AL CONTE ALGAROTTI.
LETTERA SECONDA.
Augusta 12. agosto ij^7-
R
ICEVO con somma mia consolazione V umanissi-
ma lettera di V. S. in data dei 22 dello scorso . Se
io non sapessi di quanta bontà e cortesia ella è for-
nita, potrei facilissimamente insuperbirmi, credendo-
mi degno delle gentilissime espressioni, delle quali
ella vuole onorarmi. Ma comunque sia io non posso
non renderlene infinite grazie co' sentimenti più vivi
del mio rispetto , e dei mio cuore . Ella mi permet-
ta poi , che seco lei mi rallegri vivamente per gli
onori, che da codesto gran re ha ricevuti: e. que-
sto sì clie si chiama sostenere il nome della nostra
Italia , anzi esserne uno dei maggiori ornamenti .
Giacché ho P onore di scriverle, bisogna an-
cora che abbia quello di pregarla di due grazie ; lo
che spero non le dispiacerà , non essendo che un
)( 39 )(
argomento della confidenza , che giustamente ognu-
no in lei può riporre . Sappia adunque V. S. che il
celebre signor Brucker qui di Augusta , membro di
codesta reale accademia delle scienze, amico mìo
grandissimo , mi fece sperar l' onore di essere ascritto
a questo illustre corpo , e perciò mi ordinò i giorni
passati , anche da parte del signor Eller medico ài
S. M. , di preparare qualche letteraria fatica inedita
da presentarsi anticipatamente per ciò all' accademia .
Trovandomi io avere fatte varie riflessioni , e osser-
vazioni melodiche sopra V elettricità , che pensava di
dar alla luce , ho determinato prima di pubblicarle
di servirmi di loro a quest' uopo : ma perchè sareb-
be una cosa troppo estesa il mandare quest' opuscolo
tal quale egli è , ho pensato raccoglierne solamente
i teoremi fondamentali , e formarne una lettera , la
quale per servirmi di una lingua usifata scriverò in
francese . Il primo favore adunque , di cui la preghe-
rei , sarebbe il permettermi di potere indirizzare a lei
questa lettera , e darle col di lei nome quel pregio,
che da se sole le cose mie invano spererebbero . II
secondo favore è qualche cosa di più . Gli è quello
di darmi licenza, che io le offra la mia persona qua!
ella siasi , se mai ella credesse ? che potesse in qual-
che onorevol modo essere costì impiegata . La na-
scente accademia delle scienze, e la magnifica corte
che a Berlino risplendono , ella può ben credere ,
che non possono a meno dì non eccitare in ognuno
)( 4o )(
ia voglia di farsi onore . Questo è il secol d' oro
della Prussia , di cui , come tutti sanno , Y Europa è
debitrice in gran parte a V. S. Quello solo, che mi
fa ragionevolmente timido , è il dubitare di essere io
per luoghi sì grandi troppo piccola cosa . Quindi
questa mia sincera apertura le deve esser fatta con
tutta la possibile sommissione ad ogni di lei volontà
e consiglio, perchè qualunque esito che sia per ave-
re , non farà , che io non le sia sempre oltre modo
obbligato . Ella può ben persuadersi , che chi ha ab-
bandonata la patria per cercare avanzamento in paesi
stranieri , non può sempre superare le tentazioni di
procacciarselo . Io farei torto alla di lei bontà e per-
spicacia, se dicessi di più. Intanto supplicandola con
tutto il cuore a perdonarmi 1' ardire , pieno di ob-
bligazioni e di rispetto le bacio umilmente le mani .
AL CONTE ALGAROTTI
LETTERA TERZA
Augusta 2. gennajo ìy/^S.
Jljcco , che finalmente ghigne a V. S. la mia
eterna dissertazione dell'elettricità, ed oh quanti Im-
pedimenti m' hanno fino ad ora fatto differire ! lo
la prego umilmente a presentarla in mio nome al-
l' Accademia regia , appresso la quale io bramerei
che questo saggio , qualunque ei siasi , mi produ-
cesse i' onore di essere nel numero degli accade-
mici ascritto , se pure il mio desiderio non è trop-
po grande . Siccome però prevedo , che se V. S.
non ha la bontà di correggerla , e cancellarla ove
merita , io non ci arriverò mai , così mi è forza di-
votamente supplicamela , non già per onor mio ,
che ciò sarebbe troppo , ma per lei, a cui è indi-
rizzata . Non credesse già , che questa preghiera
fosse un complimento . Io la prego con tutto il cuo*
)( 42 )(
re , con tutta la sincerità^; e la piena cognizione
che ho del di lei raro merito , le ne farà amplissi-
ma fede . Io F ho scritta in francese per accomo -
darmi all' uso di costì ; però la supplico ancora a
scusare gii errori , che nella lingua , e neil' orto-
grafia per me straniera vi saranno corsi . In som-
ma io la raccomando alia di lei bontà, in cui sola
confido .
Bisogna, che le dia una nuova letteraria. Per
passare il tempo, e alleggerire la noja , che se-
condo me in questo paese di Augusta più che al-
trove fiorisce , ho incominciato a scrivere un gior-
nale dei letterati d' Italia in francese , giacche pare-
vami, che questo solo mancasse alla repubblica let-
teraria . Conosco , gli è vero , che intraprendo un'
opera forse troppo ardua , ma mi fo coraggio su
i buoni amici e corrispondenti che ho in Italia,
che mi aiuteranno . Darò alla fine d' ogni trime-
stre un tometto in ottavo , e comincio quest' anno .
Nel primo volume ci sarà anche un articolo pei dì
lei magnifico discorso sopra la durata dei re di Ro-
ma, in cui, come in tutte le altre occasioni , pro-
curerò di farle ogni dovuta giustizia . Se ella adun-
que in avvenire avesse qualche notizia o altro da
comunicarmi , la prego farlo , e con ciò darmi ma-
no ad onorare la bella pafria nostra .
Io non so se le sia giunta una mia , che si-
no dal principio d' ottobre le scrissi, in cui le rac-
)( 43 )(
contava i miei guai , giacche V. S. cortesissima-
mente me ne diede la permissione . Caso che sì ,
io a quella del tutto mi rapporto , e le rinovo
umilmente le mie preghiere , assicurandola , che mol-
tissimo nella di lei cortesia confido . Ella non può
credere quanto animo in me cagioni questa speran-
za . Io cerco occasione di mandarle il nuovo trattato
dei fulmini del sig. marchese Maffei , supposto che
non lo abbia d' altronde ricevuto . Spero , che le
piacerà, perchè è assai bello. È uscita, come saprà,
le scorse settimane la terza parte del secondo tomo
degli atti del nostro Instituto . Persuadendomi , che
rare volte le giungano costì versi italiani , ella mi
permetta che le trascriva qui la versione che i giorni
passati feci di un* ode d' Anacreonle , di cui una buo-
na parte ho già tradotta . Mi perdoni , la prego ,
V ardire , e se non ha tempo da perdere non la lèg-
ga . La supplico de' miei complimenti alla signora
Astrua garbatissima , e alla signora Gasparim . Le
bacio con ogni ossequio le mani .
)( 44 )(
ODE OTTA VA
DI AN A C RE O N T E
D,
EH ! colomba graziosa ,
Chiudi F ali , e dimmi un poco
Donde vieni , ed a qua! loco
Si veloce drizzi il voi ?
Da che avvien , che tanti spargi
Da' bei vanni volatori
Peregrini , e rari odori ,
Di che F rftia empisti, e il suol ?
Me spedita ha Anacreonte
A Batillo suo diletto ,
A Batillo stiperbetto
D' ogni core domator .
Me a lui diede in ricompensa
D' un beli' inno F alma dea
De la piaggia Citerea ,
L' alma dea madre d'Amor .
Io lo servo ubbidiente ,
Ed a questa , o a queila parte ,
Ove vuole , e versi e carte
Messaggiera. vo a portar;
)( 45 )(
Ed ei poscia a me promette ,
Che in mercè di mia fatica
Liberale ruol P amica
Libertade a me donar.
Ma bench' egli me la dia ,
Io ricuso un sì bel dono;
Restar serva io vo' qual sono ,
Ne partir mai mi vedrà.
Che varrebbemi volando
Ricercare le montagne,
E raccor per le campagne
Rozze ghiande in libertà ?
lo felice con lui vivo ,
E a rapirgli volo ardita
Con il rostro da le dita
Quel pan eh' ei volea per se »
Ed ei poscia di sua mano
Lieto porgemi da bere
Nello stesso suo bicchiere
Di quel vin , eh' ei pria beve .
Allor volo e scherzo intorno ,
Al mio caro Anacreonte ,
E la sua canuta fronte
Vo con P ali a ricoprir .
E qualor la notte oscura
Dolce sonno in sen m' inspira ,
Del buon vecchio in su la lira
Io ritiromi a dormir.
)( 46 )(
Ma mi pare, che abbastanza
Appagato ho il tuo desio ;
Io ripiglio il volo mio ,
Detto tutto ho quel eh' io so .
Tu m' hai fatta più eianciera
Che una garrula cornice ;
Trattenermi più non lice:
Vanne in pace , eh' io pur vo
Lettera scrìtta da Perugia al sig. abate
Carlo Hianconi in Roma , nella quale
si danno notizie intorno alla Vita di
Raffaello da Urbino .
JL te' pochi giorni , che sono in Perugia, ho avuto
agio di godere , benché in fretta , le bellissime pitture
sparse in gran numero per le Chiese , e Palazzi di
questa nobilissima Città. Sarà sempre vero, che per
ben conoscere gli antichi Maestri bisogna vederli in
varj luoghi , e talvolta sorprenderli a casa loro . Uno
di quelli , che nV ha più occupato , è il gran Raffael-
lo , che qui studiò , qui prese la prima volta il pen-
nello in mano , e qui si fece celebre , avendo pas-
sata in Perugia tutta la sua adolescenza sotto la di-
rezione di Pietro Perugino . Urbino è la sua Patria ,
perchè vi nacque , ma Perugia dee guardarsi come
la sua patria pittoresca , e il suo Liceo . Infatti Ur-
bino non ha niente del suo , intanto che Perugia ha
varie sue fatiche , oltre quelle che sventuratamente
ne sono state portate via . Mi sono particolarmente
applicato a tener dietro ai gradi , pei quali è passato
questo immortale artefice prima di giungere a quel
punto , di là dal quale uomo forse nella pittura non
)( 43 X
passò ne passerà mai , ed ho avuta la compiacenza
di vedere la celerità de' suoi progressi giganteschi .
Il Vasari ci dice , che i primi lavori suoi non si di-
stinguono da quelli del suo Maestro ; così Dio sa
quante cose vi sono in Perugia fra le molte , che si
mostrano di Pier Perugino , nelle quali ha lavorato
il gran Piaffaello. Una certamente dee essere la tanto
celebre Ascensione del Salvatore che Pietro fece pei
Benedettini , perchè la lavorò fra il 1496 ed il i5oo,
che sono gli anni , nei quali appunto aveva presso di
se Raffaello , epoca mostrataci dai dotto Padre Prio-
re Calassi nella sua descrizione di s. Pietro . Ma
queste sono cose incerte benché probabilissime .
Quello , che ai dir del Vasari non sembra in-
certo , è che prima che Raffaello uscisse da Perugia ,
Madonna Maddalena degli Oddi, benché giovinetto
di 17 in 18 anni, gli commise un quadro per 1' al-
tare della Cappella , che questa nobilissima Casa ha
in s. Francesco . Certamente , che al primo colpo
cT occhio quest' Opera pare un bellissimo Pietro , ma
ben considerandola , e paragonandola alle cose del
Perugino , mi sembrava , che quelle leggiadre figu-
rine mi dicessero : noi vogliamo moverci , noi non
istiamo ritte come le nostre sorelle fatte da Ma-
stro Pietro ; noi siamo di Raffaello . Il quadro
rappresenta la Madonna che , dopo essere Assunta in
Cielo, è coronata dal Padre, ed intanto gli Aposto-
li , che circondano il di lei sepolcro spalancato, la
sfanno
)( 49 )(
stanno guardando con tenerezza, e maraviglia. L'o-
pera presentemente è un poco scrostata , e se non
si leva da quella cappella alquanto umida , e chiusa ,
corre pericolo di andare a perdersi . Il nome di Raf-
faello dovette spandersi per quella parte di Tosca-
na , perchè il Pinturicchio , che per comando del
Cardinal Piccolomini, che fu poi Pio III , doveva
dipingere la Biblioteca dei Domo di Siena, chiamò
il nostro giovinetto ad ajutario nel disegno . V andò
egli tanto più volentieri , quanto che Pietro suo Mae-
stro in quel tempo dovette andare a Firenze , e al-
trove a lavorare . Io ho veduto la Biblioteca di Sie-
na , e fra 1' altre figure ho considerato il ritratto ,
che di se stesso vi fece Raffaello , il quale appunto
mostra un giovinetto di 18 in 19 anni al più, bello,
e. biondo come un Angioletto . L' opera si risente
ancora moltissimo del Perugino , ma è più sciolta
del quadro degli Oddi suddetto . Raffaello però non
si fermò in Siena ( per quanto dice il Vasari ) sino
al di lei compimento , ed in fatti tutte le facciate di
quel dipinto non sono egualmente hen disegnate .
Volle andar a Firenze trattovi dalla fama di quella
Scuola , e probabilmente dalla vicinanza , o dal de-
siderio di rivedere il suo Maestro . La Biblioteca di
Siena si scoperse nel i5o3 ; dunque il suo primo
viaggio a Firenze fu avanti a quest' anno . Quanto
egli vi dimorasse non saprei dirvelo . Posso però as-
sicurarvi, che all' intorno del i5o4 era nuovamente
iv. 4
)( 5ò )(
in Perugia , perchè v' è colà un' opera sua a fresco
assai estesa, e compita nel i5o5. È in s. Severo de*
Monaci Camaldolesi , e consiste nell' Abside d' una
cappella . Qui si vede allargata la sua maniera proba-
bilmente dopo avere vedute in Firenze le opere di
Masaccio nel Carmine, e quelle del Frate Rappre-
senta la Santissima Trinità nel Cielo con varj Ange-
li , e sei Santi , che le stanno intorno , figure inte-
re , e poco minori del naturale , e vi si vedono te-
ste incomparabili . Fin d' allora si conosce , che nella
sua mente si formavano quelle bellissime idee , che
giunte alla loro maturità si dovevano poi in Roma
ammirare da gì' intendenti della bellezza nel Vatica-
no , e in s. Pietro in Montorio . Raffaello vi mise
iì suo nome, e V anno che fu il i5o5, ma la parte
inferiore della cappella restò in bianco . Io suppon-
go , che restasse imperfetta , perchè fu appunto in-
torno a quel tempo , che Raffaello impaziente volle
ritornare a studiare in Firenze. Prima di partire cer-
tamente , se pure non fu prima di cominciare que-r
sta cappella, gli aveva ordinato una pittura da altare
la nobilissima Casa Ansidei per la chiesa di s. Fio-
renzo . Aveva in essa fondata una cappella dedicata
a s. Nicola Messer Filippo di Simone Ansidei , il
quale morendo poi nel 1490 lasciò buona somma da
impiegarsi nell' abbellirla . Fu questo peculio proba-
bilmente , che determinò i suoi figliuoli ad allogare
al giovane Raffaello il loro nuovo quadro , giacche
)( 5i ,(
tanto la fama cominciava a parlare di lui . 11 qua-
dro riuscì anch' esso assai secco e peruginesco per
quanto ci assicura neile sue note al Vasari Monsi-
gnor Botlari , che lo aveva veduto , ed esaminato ,
Io non lo conosco , perchè sono varj anni , che fu
venduto , e probabilmente è andato in Inghilterra .
Non daste però la colpa di questa perdita ai moderni
signori Conti Ansidei . Essi non v' ebbero alcuna
parte,- anzi al pari d' ogni altro cittadino so, che se
ne dolsero , perchè conoscono , ed amano le pittu-
re , delle quali hanno una superba collezione nel lo-
ro palazzo. Simil destino ebbe pure nel secolo pas-
sato un' altr' opera di Raffaello dipinta per la chiesa
delle Monache di s. Antonio da Padova. Quelle mo-
deste Vergini lo obbligarono a fare il Bambino ve-
stito come ci narra il Vasari , che dell' uno , e del-
l' altro di questi quadri ce ne ha data la descrizio-
ne . Da queste tre opere fatte in sì breve intervallo
si vede che Raffaello poco si fermò la prima volta
in Firenze , e che sapeva lavorare celeremente . Pri-
ma che partisse nuovamente per Firenze anche la
splendida famiglia Baglioni voile commettergli un
quadro colla Deposizione di Croce per 1' Oratorio di
s. Bernardino . Ma a Raffaello , che aveva lasciata
imperfetta la cappella di s. Severo, non conveniva
più il fermarsi in Perugia a dipingere per altri . In
quest' anno pure, che fu del i5o5, le Monache di
Monteluce gli ordinarono un gran quadro pel loro
X 5* X
Aitar Maggiore , in cui doveva dipingere il medesi-
mo soggetto , che pochi anni prima aveva fatto per
Maddalena degli Oddi . Raffaello giovane di 22 an-
ni , e probabilmente bisognoso di denari accettò a-
mendue gì' impegni , anzi li ^3 Dicembre ricevette
3o ducati d' oro per arra dal Fattore di Monteluce
Bernardino Canaja . Tanto ho ricavato dai libri di
casa di quel Monastero , che ho avuto occasione di
vedere .
Partì Raffaello nuovamente verso Firenze con
questi due impegni oltre alla cappella di s. Severo
lasciata imperfetta , e colà giunto vide e gustò Lio-
nardo da Vinci , e Michelangelo . Sì grandiosi esem-
pi gli fecero sempre più ingrandire la maniera, e le
forme , benché il vero ingrandimento non lo acqui-
stasse che dopo aver veduta la maniera colossale , e
r antico di Roma . Con queste nuove idee e coi con-
sigli probabilmente del Frate, suo grand' amico, fe-
ce in Firenze il disegno pel quadro promesso a casa
Baglioni . Dopo qualche tempo , al dir del Vasari , fu
richiamato a Perugia senza però dirci da chi . For-
se che lo richiamarono i Monaci di s. Severo per
finire la loro Cappella , o le Monache di Monteluce
per fare il loro quadro. Comunque si fosse, impa-
ziente Raffaello di far vedere ai Perugini, ed al suo
Maestro il nuovo modo di dipingere alla moderna ,
eseguì meravigliosamente , e d' un bellissimo stile la
deposizione di Croce per i Baglioni , e la collocò in
)( 53 )(.
«an Bernardino . Sia detto di passaggio , questa tavola
pure è partita , ma almeno si gode ora in Roma
nella galleria Borghese , ove è uno de' più insigni
quadri di quella veramente principesca raccolta, ed
ottimo pensiere fu il farla incidere costì ultimamente
sul disegno del sig. Carlo Giuseppe Ratti . Fu ap-
punto quando Raffaello doveva soddisfare in Peru-
gia a tanti impegni , che lo chiamò a Roma il suo
amico, e concjttsldino Bramante a lavorare nel Va-
ticano , il quaje7 Giulio II. voleva far diventare la
più magnifica Reggia dell' Europa . Raffaello tanto
superiore a tutti gli altri Pittori nell' arte , mostrò ,
che era eguale alla maggior parte di loro nel man-
tener la parola , perchè parti senza far il quadro
alle Monache di Monteluce , e senza finir la cap-
pella di s. Severo .
Questa è forse la ragione , per cui i Monaci
disperatamente la fecero finire da Pier Perugino ,
che la compì nella sua parte inferiore l'anno i5ns
come egli stesso vi scrisse . Si vede , che vi faticò
moltissimo per non scomparire all' età di 60 anni
dipingendo in competenza di un suo scolare che
non ne avea forse 22 quando fece la parte supe-
riore. Ma Maestro Pietro non potea più tener die-
tro a Raffaele ; così non fece che aggiugner diligen
za , e leccatura all' antico suo stile . A queli' età è
difficile il mutar maniera , eccettuato il caso d' an-
dare in peggio . Le povere Monache si trovarono
X 54 X
senza danaro, e senza quadro. Forza è però, c'fife
stimolassero varj anni Raffaello , benché absente , a
mantenere la parola, perchè trovo, che nel i5i7
ai 2.1 di Giugno per mezzo di Alfano Alfani Pro-
curator delle Monache in Roma si fece un' Apoca
giuridica sottoscritta da Raffaello stesso , in cui final-
mente si obbliga fare il suddetto quadro in capo a
quindici mesi in circa. In essa si stabilisce il prez-
zo dell' opera completa per 200 scudi d' oro . Dalia
tenuità del prezzo , del quale non toccavano a Raf-
faello , che 12.0 scudi, arguisco che questo fu 1' ac-»
cordo della prima volta, cioè del i5o5, e che le
Monache per l' arra anticipatagli fecero stare a se-
gno , ed in parola V Artefice . Noi sappiamo , che
nel i5i8 Raffaello aveva cominciato a farsi pagare
nobilmente , ed in fatti all' intorno di quel tempo
non volle meno di 65o scudi d' oro pel quadro di
s. Pietro in Montorio . Raffaello prende per suo
compagno nel lavoro un certo Maestro Berto, o sia
Alberto. Chi sia costui lo domanderò a voi, non
avendone trovata traccia nella Storia pittorica di quei
giorni. Osservo solamente nell' Apoca , che egli la-
vorava in Perugia intanto , che Raffaello stava in Ro-
ma , Notate che in quesf Apoca si dichiara , che
Raffaello ha avuto per arra venti scudi d' oro , e
Maestro Berlo suo compagno dieci . Questa appunto
è la somma , che docici anni prima le Monache
sborsarono anticipatamente a Raffaello, il qua!
)( 55 )(
poi dovuto contarne dieci a Maestro Berto per sua
porzione . Notate le precauzioni , che prendono le
Monache nelle rate- del pagamento, cioè tanto a ìa-
voro incominciato , tanto a mezzo deli7 opera , e
tanto dopo aver ricevuto il quadro . Questa appunto
è la condotta di chi è stato scottato . Tutto ciò siavi
detto per mostrarvi il gran Raffaello nei suo pri-
vato , e per così dire in farsetto , e in berretta . La
grandezza di Raffaello, che allora faceva le de-
lizie di Roma, e de' primi letterati del su<r tempo ,
anzi P ammirazione di tutte le persone di buon sen-
so , e che dappoi fu quasi premialo colla porpora,
servirà di scusa, se sono entrato in tante minuzie.
Dopo che avrete letta quest' Apoca , giacché qui
ve la voglio esattamente trascrivere , voi non dubite-
rete più che Raffaello non soddisfacesse alla fine le
Monache . V ingannate ; non signore , non ne fece
niente , ed era scritto nel libro dei Fato , che i{
Convento di Monteiuce , malgrado 1 5 anni d' insi-
stenza, malgrado l'avere sborsato danaro anticipato,
non avesse in eterno un quadro di Raffaello . Mori
questo incomparabil pittore, come sapete , nel i520,
cioè due anni dopo il tempo, in cui doveva averi»
finito , e mori , che probabilmente non 1' aveva an-
cora abbozzato. Era troppo impegnato col Papa,
e coi primi Principi dell' Europa per badare alle
istanze di poche Monache . Raffaello non era più
il bello, il compiacente Pittorino di Perugia. Giù-
)( S6 )(
iio Romano , e il Fattore , come eredi , saranno pro-
babilmente stati pressati dalle Monache a pagare il
debito del loro Legatario . Ecco la ragione , per cui
fecero dappoi amendue unitamente il quadro di Mon-
teluce, come senza saper niente di tutti questi an-
tecedenti ci dice il Vasari nella vita del Fattore .
Dunque in quel quadro , che passa presso di molti
per Raffaello , non v' è niente del suo , che il pen-
dere . Per dirvi poi due parole di quest' opera ,
che io Ho bene considerata , vi dirò , che essa è con-
servatissima , e beila . La composizione è quasi la
stessa del quadro della Cappella degli Oddi , se non
che è di maniera molto più larga . Da ciò arguisco
che Giulio , ed il Fattore avranno eseguito il dise-
gno di Raffaello , di cui è fatta menzione nell' Apo-
ca . In fatti ci sono alcuni Apostoli , che pajono
fratelli, benché cadetti , di quelli di s. Pietro in Mon-
torio . I peducci dell' Altare , che per averlo tutto
rimodernato passarono poc' anni sono in Sagristia ,
sono assai belli , e secondo l' Apoca dovrebbero es-
sere di questo ignoto Maestro Berto . Quello che è
sicuro , si vede , che sono usciti dalla Scuola Raf-
faellesca .
Eccovi come nei libri di Monteluce ho trovato
notato F arrivo di questo contrastato quadro da Ro
ma in Perugia .
Item nel preditto milesimo i5j24 a di doi di
Giugno V ultimo anno dell Offizio della Madre
)(■ 57 )(
Sor Veronica fu portata la Cona ( cioè 1' Ancona )
nostra da Roma essendo finita di pegnere , la
quale per molti anni innanzi la bona memoria
della Reverenda Madre Sera Baptista aveva data
commissione fosse facta et penta per lo Altare
della Chiesa da fare come appare al presente .
Leggete ora 1' Apoca , e vi auguro che dia a
voi tanto piacere , quanto ne diede a me nel vedere
originalmente e baciar come feci la bella scritturi-
na di Raffaello non meno elegante delle sue ele-
gantissime pitture , e state sano .
Perugia li 28 Agosto 1776.
Apoca di Raffaello da Urbino col Convento
di Monteluce .
Al nome di Dio XXI. de Giugno MDXVL
in Roma . Sia note , et manifesto a qualunque
leggerà la presente scripta come M. Raffaello da
Urbino pictore toglie a fare , e dipingere una Ta-
vola ovvero Cona per le MonecMe del Monasterio
di Monteluce extra muros perusinos con li infra-
scripti pacti , et Capituìi che qui di sotte se an-
notaranno etc. In prima , che dieta Tavola sia
del altezza , et grandezza che fu ragionata nel
primo disegno dato da prefato m. Raphaelo con
la Incoronazione de la gloriosissima nostra Don-
na : con li Capìtoli in modo , e forma che in esso
x ss x
primo disegno se dimostra ad uso de Bono opti-
ino, et leale Maestro depinta di fini , et boni co-
lori secondo ad tale opera se conviene : Et che
prefato M. Raphaelo sia obligato jare dieta ta-
vola sive Cona , et dipingere solum la Istoria su-
pradicta in lo campo ò vero vano de ditto tavola
in Roma a sue spese de legname colori , et oro
che ve intrasse : Et omnia altra cosa , et spesa
che andasse per Jare depingere , et Jinire de tucto
ponto dieta tavola: Ma la Capsa chiodi , corde,
et amagliatura vectura , et gabelle da essa per
condurla da Roma a Perugia va di a spese de
esse Moneche : Quale opera prefato M. Raphaelo
prometèe dare finita per tempo de uno anno da
hoggi videìicet ad sumrnum ad tal tempo che di-
eta tavola sia- conducta in Perugia aìeo che il
giorno della s'agratissima festa della Assumptione
che sarà adì 1 5 d' Agosto del 1617 sia per feda
et messa in opera nello Altare della Chiesa del
dicto Monasteri o de Monteluce . Ma la predella
Cornicione frigio , et orane altro adornamento de
dieta tavola , et piciura de esse cose se debbia fa-
re , et depingere in Perugia videìicet il legname
intaglio Magisterio colori oro , et omne altra co-
sa , che vi andasse a tutte spese de M Berto de
Giovanni pictore supradicto , et in questa Opera
Compagno electo da prefato M. Raphaelo, et ào
t epiato da prefate Moneche., M. Berto ìmbbì
)( % )(
etiam a depingere tutte le cose contente in lo pre-
sente Capitalo videlicet predella Cornicione etiam :
Et sia obligato ultra li adornamenti de pinger
in la predella la Natività de predata gloriosissi-
ma nostra Donna suo Sponsa/itio , et sua Sane-
iissima Morte ovvero Transito . Le anale tucte cose
videlicet ornamento predella etiam prefato M. Berto
sia obligato fare ad uso de bona , et leale Mae-
stro et per termino ut supra notato videlicet che
se posa ponere in opera, et sia perjecta per la
Festa de Santa Maria ds Agosto 1 5 1 7 ut supra :
Per le aliali opere , et picture le prefate Mone-
che fìano obligate pagare , et cum effeeto nume-
rare alli prefati M. Raphaelo , et M. Berto du-
cati doicenlo doro in oro de Camera videlicet du-
cati cento vinti simili a lo prefato M. Raphaelo
per sua mercede , et premio de la tavola come de
sopra : Ve li quali ducati cento vinti prefato M.
Raphaelo ha havuii da prefate Moniche ducati
vinti simili per arra et parte de pagamento . Et
a prefato M. Berto' ducati octanta simili videlicet
per legname intaglio colori oro pictura, et orna-
mento de dieta predella pilastri cornicioni fregi,
et omne altra cosa , che andasse per ornamento
de essa tavola de li quali ducati octanta prefato
M Berto ne ha avuti da prefate Moneche ducati
dieci simili per arra , et parte de pagamento . Et
li pagamenti se debbiano fare in queste modo cioè
X 60 )(
ducati sexanta nel principio de lo lavoro compu-
tati però li ducati trenta supradicti , che li pre-
Jati hanno havuti come de sopra: Et ducati sep-
tanta debbano bavere Jacta la mità della opera ,
et altri septanta che sera lo residuo de dicti du-
cati doicento , quando dieta opera sarà finita, et
conducta al dicto Monasterio : cioè a ciascuno de
loro la sua rata da per se de tempo in tempo
come de sopra . Et si per caso nel condurre da
Roma a Perugia dieta tavola per qualche sinistro
evento havesse qualche lesione prefato M. Raphaelo
sia tenuto acconciarlo .
Io Raphaelo so contento quanto de sopra è scrip-
to et a fede ho fatto questa de mia mano in
Roma die dieta , et sono contento haver il
mio
pagamento videlicet ducati cento finita
tutta la opera non obstante quanto nel penul-
timo Capitolo se contiene .
Io Alfano Alfani da Perugia come Procuratore
de le prefate Moneche prometto se observa-
rà quanto de sopra se contiene , et in fede
mi sono qui de propria mano subscripto Ro-
mse die dieta .
Et io Piernicolò Alevolino da Rocchacontrata
de voluntà delle soprascripte parte ho scripti
li soprascripti Capitali di mia propria mano.
Lettera al sig. canonico Reginaldo Sellar i
patrizio Cortonese , e Segretario perpe-
tuo dell' accademia Etnisca di Corto-
na , nella quale si dà la spiegazione
d' una Iscrizione trovata in un Sarco-
fago d'yìquileja .
*
JT3LL dotto , ai gentil custode delle reliquie di Bar-
dano , e di Porsena vadano queste poche righe te-
stimonio delle molte mie obbligazioni . Sì , sig. Pie-
ginaido riveritissimo, voi ne' brevi momenti, che ul-
timamente passai nella colta , e nobilissima vostra
patria , di cui conserverò sempre la più dolce me-
moria , voi mi mostraste , e spiegaste le insigni an-
tichità da codesta Accademia confidate alla vigilan-
za , ed erudizione vostra , e quel che più mi fa ono-
re trovai il mio nome nelP onorato vostro catalogo .
Accettate adunque il poco che per ora vi tributo ?
in segno, di gratitudine , ed assicuratevi , che per
quanto dipenderà da me procurerò di darvi un* altra
volta di più . Cosi mi fosse possibile il darvi quanto
meritate. La mia obblazione non è però priva d'in-
teresse perchè chieggo il vostro sentimento sopra un'
antica iscrizione che colle mie riflessioni sottometto
qui al vostro giudizio . Mi fu essa mandata da Monw
signor Gradenigo Arcivescovo d' Udine , il quale alla
X $2 )(
nobiltà pu\ generosa della «uà Repubblica , e famì-
glia ha saputa unire un' egualmente scelta erudizio-
ne , U iscrizione è stata , son pochi mesi , trovata
sopra un Sarcofago in Aquileja , nascosto sotto ai
pavimento delia Chiesa di s. Felice , ed eccovela tal
quale :
CUM COEPTA PRIMA ^ETATE
INSTITUTA GEMINIUS HABERET
IN ANNiS FERME XL. MENSE
UNO DXES XV. NATUS EX C1VITATE
TUSUR^TAISA AERICI PROCI
.«DB RESTUTO NATUS DE MATRE
MAJOR! CREATUS FELIX IN DEO
DEPOSITUS SUB DiE Vili. IDUS
OCTOBRIS.
Chi avrebbe mai creduto , che in Roma si
avesse ora a scoprire il nome probabilmente del Pa-
dre di questo Geminio sotterrato da tanti secoli in
Aquileja , e trovarvi fino le sue vicende , le quali
non poco lume poi hanno sparso su questo nuovo ,
ed edificante Sarcofago ? Ma voi siate giudice se vi
inganno . Nelle antichità d' Aquileja del Rettoli pa-
gina 2.18 troverete un' iscrizione all' incirca del me-
desimo tempo , e stile , e questa sembra fatta al Pa-
dre del nostro Geminio. Ma affinchè non abbiate la
pena di cercarla, eccovela trascritta in caratteri più
chiari, e meno equivoci di quelli che il Bertoli ha
voluto troppo fedelmente adoprare .
X 63 X
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)( 64 )(
Voi vedete in ognuna di queste due iscrizioni
un Africano , ciascheduno de' quali è venuto pagano in
Aquileja , ed ivi poi è morto cristiano . L' iscrizione
del Bartoli ci dice positivamente , che quel suo Re-
stuto era venuto colà per vedere la Città , la quale,
come è noto, fu una delle più insigni Colonie del-
l' Impero Romano . Ci dice , che quella terra non
prima da lui "veduta volle ritenere il suo corpo ,
benché egli desiderasse di far ritorno colà, dov'era
nato, tanto più che qui non avea nessuno de suoi ,
Ma alla fine trovo cQsa assai maggiore de' suoi
parenti ( s' intende certamente coloro , che battez-
zandolo lo fecero cristiano ) e allora non fa più
forestiere come quando ci venne ; ( cioè entrò in co-
munione cogli altri fedeli) nessuno può resistere alle
chiamate del fato . A costui i suoi Sodali contro
il lor desiderio hanno fatto il Sepolcro . Io non
posso intendere , che per Sepolcro la parola Oren-
sium da Opos , che significa Tumulo , ovvero Meta :
eccovi dunque quanto di quel Restuto si cava dalla
Lapida del Bertoli « Venghiamo ora al nostro Ge-
minio , che è 1' argomento della Lettera . Io inter-
preto così la sua Lapida :
Geminio nativo della Città Tusuritana nel-
V Africa proconsolare nato in Casa Restuto, aven-
do conservato fino alT età quasi di quaranf anni
un mese quindici giorni V instituto , che dalla sua
prima età aveva preso ( cioè la religione pagana ) ,
creato
)( 65 )(
creato da una Madre maggiore ( cioè della Chiesa
di Gesù Cristo ) felice in Dio è stato deposto nel
giorno ottavo delle Idi d Ottobre .
A me pare , che questo Geminio , non vedendo
far ritorno in Africa alla casa sua Restuto , venisse a
cercarlo in Aquileja , e che non solamente lo tro-
vasse defunto , ma sapendo , che era morto cristiano ,
tratto da cosi pio esempio , si battezzasse anch' egli ,
ed al pari del primo ci finisse dappoi la vita .
A voi , che siete cosi pio ecclesiastico , dee far
piacere la frase di ' chiamare Madre maggiore la
Chiesa , distinguendola così dalla madre naturale , che
è la minore . Tale appellazione di tenerezza non era
nuova allo zelo de' primi Cristiani . Rileggete di gra-
zia la incomparabile relazione dei Martiri della Gal-
lia Lugdunense , e V iennense , che nel libro 5 della
Storia Ecclesiastica ci ha conservata Eusebio , rela-
zione , che ogni ragion mi fa credere essere detta-
tura di s. Ireneo allora Vescovo di Lione . In essa,
parlando di que' deboli cristiani , che per timore ri-
negarono la fede , ma che dappoi incoraggiti dall' e-
sempio de' costanti si pentirono , e confessarono Cri-
sto , egli eloquentissimamente dice: i cadaveri della
Chiesa per mezzo def vivi sono tornati in vita , e i
Martiri hanno benìjìcato i non Martiri, ha Ver-
gine Madre ( cioè la Chiesa ) è stata ricolma di
gaudio vivi riacquistando coloro , che già come
morti aveva abortiti , imperciocché questi prevari-
IV. 5
)( 66 X
calori per la virtù de Martìri nelV utero di lei ve-*
nian di nuovo delineati , innestati , e ravvivati .
La frase creatus pare adombrare l' espressione
di s. Giovanni nisi qui renatus Jucrìt ex aqua , et
Spiritu S ancfo . Notate la frase Felix in Lieo , che
è forinola meno frequente dell' altra in pace . Nel
Fabretti v* è in pace Dei , nel Muratori vivas in
Deo . Del resto anche i pagani , quando loro si nomi-
navano i morti , solevano dire Felìces , come noi cri-
stianamente sogliamo dire Dio gli abbia in gloria .
Orazio non rispose , che Felices a quel seccatore ,
che nella via sacra fra 1' ali re cose gli disse , che
tutti i suoi parenti erano morti .
Del resto poi non vi faccia specie , se non v' è
il Consolato , benché vi sia il giorno della sepoltura ,
Agli antichi fedeli non premeva che tramandare ai
posteri il giorno della deposizione , perchè in quello
si celebrava l' anniversario del defunto , al qual fine
nulla serviva la nota dell' anno . Queste sono le po-
che riflessioni cristiane , che mi sono venute alla
mente . Eccovi ora quelle che possono riguardare la
letteratura .
Nella iscrizione di Restuto notate quel Feleger
ih senso di Forestiere . A me pare travederci un ter-
mine più volgare , che latino , giacché sono persua-
sissimo , che una specie di lingua volgare si sia par-
lata sempre dal volgo, da cui essa trasse fin d'allora
il nome, anche in que' secoli , ne' quali comunemente
)( 67 )(
ti crede , die tutti gli antichi italiani , t le. Bonn*
parlassero latino per le strade, e per le case, coma
tanti Dottori in Collegio . Lo stesso sia detto della
voce Parentes in senso di alluni , o congiunti . S. Gi<-
rolamo ce lo avverte : Parentes militari vulgarique
sermone cognatos , ajjìnes nominata Lib. II. apolog,
a Raffino . Fate qualche riflessione a quel bulgari
sermone lino nel quarto secolo, e poi datemi torto.
La parola Orensium per Sepolcro non è stata
notata, che io sappia , da veruno , e molto meno dai
continuatori dei Du Gange , come neppur quella di
Peleger .
Neil' iscrizione di Geminio la Città Turusitana è
il Tibopos di Tolomeo. Que' barbari nomi Africani
si facevano spesso adiettivi, perchè prendessero un po'
d' aria romana . Nel GruterO 5. P. Q. Siagitanus ,
per il Senato di Siagul S. P. Q. Thimiligensis pei"
Thimiliga nella diplomatica dei Malici , Or do Me~
diditanorum Midida , in un' iscrizione del Gori , ed
altri .
Riflettete , che Tusuro qui è messo nelì' Africa
pioconsolare . Questa parte dell' Impero Romano fi-
no ai tempi di san Cipriano ( epist. 45 ) era divisa
solamente in tre governi , cioè nei!' Africa così detta
proconsolare , nella Numidia , e nella Mauritania .
Ma al tempo , in cui fu scritta la Notitia utriusaue
Imperii , che si creda quello d' Onorio, l'Africa era
g'à stata suddivisa in sette governi . Uno di «juesvi
X 63 )( .
distinto dall' Africa proconsolare fu la Bizacena , di
cui era capitale Adrumeto , ed ira questo territorio si
trovava Tusuro , come impariamo ancora dalla Carta
Feutingeriana . Dunque se Tusuro era tuttavia nel-
I' Africa proconsolare ai tempi di Geminio , si con-
clude , che costui visse prima della divisione delle
Provincie Africane . Queste divisioni cominciarono a
farsi, a mio credere, dopo la duplicazione degl'Im-
peradori , e de' Cesari , e la ragione è perchè aven-
do ognuno di que' Principi qualche dipendente da
provedere , e V Impero invece di crescere calando ,
si moltiplicavano i governi col rimpicciolirli. Simile
ripiego è stato conosciuto anche dai Principi dei giorni
nostri .
Nella medesima Bizacena v' erano anche le Città
Turxo e Thysdras , che alcuni hanno malamente
confuse con Tusaro , come riflette il Ruinard nelle
sue note alla Storia Vandalica. Notate in fine la sin-
golare , anzi a mio credere unica maniera di contar
gli anni del defunto , cioè in annis ferme XL. Mense
uno dies XV. natus. Se questo mese e mezzo dee
aggiugnersi ai quarant' anni , a che serve quei ferme
che li precede ? Par dunque , che quest' anno e mez-
zo debba piuttosto sottrarsi dai XL. 1/ espressione è
tanto nuova, e strana, che io non oso né affermar-
lo , né negarlo .
Dallo stile di questi due epitafi come da tanti
altri non v' è da imparare , che qualche sollecism©
)( 69 )(
«li nuova invenzione . Il dottissimo Marchese Scipio-
ne Maffei troverebbe forse in queste due iscrizioni
i suoi versi Ritmici fatti a orecchio , e originati dalle
composizioni volgari di que' tempi , le quali come
non degne di scritture non sono pervennte fino a noi .
Ma si finisca oramai questa troppo lunga lette-
ra . Assicurate della mia ossequiosa gratitudine tanti
bravi Cavalieri , e Dame , che costì ebbi P onore di
conoscere, e le prime di queste siano le ornatissime
Signore Anna Semini , e Margherita Alticozzi .
Roma li 3o Ottobre 1776.
'li>I~^rT"~";:"TTv;'7-:r^r' " ~"-~~3f
Lettera L ^41 sig* marchese De Venuti
patrizio Cortonese , e Ciamherlano del
Rea! arciduca di Toscana , intorno
F urna cineraria , ed iscrizione sepol-
crale di Livilla figlia di Germanico
Cesare trovate presso il Mausoleo di
^du gusto .
JDjella nuova ho da darvi oggi , e bene inaspetta-
ta , gentilissimo sig. marchese . Ne ridano pure co-
loro , che apprezzano soltanto quelle delle Colonie
Americane , o quelle della Crimea ; noi siamo alun-
ni delie Muse, e delle beli' arti; così ci compiaccia-
mo di nuove meno clamorose . Jeri i' altro nello sca-
vare i fondamenti d' una casa vicino a S. Cario al
Corso a 2.5 palmi in circa sotto il presente seliciato
di Roma si è trovato 1' Urna cineraria di Livilla ,
la figliuola di Germanico Cesare , la pronipote d'Au-
gusto , la sorella di Caligola . Immaginatevi un' Olla
a g&ìsa di Diota alia palmi 3 , e tre quarti e largì
nei suo maggior diametro palmi 2 e un quarto , ed
Immaginate vela tutta dJ un pezzo d' alabastro orien-
tale cotognino venato di bianco , maravigliosamente
lavorata al tomo . Il diametro della bocca è di un
)( 7i X
palmo avvantaggiato , ed alquanto sotto al breve suo
collo che è poco di lei più stretto, nascono due ma-
nichi semplicissimi . Chiudesi 1' Olla con un coper-
chio rotondo fatto a seudella acuminala della mede-
sima pietra , in cui le vene concentriche e bianchis-
sime girano orizzontalmente , e finiscono in un gran
bottone quasi a fior di Loto . La grossezza delia pa-
rete del vaso sarà d' un buon pollice, mia la pietra
è così trasparente, che se le si mette dentro un lu-
me , presenta colla sua molle, ed appannata diafanei-
tà uno spettacolo giocondissimo , sembrando proprio
un' immensa gemma . In somma , eccettuati gli orna-
menti della scultura , che in quesl' Olla non ve n' è
alcuno , ella è forse il più bello , ed il più gentil va-
so , che da secoli siasi cavato nelle rovine dell' anti-
ca Roma . Quello che accresce valore alla scoperta , è
che pochi piedi lontano si è trovalo un Cippo quadri-
lungo di travertino rozzo , in cima al quale si leg-
ge , benché alquanto mancante , la seguente Iscri-
zione incisa in elegantissime lettere :
lIvilla
GERMANICI C . . . .
UIC SITA E . . . .
Due, come sapete, sono le Liville note nella storia
Romana . L* una è figlia di Druso Germanico fratel-
lo di Tiberio , la quale fu dappoi moglie di Druso
suo cugino, e fu mala donna, perchè fra l'altre gen-
tilezze , per isposare Sejano suo seduttore, awelenè
)( m x
lì marko . L' altra è una delle tre sorelle di Caligo-
la , cioè Agrippina , Drusìlia , e Livilla figlie del
tanto amabile , che sventurato principe Germanico
Cesare gran Capitano , gran Poeta , grand' Oratore .
e protettore , anzi amico d' Ovidio , che gli dedicò i
Fasti . Di nove figliuoli che da Agrippina nipote di
Augusto ebbe Germanico , Livilla fu 1' ultima . Si
crede , che nascesse neh" Isola di Samo , allorché
il di lei Padre colla fedele sua Sposa era andato in
Oriente a comporre i torbidi deli' Armenia . Giunta
in età nubile Livilla fu data da Tiberio a M. Vi-
nicio oriondo di Cales , ma di famiglia distinta , e
che fu creato Console per decorare questo spo-
salizio . Tacito dice che era uomo mitis ingemi et
contae Jacundiae . A lui dedicò la sua Storia Vel-
lejo Paterculo , ragione di più per credere Vinicio
persona dipendente da Tiberio, come era lo Slori-
co . Giunto all' Impero Caligola diede a Livilla uni-
tamente a Drusiila e ad Agrippina sue sorelle i
privilegi accordati alle Vestali , ma non tarderete
molto a sentire quanto li meritassero . Volle dap-
poi , che per onore fossero nominate con lui in tut-
ti i pubblici giuramenti , come anche nelle relazioni
dei Consoli al senato. Svetonio pretende, che tanto
amore per queste principesse sorelle andasse a finire
molto indecentemente . Sospettò Caligola che M,
Emilio Lepido , che era il marito di Drusiila , ono-
rasse un po' troppo tutta la famiglia, facendo lo stes-
)( 73 )(
so con Agrippina , e con Livilla ; quindi perdetie
pazienza , e punito di morte P adultero incestuoso
cognato esiliò Livilla , ed Agrippina nell' Isola di
Ponza . Ucciso Caligola gli successe 1' Imperatore
Claudio loro Zio , il quale richiamò in Roma le due
nipoti. La forse troppo bella Livilla piacque anche
a Claudio , e Messalina , sotto pretesto d'adulterio , la
fece nuovamente esiliare . Risum teneatis amici ?
Messalina punire d' incontinenza una cognata ! Ma
v' è di più . Chi crederebbe , che tra gli adulteri di
Xi villa fosse annoverato ancora il malinconico, il se-
vero predicatore , il morale Seneca ? Strana inespli-
cabil cosa è V uomo ! Io non so come la cosa an-
dasse , ma certo è che Seneca fu rilegato in Cor-
sica anche sotto questo pretesto . Livilla finalmente
fu fatta morire per ordine di Messalina , e lo stesso
successe al marito Vinicio , benché per ragioni diame-
tralmente opposte, giacche fu perchè egli non volle
soddisfare i capricci di Messalina . Nel raccorre per
voi queste notizie in varj autori disperse e sdruscite
io credo
Portar nottole a Atene , e vasi a Samo ;
così abbiate la bontà di scusarmi . Avvertite , che
tutte le tre sorelle ebbero anche il nome di Giulia,
come dalle medaglie si vede , ma bisogna che ne
facesse uso talvolta soltanto l ivilla ; giacché l' altre
due , forse per brevità , o per non confonderle , ven-
gono semplicemente chiamate Agrippina, e DmsHh
X 74 )(
Eceo la ragione , per cui Tacito , e Dione danno pef
!o più solamente il nome di Giulia alla nostra Livel-
la . Il nome di Livilla , o sia Liviuccia fu introdot-
to per fare onore a Livia entrata nella famiglia d' Au-
gusto . È fuor di dubbio , che di questa tale Livilla è
iì sepolcro scoperto ; come ce ne assicura l' Iscrizio-
ne col Germanici Cce^aris FiUa , la quale certa-
mente non può altrimenti supplirsi . Voi sapete che
l'altro Germanico padre della prima Livilla chiamos-
si Druso Germanico , né mai ebbe il titolo di Cesa-
re .~ Due versi ancora sopra il luogo di questa sco-
perta . Impariamo da Strabene , che nel Campo
Marzo, oltre al sepolcro d'Augusto , vi erano altri se-*
polcri di cittadini , e di matrone illustri . Di più ci
dice che a tergo delia fabbrica del Mausoleo vi era-
no maraviglio se , e verdeggianti passeggiate , e non
molto da lui lontano i sepolcri de' congiunti , e fa-
migliari dell' lmperadore \ Ciò dee mostrarvi, che
sotto nome di Mausoleo non solo s' intendeva V edi-
lìzio rotondo in gran parte tuttavia sussistente, ma
tutto anche il suo circondario , ed in fatti non altri-
menti potrebbe spiegarsi la legge , ( che proibiva iì
sepolcri nel campo Marzo , legge , a cui si derogò
per Augusto , e per pochi altri . Le passeggiate noi*
potevano estendersi , che verso la via Flaminia , per-
chè , oltre all' esser essa a tergo dell' edilìzio , dalla
parte anteriore apri v' era luogo, giacché il Tevere
quasi lo bagnava . Ora è appunto nella parte del
)( ?5 )(
Campo Marzo , che guida alla vìa Flaminia non
moltissimo distante dal Mausoleo , che è stato tro-
vato il sepolcro di Liviila , Non è possibile pai il
persuadersi che questa incomparabile Olla cineraria
degna d' una pronipote d' Augusto fosse collocata an-
ticamente a cielo scoperto, ed esposta al perìcolo di
essere violata, o danneggiata. Sarà dunque stata,
conforme al solito, custodita in una camera sepolcra-
le , ed in fatti v' erano ali' intorno rottami di muri ,
benché informi, che a gran fortuna dopo tanti se-
coli non T hanno guastata . Il Cippo coli' iscrizione ,
come lo indica la sua rozzezza , sarà stato esposto
fuori della camera sepolcrale, ed in fatti , come v'ho
detto , è stato trovato alcuni piedi distante . Chi sa
quante altre belle cose non si caverebbero nei fon-
damenti delle circonvicine case? Se mi chiedete co-
sa v'era dentro nell' Olla , vi dirò, per quanto io so,
che non v' era più che terra bagnata . Nessun vesti-
gio ne di ceneri , né d' ossa , e mollo meno poi di
que' piccoli ornamenti feminili , che soglionsi trovare
ne' sepolcri delle donne , quando sono tuttavia invio»
lati , come anelli , spilli , pettini , pendenti , meda-
glie , caraffe da profumi ec. Chiaro è , che il sepol-
cro di Liviila fu, come tant' altri, anticamente spo-
gliato , lo che sari stato dopo la caduta del paga-
nesimo , quando non era più delitto di religione l'a-
prirli, o dopo che fu abbandonata Pioma alle note
vicende <fe\ Barbari . Io sempre ho creduto, che la
)( ^ K
maggior parte delle antiche gemme intagliate , le
quali troviamo slegate per le campagne, e più spes-
so ne' sepolcreti , siano state cavate dall' Urne cine-
rarie aperte o rotte , e che i barbari ignoranti le
buttassero via come inutili dopo averle svelte dal-
l' oro , che lo legava . Eccovi quanto frettolosamen-
te ho potuto raccorre in quest' oggi , per non ritar-
darvi la nuova . L' Urna di Livilla è già destinata
all' ottimo de' Sovrani PIO VI. protettore e cono-
scitore della bella antichità , Temporum nostrorum fé-
licitas . Vi sfido a mandarmi nuove simili da Cor-
tona malgrado i vostri Dardano , e Porsena . Non
crediate però , che io per ciò la stimi meno . Essa
è vostra patria , e tanto basti , perchè mi sia cara al
pari d' ogni altra più bella Città . Vale .
Roma li 14 Giugno 1777.
Lettera li yll medesimo , in cui si dà
conto del sepolcro di Tiberio Cesare
figliuolo di Druso , figlio unico d'r Ti-
berio Imperatore , disotterrato fra le
rovine dell'antico Mausoleo d'augusto .
_LN on ve lo diss' io , caro sig. marchese , c^e cer-
cando vicino al sepolcro di Livilla si sarebbe fatta
qualche altra scoperta ? Lunedi passato f giorno tra
noi , come sapete , per molte ragioni lieùssimo , uscì
dopo tanti secoli dallo squallore del suo ignorato se-
polcro a partecipare di sì bella luce, ed a far com-
pagnia a Livilla, uscì, dico, un altro Principe della
famiglia d* Angusto . Si è disotterrato nuovo Cippo
egualissimo a quelle di Livilla , su cui leggesi la se-
guente bella , e non equivoca Iscrizione :
TI CAESAR
D RU Si CESARIS I
HlC S1TUS EST
Conoscerete ora sempre più , che non mi sono in-
gannalo credendo, che sotto nome di Mausoleo d'Au-
gusto debba intendersi non solo il grande , e roton-
do edilizio in parte esistente , ma anche quel terre-
no , che piantato a cipressi , e diviso in beili ed ora-
X 7$ X
Lrosi viali unitamente a lui era stato consacrato al-
le ceneri de' congiunti e de' famigliari del fonda-
tore. Quando dunque leggiamo negli antichi, che le
Ceneri di quaicheduno sono state portate nel Mau-
soleo d' Augusto, non crediate, che sia sèmpre nel-
le camere sepolcrali di quell' edilizio . Glie i sepol-
cri a\ressero all' intorno un terreno sacro , il quale
da loro dipendesse , lo impariamo da mille Lapide
sepolcrali, che ne indicano l'estensione. Tanti pie-
di per esempio in Fronte, tanti in Agro vi si leg-
ge comunemente . Che se questo era ne' sepolcri
de' più insignificanti particolari, qual maggiore esten»
sìone non amck avuto il terreno dipendente dal se»
polcro d' Augusto Imperadore ? In fatti dalle pre-
senti scoperte si vede, che una delle dimensioni di
questo Mausoleo cominciava vicino alla sponda del
Tevere , ed arrivava fino alia via Flaminia , lo che
in linguaggio moderno si direbbe da S. Rocco fino
al corso . In fatti questo tratto di luo^o ne' bassi
secoli chbmavasi Augusto . Il Marliani dice , che
tal nome durava ancora a' suoi giorni a S. Rocco .
Neil' antiche scritture si trova , che S. Giacomo de-
gl' incurabili si chiamava anch' esso in Augusta .
Certi nomi antichi qui in Roma durano tuttavia tra
il popolo . Le Terme d' Antonino non sono chia-
mate da' vignajoli , che 1' Antoniana ec.
Fu , come sappiamo , in un antico scavo di que-
sto terreno $ Augusto che varj «ccoli fa «i trovò il
)( 79 X '
Cippo Cinerario cT Agrippa moglie di Germanico , «r
madre di Livida, Cippo, che -ora si vede nei cor-
tile de' conservatori in Campidoglio ? e che nel ste-
solo XIV. servì di misura pel grano .
Appena finita la fabbrica del Mausoleo furono
sepolti nelle camere Agrippa , Marcello , Ottavia , e
Druso , come sappiamo da Pedone . Dopo si sarà
cominciato a seppellire anche pei viali , e nel cani-*
pò sacro , che lo circondava . Ecco la ragione , per
cui era profanazione , anzi empietà , il lavorare , e se-
mentare que' funebri , e sacri terreni . Che passas-
sero sotto nome di sepolcro anch' essi , come sotto
nome di Mausoleo passava lutto il vasto campo , che
lo circondava , ve lo insegnerà la celia d% Augusto
conservataci da Macrobio . Avendo egli saputo , che
Vezio contro il dovere della religione faceva lavora-
re il terreno appartenente ai sepolcro del proprio
padre , questo è veramente , diss' egli , monumentimi
patris colere . Ma venghiamo alia nostra nuova
«coperta .
Il trovare qui sepolto un figliuolo di Druso, e
di Livilla sorella di Germanico darà forse ansa a ta-
luno di credere , che la iscrizione di Livilla , di cui
vi scrissi li i4 del corrente, appartenga piuttosto al-
la madre di questo Tiberio Cesare , che alla figli-
uola di Germanico Cesare , a cui io con tutti i let-
terati di Roma francamente 1' ho attribuita. Per en-
trare in questo nuovo, sentimento bisognerebbe pri-
)( So )(
mieramente potere persuadersi, che il terreno del
Mausoleo d' Augusto fosse distribuito per famiglie ,
e non alla rifusa, e voi non tarderete a vedere, che
questa supposizione è insussistente . Secondariamente
se alla prima Livilla madre di Tiberio Cesare, e
non alla figliuola di Germanico dovesse attribuirsi la
scoperta lapida , bisognerebbe necessariamente sup-
plire 1' iscrizione in modo che le leggi della lapida -
daria ne sarebbero lese . Chi non vede , che biso-
gnerebbe leggere
LIVILLA GERMANICI CAESARIS
S O R O R ?
Ma chi ha mai sentito , che le persone insigni ,
solite a distinguersi col nome dei padre , o, trattan-
dosi di donne , con quello del marito, lasciassero i
più onorifici, e bei titoli, per far uso solamente del
distintivo d' un fratello , e di più fratello non re>-
gnante ? La Livilla , a cui taluno vorrebbe assegnare
la scoperta iscrizione , era moglie di Druso Cesare ,
e figliuolo di Druso Germanico , che fu adottato da
Tiberio , e in conseguenza , oltre a questi due bei ti-
toli , ella potea denominarsi anche nipote di questo
Imperadore . Quai distintivi più onorifici di questi ?
Uno almeno di loro avrebbero messo nella iscrizio-
ne , e non quello solamente del fratello Germanico ,
benché Principe per tante altre ragioni rispettabi-
lissimo . Resti dunque malgrado la nuova lapida sco-
perta , resti a Livilla figliuola di Germanico la sua
iscri-
)( Si )(
iscrizione , e leggasi LITILLA GERMANICI CAESARIS
filia . Ma qui non finiscono le nostre scoperte .
Poco distante dai Cippi di Livilla , e di Tiberio
Cesare se ne è trovato un altro somigliantissimo per
la forma, e per la pietra, ma tutto rovinato . Non
io è però in modo , che in chiare , e grandi lettere
non vi si legga la parola
VESPASIANI
Eccovi nel Mausoleo d' Augusto un Cippo di per-
sona , che nulla può avere che fare con Livilla qua-
lunque ella siasi , né colla famiglia di Tiberio Cesa-
re, lo che basterà per provarvi , come v' ho pro-
messo , che qui i morti si seppellivano non divisi
per famiglie , ma alla rinfusa , giacché tutti si con-
sideravano della medesima casa . Non basta dunque
lo scoprire il sepolcro di Tiberio Cesare per inferir-
ne , che quello di una Livilla a lui vicino sia il se-
polcro di Livilla sua madre .
Ma a qual defunto poteva mai appartenere que-
sta tronca, e, pel luogo ov'è stata trovata , stranie-
ra iscrizione ? É noto che la casa Flavia ebbe il suo
Mausoleo a parte , e vicino ad un Tempio , che da
lei prendeva il nome . In prova di ciò saprete , che
quando stava morendo Vespasiano vennero ad an-
nunziargli come un prodigio , che erasi da se spalan-
cato il Mausoleo d' Augusto . Poco rrì importa , diss*
IV. 6
X 8a )(
egli ; ciò non pub riguardare , che Giunta Cairi-*
na . Questa era una degli ultimi attinenti d' Augu-
sto , e Vespasiano con ciò ci fa capire , che egli nul-
la avea che fare nel Mausoleo d' Augusto . Fille nu-
trice di Giulia figliuola di Tito, e midrice di Domi-
ziano , dopo che costui fu ucciso ne raccolse di na-
scosto il cadavere, ed abbruciollo in una sua villa
suburbana nella via Latina , Ciò fatto ne portò clan-
destinamente le Generi nel Tempio della famiglia
Flavia, e pietosamente xnischiolle con quelle di Giu-
lia , che Domiziano , finché ella visse , avea amata an-
che più teneramente di quello che convenisse ad uno
zio . Ma questo poco e' importa , e non sia detto ,
che per mostrarvi come la famiglia Flavia avea il
suo Mausoleo a parte . Una congettura però voglio
qui additarvi, ma senza verun impegno, su questo
rotto Cippo col nome di Vespasiano trovato nel
Mausoleo d' Augusto . Voi la valuterete quanto vi
parerà opportuno , e nulla più .
Riflettete dunque , che il Mausoleo della casa
Flavia non potè essere anteriore certamente alla esal-
tazione di Vespasiano all' Impero , perchè egli era
uscito da casa mediocre dell' agro Pieatino . Suppo-
sto ancora , che Vespasiano ne fosse il fondatore ,
dovette passare qualche spazio di tempo fra la sua
esaltazione, e la fabbrica del Mausoleo1. Ma Ve-
spasiano prima appunto deli' Impero perdette Flavia
Domicilia sua moglie . Chi sa se giunto all' Impero
)( 83 X
non ne fece portare le ceneri nel Mausoleo d' Augu-
sto per depositarle in luogo conveniente alia nuova
sua dignità, e che questo frammento di Cippo non
le abbia appartenuto ? In quei caso faci! cosa sarebbe
il supplire questa tronca Iscrizione nel modo seguente ;
OSSA
?IAVIAE DOMITILLAE
VESPASIANI
Ma tanto basti su questo Cippo . Forza è , che gì;
attinenti laterali d' Augusto crescessero a dismisura ,
perchè troviamo in Dione , che ai tempi d'Adriano ,
malgrado la tanta estensione del Mausoleo, esso era
ripieno in modo , che non vi restava più luogo . Que-
sto determinò quelF lmperadore ad erigerne un altro
incomparabilmente più magnifico negli Orli di Do-
mizia di là dal Tevere , ed a vista di questo d' Au-
gusto . Considerate meco per un istante quanto F an-
tica magnificenza cercasse di rallegrare fino i sog-
giorni de' morti rendendoli deliziosi a forza di co-
lonne , di obelischi , di bassi rilievi , viali ombrosi , ed
ameni passeggi . Io ho veduto alcune camere sepol-
crali nel regno di Napoli , le quali negli ornamenti,
che internamente tuttavia conservano , inspirano tutt*
altro , che malinconiche meditazioni suli' umana ca-
ducità, e sulia morte . Ma tanto basti al proposito
del Mausoleo d' Augusto .
Eruditissimo sig. marchese , tenete conto del^
l' iscrizione di Livilla , di cui vi mandai copia , pe^
)( 84 X
che T originale in questi pochi giorni è quasi che to-
talmente perito . Quel Cippo si scrosta in modo ,
che basta il toccarlo per romperne la troppo fragile
sua superficie . Fortuna , che tutta Roma 1' ha ve-
duta , letta , e copiata ! Nella passata mia mi fuggi
dalla mente una notizia di più ; cioè che conosciamo
anche il nome del Pedagogo di Livilla , che fu un
certo Hymno , di cui troverete la lapida nel Colom-
ba} o di Livia dei Gori :
H Y M N V S
PAEDAGOGVS
LIVILLAE GERMANICI
E I L I A E
Da ciò vedete , che questa Principessa avea studia-
to , cosa , come dice Macrobio , assai comune nella
casa d' Augusto , dove tutto respirava coltura . For-
se che da questo suo amore per la letteratura nac-
que V unione troppo intima che Livilla contrasse dap-
poi col filosofo Seneca , com* era nata quella d'Ovi-
dio colle due Giulie famose .
Due parole ancora sopra questo Tiberio Cesa-
re , di cui pochi , e sparsi indizj si trovano nella
storia romana . Egli , come vi ho detto , era figliuolo
di Druso figlio unico di Tiberio Imperadore , e di
Livilla di Druso Germanico bellissima Principessa .
Nacque Gemello, ma ben presto per morte del fra-
tello restò solo. Sotto nome di Tiberio Gemello ne
fa menzione Gioseffo Ebreo . Per la perfidia di sua
)( 85 )(
madre, e dì Sejario restò senza padre nella infanzia.
Andava intanto crescendo all' Impero come pivi pros-
simo erede dell' avolo Tiberio , benché Io spirito di
questo irresoluto Principe dividesse con Caligola 1' af-
fezione del sangue. Era vicino a morire in Capri il
suddetto Imperadore , né sapea determinarsi a quale dì
questi due nipoti lasciasse il principato . Commise hx
scelta alla sorte , determinando in cuor suo di lasciar
lo a quello dei due, che venisse il primo a trovarlo
la seguente mattina . Tiberio Cesare fece colazione
un po' troppo tardi, e per pochi momenti giunse in
camera dell' infermo dopo Caligola . Oh da quai pic-
cole circostanze dipendono alle volte i più grandi
avvenimenti , e talvolta fino gì' Imperi ! Morì Tibe-
rio, e Caligola, che gli successe, e non lardò a far
morire il suo giovanetto rivale , e cugino . In Filone
Giudeo troverete circostanziata la tragica storia della
sua morte troppo lunga per una lettera . Fu sepol-
to nel Mausoleo d' Augusto , ed ora eccovene ricom-
parse alla luce le ceneri . Se il bellissimo vaso ri-
trovato sia dì lui , o di LIvilla, sua cugina ora divie-
ne incerto, ma ciò poco importa . Al più si potreb-
be dire , che trovando due iscrizioni , ed un vaso
solo, sembra, che cercando dovrebbe trovarsene an-
che un altro . Non si troveranno però mai quelli del-
le due Giulie d' Augusto , perchè sapete , che egli
lasciò nel testamento , che non potessero seppellirsi
nel Mausoleo dì casa , lo che equivalse all' averle
)( 86 K
snaturate . Pare , che Augusto nella sua famiglia vo-
lesse per se la privativa di certi delitti , giacché in-
dulgente per sestesso non li perdonò mai ne alla fi-
glia, né alla nipote. Ma finiscasi questa troppo lun-
ga lettera . A forza di sepolcri , di ceneri , e d' os-
sa , mi pare d' avervi fatta ima nuova Notte di
Yung . Vogliatemi bene , che io ne voglio a voi
moltissimo . Vale <
P*oma li 28 Giugno 1777.
Lettera III Allo stesso ? in cui si parla
di tre cippi di travertino , innalzati
alla memoria de' tre figliuoli di Ger^
manico Cesare , e di Agrippina trovati
nel medesimo luogo « #
I
O mi credea , gentilissimo Signor Marchese , dì
non aver più a parlarvi di morti , né di sepolcri ,
ed oggi tutto lieto volea dire a voi pure que' bei
versi, che appunto sul Mausoleo d'Augusto disse Pe-
done Albinovano a Livia
Clauàite jam Parcae nirnium reserata sepulcra :
Clauàite plus justo jam domus ista patet «
Nuove scoperte però mi fanno ripigliare lo stile se=
polcrale , ma non vi parlerò più di Filosofi adulteri ,
né di Sorelle incestuose , ma é' innocenti , ed ama-
bili Bambini . Sappiate dunque , che sabbato scors»
si scoperse un altro picciol tratto del Mausoleo d'Au-
gusto, e si trovarono tre Cippi dì travertino elegan-
tissimamente scritti , e più interessanti ancora dei già
indicativi di Livilla , e di Tiberio Cesare . Accenna-
no essi tre figliuoli di Germanico Cesare , e d' Agrip-
pina morti in tenera età , e così dalla provvidenza
sottratti alle- infinite disgrazie , che ostinatamente per-
)( 88 )(
seguitarono la discendenza di quel!' incomparabile ?
ma sventurato Principe loro Padre . Eccone la copia
da me scritta sulle pietre medesime :
i.
C. CAESAR
GERMANICI CAESARIS F.
HlC CREMATVS EST
* 2.
TI. CAESAR
GERMANICI CAESARIS F
HlC CREMATVS EST
3.
AR
. . . RMANICI CAESARIS F
HlC CREMATVS EST
Richiamatevi alla mente , che Germanico ebbe
tra maschi e femmine nove figliuoli dalla più savia
moglie , di cui parli la storia di que' giorni. Delle
tre femmine v' ho già abbastanza discorso nelle mie
precedenti . De' sei maschi tre morirono nella loro
tenera età , ed è di loro , che se ne sono scoperte
ora le memorie . Di uno solo sapevamo il nome
conservatoci da Svetonio , ed era Cajo Cesare . Fu
fanciullino tanto amabile , e , come dice lo Storico
suddetto, insignì s Jestìrìtatìs , che Livia dopo averlo
perduto ne dedicò 1' immagine nel Tempio di Ve-
nere Capitolina in forma d' un Amorino , ed Augu-
sto ne ripose un' altra nella sua camera da letto,
)( % )(
©ve non entrava mai senza darle un bacio . Da sab-
bato in qua sappiamo, che un altro chiamossi Ti"
berio Cesare, e sapremmo ancora il nome del ter-
zo , se per disgrazia non fosse scheggialo il Cippo
appunto nella linea ov' era inciso . Tenete però quasi
per fermo , che vi sarà stato scritto NERO CAE-
SAR. Vedendo io replicato in Caligola il nome dei
defunto Cajo , e trovando fra gli altri tre fratelli
posteriori un Nerone , nome troppo caro nella fa-
miglia di Germanico , ho tutto il luogo di credere ,
che tal nome non si dasse al secondo, se non per-
chè quegli , che prima portavalo , era morto . Quel-
lo , che v' è di strano in queste iscrizioni , è la frase
inudita, ed in tutte tre costante di Hic crematus
est , e non di Hic situs , come nell' altre a loro
vicine . Non trovandosi essa , che n^el campo del
Mausoleo d'Augusto, pare avere la sua origine da
questa situazione . Eccovene il mio sentimento , e
voi ne giudicherete a vostro piacere , giacche sape-
te , che io non sono tenace delle mie opinioni .
Pare più chiaro della luce , che il dire hic cre-
matus est , e non hìc situs est significhi , che quel
cadavere ivi era stato abbruciato , ma non ivi sepol-
to . Augusto per la tenerezza particolare , che ebbe
verso i figliuoli di Germanico , e suoi pronipoti ,
avrà voluto , che si distinguesse il luogo , ove prima
erano stati inceneriti , per poi collocare nelle came-
re sepolcrali del Mausoleo le loro ceneri , ed unirle
X 9£> )(
a quelle dì Marcello , d' Agrippa , d3 Ottavia , e Ci
Druso loro stretti congiunti . Considerate meco , che
questa diversità di luoghi non potea nascere nei fu-
nerali de' particolari , i quali non aveano sepolcri con
recinti così vasti. Ergevasi per loro il Rogo nel ter-
reno' sacro , che girava intorno al sepolcro di fami-
glia , e i' iscrizione indicando il luogo delie ceneri
indicava implicitamente ancora quello del Rogo . Ec-
co , a mio credere , perchè non s' è mai trovata que-
sta formola , che nei Mausoleo d' Augusto , ove per
la vastità dei recinto sarà accaduto spesso , che quel-
li ? le cui ceneri si destinavano alle camere sepolcri •
li j si abbruciassero a varie distanze dai sepolcro . Se
continuerassi a scavare in questa ricca miniera d'eru-
dizione, io non dubito, che si troveranno altre iscri-
zioni , le quali confermeranno la presente lapidaria
scoperta .
Che se poi mi domandaste , perchè questi tre
bambini non furono inceneriti in quel luogo , che
per questa lugubre funzione avea fatto fabbricare Au-
gusto , luogo , che , come ce lo descrive Strabone , il
quale io avea veduto , era circondato da una balau-
strata di ferro , e seliciato di marmo , io non saprei
che rispondervi . Noi collo smarrimento de' Libri Ri-
tuali dei Pagani , abbiamo perdute moltissime noti-
zie sacre della loro Liturgìa . Io ho però sempre
sospettato , che il recinto descritto da Strabone fosse
)C 91 )(
riserbato particolarmente pel magnifico straordinario
Rogo dell' Apoteosi , e quindi potesse sembrar pro-
fanamento T abbruciarvi cadaveri , ai quali non com-
peteva tanta distinzione. Questa non fecesi poi , che
a quegl' Imperadori , o Imperadrici , che 1* aveano
meritata con una vita gloriosa , e così essi soli sa-
ranno stati inceneriti là dentro . Vespasiano neli' ul-
tima sua malattia disse burlando co' suoi domestici i
so sento già , che al primo parossismo , che mi so"
prawerrà , sarò fatto Dio . Che se il mio sospetto è
vero , voi vedete , che si saranno abbruciati i cada-
veri dei congiunti della Casa d* Augusto in quella
parte di terreno , che sarà stata più opportuna , ed
a voglia di chi dirigeva il funerale , e se ne saran-
no messe le ceneri ora nelle camere del Mausoleo ,
ora nel luogo medesimo del Rogo . Ai primi si sarà
scrìtto : Hic crematus est; ai secondi : Hic situs est»
Questi tre Bambini furono bruciati precisamente sulla
sponda della Via Flaminia , e tutti i passeggeri a~
vranno potuto leggerne i nomi nei Cippi , che ora
abbiamo scoperti .
Che se poi foste curioso di sapere, perchè que-
sti furono portati nelle camere del Mausoleo , e tal
onore non siasi accordato a Tiberio Cesare , ed a
Livilla , che Hic siti erant , facile forse sarà la rispo-
sta . Primieramente non era necessario , che tutti fos-
sero riposti nelle camere , massime se trattavasì di
parenti più lontani . Secondariamente raTOaentatevx
)( 92 )(
che Tiberio Nerone morì condannato per preteso de»
lilto di stato da Caligola suo nimico; e Livilla con-
dannata da Messalina sua rivale. Qual maraviglia
dunque , se non furono riputati degni d' avere le lóro
ceneri nel Sacrario , per dir così , del Mausoleo , e
fra quelle dei personaggi più cari della Casa d' Au-
gusto ? Chi sa ancora , se per ragione di parentela
non furono depositate le ossa dell' uno , e dell' altra
in questo medesimo luogo , perchè appunto consa-
crato prima dal Rogo dei figliuoli di Germanico fra-
telli di Livilla, e cugini di Tiberio Cesare? Oh ama-
bile Marchese , quante belle cose è probabile , che
si nascondano sotto le case , che ora cuoprono quel
vasto terreno ? Chi sa , se scavando non si trovassero
quelle gran tavole o sia colonne di bronzo , che con-
tenevano tutta la storia d' Augusto , giacche sap-
piamo , che egli nel suo testamento ordinò , che
qui fossero affisse ? Parlo del famoso monumen-
to , di cui la copia infranta , e mancante ora leggesi
in Ancira in Levante , e perciò detta il monumento
Ancirano . Chi sa , se come ci si è trovata l' iscri-
zione d' Agrippina non si trovasse ancora quell' Ur-
na , che colle ceneri di Germanico si portò essa me*
desima in grembo da Antiochia a Brindisi , e che
lavò per tutta la navigazione colle più sincere lagri-
me , che sieno mai state versate ? Quant' altre belle
cose , che noi non possiamo forse neppur prevedere ?
)( 93 )C
Caro signor Marchese, se queste reliquie del-
l' Impero d' Augusto non rivedono la luce sotto il
Pontificato di PIO SESTO , che per dottrina , e ge-
nerosità a lui non cede , par molto probabile , che
non avranno il piacere di vederle che i figli de' no-
stri pronipoti. Vale.
Roma li 5 Luglio 1777^
Lettera al sig> alate Tommaso Puccini
patrizio Pistojese sopra di un passo di
Plinio , che sembra indicare assai chia-
ramente , che la stampa delle figure
fosse conosciuta dagli ^Antichi .
OlFGOLAR passo, cercando tutt' altro trovai gli scorsi
giorni in Plinio , ma senza la vostra permissione io
non ardisco interpretarlo a modo mio . Voi vedrete ,
che non ho torto a domandarvela , quando v' accor-
gerete della strana conseguenza , che indi se ne va
a cavare . Più singoiare ancora del passo è , che nes-
suno de' suoi Commentatori ha mostrato di sentirne
1' importanza , e non eccettuo neppure ii dottissimo
Harduino . La maggior parte de' Commentatori ci
annoja collo spiegare diligentissimamente i luoghi chia-
rissimi, e poi passa sotto disinvolto silenzio gli oscu-
ri . Vedremo xin giorno cosa ne dirà il Traduttore ,
e Commentatore Francese , che non credo essere
giunto ancora a questo luogo . Intanto eccovi il pas-
so di Plinio tutto ben isolato , in cui , oltre a molte
eloquentissime cose, vedrete ancora quanto siano au-
tentici i Busti d' Omero antichi , de quali vanno su-
perbe le nostre Collezioni cominciando da quella dd
Campidoglio : Non est praetereundum et novitinm
inventum . Si quidam non solum ex auro argentone
aut certe ex aere in Bibliothecis dicantur UH , quo»
rum immortales animae in locis ìisdem loquuntur ;
quin immo etiam quae non sunt Jìnguntur , pariunt-
que desiderio non traditi vaftus sicut in Homer»
esenti . Quo majus ( ut equidem arbitror ) nullum
est felici tatis specimen , quam semper omnes scire
cupere , quaìis Juerit aliquis . Asini i Polìionis hoc
Fioniae inventum , qui primus Bibliotkecam dicande
ir/genia hominum rem publicam fecit . An priores
coeperint Aìexandriae et Pergami Reges , qui Bi~
bliothecas magno certamine instituere , non facile
dixerim . Imaginum amore flagrasse quondam te-
stes suni et Atticus Me Cicero nis edito de his co-
llimine, et Marcus Varrò benignissimo invento, in-
sertis voluminum suorum J e cun ditati , non nomini-
bus tantum septingentorum illustrium* sed et aliquo
modo imaginibus : non passus intercidere fguras 9
aut vetustatem aevi cantra homines valere, inven*
tor muneris etiam diis invidiosi , quando immorta-
li tatem non solum dedit, veruni etiam in omnes
terras mi sii , ut praesentes esse uhique } et claudi
possent . Fini. lib. 35. 2.
Da questo luogo deesi necessariamente inferire ,
che M. Vairone trovò un modo di unire ai suoi Vo-
lumi non solamente i nomi di 700 Uomini illustri ,
ma anche in qualche modo ìe loro immagini,, affinchè
)( 96 X ■
non perisse la figura dei loro volti . S' inferisce an-
cora , che con tale invenzione si resero facili queste
immagini ad essere mandate per tutti i paesi , e ad
essere o presenti , o chiuse come più piacesse .
Ciò posto, ditemi in cortesìa , che cosa può mai essere
questa invenzione di Varrone , invenzione degna dell'in-
vidia de'suoi Dei, giacché dava agli uomini quell'immor-
talità , che loro ha negata il destino ? Non potea certa-
mente essere una specie di ritratti diligentemente dise-
gnati , e coloriti sulle membrane dei Codici , perchè il
dipingere in piccolo non era cosa nuova neppure a
que' tempi , e quand' anche fosse stata tale , non ci
volea il grand' ingegno di quel dottissimo fra i Ro-
mani , per pensare ad eseguire su d' una membra-
na , o d' un papiro quelle pitture , che quotidiana-
mente si facevano su j muri , e sulle tavole ? Qui si
capisce , che trattasi d' una nuova scoperta , e tale ,
se ben riflettete , da potere moltiplicare su tanti li-
bli , quanti si volevano , la medesima figura , altri -
menti non sarebbe seguita queil' immortalità vantata
da Plinio . Ognun vede, che la durabilità della fiso-
nomìa d' urt volto , se non trattasi d' un marmo , o
d' un bronzo , non può nascere , che dal moltiplicar-
ne a dismisura le copie, affinchè qualcheduna delle
molte sfugga all' edacità degli anni , com' anche dal
non fare copie di copie , lo che ^ lungo andare le
slontanerebbe troppo dall' originale.
A me non pare possibile lo spiegare questo luo-
20,
X 97 X
go che supponendo Varrone inventore <T una qual-
che impronta , o sia stampa , per cui si moltiplicasse
a piacere sulle pagine dei Codici la medesima figu-
ra d' un volto con metodo non molto differente da
quello , che oggidì costumasi ne' nostri libri colle
stampe in legno. Non vi maravigliate di questa no-
vità . Troppo facile per l' ingegno umano dovea es -
sere il passaggio dal cuniare una medaglia, o dal-
l' improntare sulla cera una testa con una gemma in-
cavata , ai farne altrettanto sopra una membrana per
mezzo di una specie di sigillo inciso a rilievo in me-
tallo o in legno , e tinto di qualche colore . Forse
fu Varrone il primo a trasportare queste impronte
sui libri , nei leggere i quali capì essere ben natura-
le che nascerebbe il desiderio di sapere com' era fat-
to quel tale , di cui si parla , o quegli che aveva com*
posta quell' opera . Gli è vero , che talvolta si fac-
ceano simili adornamenti con miniature, ma ciò pra-
ticavasi solamente ne' pochi esemplari destinati a que'
personaggi , che voleano le cose magnifiche , ma non
potea farsi fri quelli , che erano pei compratori men
ricchi . li pubblicare anticamente un libro consisteva
nel dare 1* originale ad un librajo che facealo scri-
vere sotto la dettatura a molti copisti contempora-
neamente ,• e ne spacciava dappoi a proprio conto
nel pubblico gli esemplari , come oggidì fassi de' li-
bri stampati . Ma torniamo alle nostre figure . Oltre
all' esempio delle teste nelle medaglie , e nei sigilli
IV. 7
)( 98 X
gli antichi afceano anche de' sigilli di metallo con no-
mi scritti al rovescio per servire ali* impressione , e
varj se ne trovano nelle collezioni .de' curiosi . Ma che
diremo de' mattoni cotti , i quali , oltre a qualche fi-
gura , portano i' impronta col nome del padrone della
fornace , o dell' operajo , e talvolta ancora col nome
de' Consoli ? Voi qui veq^te , che per imprimere nella
creta fresca un qualche simholo non potea usarsi che
un gran sigillo non dissimile da quello che avrà in-
ventato \ arrone per istampare con qualche tinta una
testa, od un profilo sulle pagine d' un libro, giac-
che il meccanismo è lo stesso . Eccovi adunque , caro
Sig. Abate , ( seppure in questa congettura io non
m' inganno ) eccovi più antica , che non credevate
la stampa delle figure, epoca, che non poco ha tor.
mentalo gì'' indagatori di queste curiosità . Ma v* è
ben di più, cioè, dhe io non credo , che quest' arte
da que' tempi in qua siasi mai interamente smarrita,
Noi sappiamo a un dipresso 1' anno , in cui si comin-
ciarono a stampare in Germania i libri , ma non sap-
piamo quanto tempo prima si stampassero colle for-
me di legno le figure dei santi , o quelle degli Eroi
dei Romanzi d' allora , ed è certissimo che si stam-
pavano. Ve ne siano esempio tra i molti, che po-
trei qui citarvi , le carte da gioco , delle quali igne-*-
riamo l' origine, ma che io ho sempre credute anti-
chissime , se considerasene il disegno , la vestitura ,
ed il significato delle figure. In Francia il Re di Pic-
che ha scritto sotto il nome di Carlo Magno . Io non
X 99 , X
vi dico , che le carte siano coetanee a quel Re Im-
peratore 9 ma essendo esse antiche , e necessariamen-
te fette con mia stampa di legno e non dipinte ad
una alla volta ; ne inferisco, che l'arte di stampare
con forme di legno è antichissima , e forse in vigo-
re da Varrone lino a que' giorni. Vi dirò ben di più ,
che quest' arte di stampare presso gli antichi si dila-
tò ancora gppra le tele che servivano per addobbi 5 e
per tende . Oltre alle toghe dipinte de' trionfatori ■>
che forse erano stampate , Trebeiiio Pollione ci dice
che Erode figliuolo di Odenato Re di Paimira , e fi-
gliastro della famosa Zenobia avea le tende stampa-
te : Tentorìa sigillata . I Persiani inventarono gli
arazzi , che Cicerone chiama picture textiles , e che
saranno stati carissimi ; quindi si saranno dappoi fatti
arazzi a miglior mercato , stampando e non tessendo
sui tappeti le figure . Così hanno fatto anche i mo-
derni colie tele stampate succedute per economia ai
ricami , o al tessuto . Non bisogna immaginarsi sem-
pre che un muro impenetrabile separi i nostri costu-
mi da quelli degli antichi Romani. Se la storia non ci
mancasse , vedremmo ì che molte delle nostre domesti-
che usanze sonoci stale tramandate per tradizione da
loro , quantunque non ne troviamo menzione nei po-
chi scritti che ci sono restati , Voi mi darete ragione
quando anderete un giorno a vedere l' incomparabile
raccolta d' antichità del Re di Napoli a Portici .
Io sono persuaso , che se agli scavi di Pom-
pe)a si troveranno Codici antichi c$me se ne spnfc
)( ioo )(
trovati tanti in quelli d' Ercolano , ve ne sarà pro-
babilmente qualcuno , che metterà più in chiaro
questa scoperta . Voi sapete che per ragione delia
loro aridità , anzi abbrpstidura , sono presso che inu-
tili quelli d' Ercolano , e che Carbohes prò thesau-
ro invenimus , come dice Fedro . Pompei fu co-
perto solamente da ceneri e lapillo , ma Ercolano
fu sepolto nella lava bollente del Vesuvio, e quasi
tutti i mobili si guastarono . Dopo tutte queste no-
tizie , chi direbbe che 1' uomo ha tardato fino alla
metà del XV. secolo a trovare la stampa delle let-
tere , che non era che un passo , e che invece di
essere chiamata invenzione dee piuttosto chiamarsi
cessazione d' ignoranza ?
Del resto gli è indubitabile che i libri degli
antichi erano talvolta ornati di eleganti figure parte
per lusso , e parte per necessità . Tra questi ultimi
mettete Euclide, Apollonio ed altri scrittori di Geo-
metria inintelligibili senza figure , com' anche Tolo-
meo il Geografo , e Vitruvio . Per ornamento , e
per lusso vi rammenterò solamente quel!' esemplare
di Virgilio , di cui parla Marziale :
Qiiam brens immensum capit membrana Maronem :
Ipsius vultus prima tabella gerit .
Voi conoscete i due antichissimi Codici di Vir-
gilio del V. secolo nella Vaticana , e che sono cer-
famente i più antichi libri a noi noti , e conoscete
le singolari miniature , che gli adornano . Immagi-
natori adunque , come v' ho detto , che così si abbellì-
)( '01 )(
vano gli esemplari destinati a gran personaggio , o
a chi volea spender molto . Quelli che dovean ser-
vire per il comune de' leggitori, o non aveano figure
dipinte , o pure le avranno avute improntate in le-
gno conforme all' invenzione di Varrone . Due soli
de' primi si son conservati probabilmente per la
loro bellezza , e perchè scritti in membrana , e nes-
suno de' secondi perchè scritti in fragile papiro , e
poco apprezzati come cose triviali . Fino le legature
de* codici erano , come sapete , elegantissime . La
bottega de' Sosii libraj Romani ha meritato 1' ono-
re di vivere eternamente ne' versi d' Orazio come
vive il nome di Trifone neh' auree Instituzioni dì
Quintiliano . Fino da allora le botteghe de' libra]
servivano di radunamento ai letterati, e mi ricordo
che Galeno , non so in qual de' suoi libri , ne ac-
cenna una verso il Foro Romano , ov* egli andava a
chiacchierare la sera. Il lusso andò tanto avanti, che
fino le custodie de' libri si fecero d' avorio con bel-
lissimi bassirilievi alludenti all' argomento e le lettere
si fecero d' oro o d' argento sopra membrane tinte
di porpora . Ma nulla più , amabilissimo mio signor
Tommaso . Non ad altri che a Voi , grand' amatore
e conoscitore di stampe , doveansi scrivere queste
mie congetture , perchè appunto parlano di stampe »
Voi per il vostro candore e cortesìa siete amato da
chiunque vi conosce, ma tenete per fe.rmo, che nes-
suno vi ama più dì me . KVpWa ,
Roma lì 21 luglio j
Biglietto al sig. cibate Gian*Cristoforo
^Lmaduzzi pubblico Professore nella
Sapienza di Roma sopra di un Erma
singolare , anzi unica di Pericle tra-
vata di fresco a Tivoli , e quindi tra-
sportata al Museo Vaticano *
JAI ON tardate di grazia gentilissimo , ed erudisissx-
mo amico , a vedere un' Erma singolare , anzi unica
trovata di fresco a Tivoli . Io la vidi accidentalmen-
te arrivare a Roma per sopraccarico in un carro di
barili d' olio Tivolese , e benché per la bella cura
dell' erudito carrettiere fosse tutta unta , e bisunta ,
dopo d' averne letta V iscrizione ne fui veramente
incantato . Molto più poi mi ha piaciuto questa mat-
tina , che sono andato a rivederla in casa del sig.
abate Visconti, ove, aspettando d' essere trasportata al
gran Museo del Vaticano, essa è stata lavata, e di-
ligentemente smacchiata a guisa dell' antico simula»
ero della madre Idea nel!' Aimone .
Questa è V Erma di Pericle figliuolo di Santip-
pe , e celebre generale anzi capo della Repubblica
■V Atene :
ìl E P I K A. H X
EANeinnoY
A 0 H N A 1 O X
Le lettere di questa iscrizione sono bellissime ,
ed antichissime , perche tanto gli O , che i 0 so-
no quadrati , forma , che , come voi sapete meglio
di me , fu abbandonata dagli Ateniesi assai di buono-
ra . Tale forma però si è osservato in molte altre
Erme trovate egualmente nelle vicinanze di Tivoli ,
ove gli antichi , e ricchi cittadini Romani avevano
fabbricate moltissime deliziose ville per loro dipor-
to . oh di quante belle rarità è mai debitrice Roma
a quel terreno , e di quant' altre sarà in avvenire ,
perchè a Tivoli pare , che basti smovere la terra
per trovarne ! La presente è stata disotterrata nelle
rovine d' una villa , che credcsi forse di Cassio ,
benché in tanta confusione di rottami chi potrà de-
ciderlo ? Notate , che in questa pure , come in lant'
altri marmi greci , gli alpha sono tagliali con una li-
neetta angolata , ecdavente P angolo rivolto al bas-^
so a differenza degli À Ialini , che sono tagliati
con linea retta . Il dotto Martorelii pretende , che
questa sia forma Ateniese , e forse ha ragione : bel-
lissima statua di bronzo vid' io nel real Museo di
Portici , rappresentante un giovane coi nome di Apol-
*lodoro Ateniese fonditore , e in essa gli alpha era-
no simili a questi di Pericle . Ma si ha egli dunque
a dire ", che tutte le iscrizioni con quest/ angoletto
)( «4 )(
éìeno incìse in Atene ? Ve n' è certamente una in
N^)oii mezza greca , e mezza latina fatta ai tempi
dì Tito , in cui gli alpha sono così anch' essi , ep-
pure y è tutto a scommettere , che fu incisa sul luo-
go , perchè pare iscrizione locale . E riferita nel
Grutero al num. 8 della pagina CLXXIII. , benché
forse per mancanza di caratteri alia stamperìa gli
alpha sieno all' usanza latina . Venghiamo a parlare
della scultura .
Io non mi ricordo d' avere mai veduta né in
marmi antichi, né in istampe sicure la testa di Pe-
ricle, e voi deciderete se non è ora la prima volta,
che impariamo a conoscere la fisonomìa di questo
singolare Ateniese . Vedrete un giovane di prima
barba con capelli ricci, e con aria militare , e ri-
soluta . I tratti del volto sono però da piacere . Non
vi maravigliate dunque se egli piacque alla celebre
Aspasia , che , dopo aver dati segni di tanta incostan-
za , e volubilità ne' suoi amori , si soggettò a divenire
sua moglie . Non v' è donna , ^r quanto bella siasi ,
ed infedele , che presto o tardi non trovi un Peri-
cle j che la soggioghi . Lo scalpello è elegantissimo ,
ne si possono vedere capelli , barba , ed occhi me-
glio tra! tati . Notate sopra tutto quella lunghissima
celata , che ha sul capo alta quasi quanto gli odier-
ni assetti delle nostre dame Romane . Non vi fare'i
questa riflessione se non mi ci forzasse Plutarco ,
che sul principio delia vita di Pericle ce ne dà la
)( io5 )(
ragione . Vedrete , che quei luogo pare esserci sialo
tramandato apposta per nobilitare quest' Erma , che
doveva rivedere il sole ai tempi felici di PIO VI.
protettore delle beli' arti , e della antichità . Eccovi
il passo di Plutarco tradotto fedelmente , benché voi
intendiate forse meglio il greco , che il mio italia-
no . A dirvi il vero mi dà ora minore fastidio a
tradurlo , che a copiarlo frettoiosamonte in greco :
Ebbe Pericle la forma del corpo sufficientemente
bella , ma la testa fu sì bislunga , che non si ac-
cordava col resto della corporatura . Ecco , a mio
credere , la ragione , per cui tutte le sìie statue han-
na V elmo in capo , artifizio degli, scultori affine
di nascondere questo suo vizio . Aggiugne , che la
cosa era tanto mostruosa , che i Poeti Ateniesi , per
deriderlo, lo chiamavano' Schinocejalo , o sia testa di
cipolla marina . Qual maraviglia dunque se lo mise-
ro in ridicolo fino sui teatri coloro , che non 1' ave-
vano perdonata neppure al più savio degli uomini ,
cioè al loro concittadino Socrate ?
Pericle merita la stima de* conquistatori , per-
che fu valoroso generale di terra , e di mare , e
perchè soslenne per 27 anni gloriosamente la guer-
ra Peloponesiaca d' Archidamo ; ma merita assai più
la nostra per essere stato gran protettore delle belle
arti , massime dell' architettura . Perfetto conoscitore
del buon gusto , e del sapere del famoso ^cultore
Fidia j se lo fece intrinseco amico } ed a Im confidò
X *4 )(
la cìiresione delle molte , ed insigni fabbriche , che
col danaro della repubblica faceva innalzare in Ate-
ne . Ciò vi servirà d' esempio antico per provare la
proposizione di m-onsig. Bottari, che giova infinita-
mente per riuscire buon architetto 1' essere buon di-
segnatore di figura ; e lo aggiungeremo ai moderni
di Raffaele , di Michelagnolo , del Donienichino , e
del Bernino * Nel tempo , che Fidia sotto gli auspi-
ci di Pericle faceva innalzare i portici , e 1' Odeo ,
fra gli altri curiosi vi accorrevano anche le più belle
.matrone Ateniesi . Le male lingue cominciarono a
dirsi all'orecchio, che Fidia le radunava per conse-
gnarle dappoi ai piaceri segreti dell' amico Pericle -
Potrete leggere in Plutarco il cicaleccio , che allora
si fece contro P artefice , e contro il suo protettore :
tanto è vero , che il mondo è stato sempre simile a
sestesso . Oh ! vedete qui , chi avrebbe mai creduto
di trovare un mestiere così strano nelP esemplare
creatore di tanti bei Giovi, e di tante belle Minerve?
Chi volesse sospettare , che P Erma di Pericle
fosse opera dello stesso Fidia , non potrebbe essere
convinto del contrario se riguardasi P eleganza della
scultura , e P amicizia , che Tra loro passava . Sarei)*
he però molto più certo il limitarsi a dire , che
«juest' Erma è antichissimo lavoro di Grecia , perchè
non sappiamo , che gli scultori greci , che lavorava-
no in Italia , abbiano mai usate le antiche lettere qua-
drate . • .
)( 107 X
L' Erma certamente è stata qui portata di Gre-
cia quando i cittadini Romani vincitori del mondo
spogliavano le piazze , i lempj , ed i porticati dei
vinti per adornarne le loro ridenti ville , o le loro
basiliche nel Lazio. Bisogna, che in questi giri l'Er.
ma di Pericle si rompesse , perchè si vede , che la
testa fino dall' antico è stata assicurata con un per-
no di ferro , che dura ancora . Non tardate dunque ,
amico caro, a far visita a questo gran forestiere ar-
rivalo tra noi. Ricordatevi di prendere con voi il
gentile cavaliere Pindemonte prima che parta per
Malta . È ben giusto , che egli veda anche Penicle
dopo avere conosciuta al Vaticano la beila Aspasia sua
anoglie . Quantunque giovane egli non è di quegli
scortesi cavalieri , che dopo aver fatta conoscenza
colle mogli non si curano più de' mariti . Volesse
il Cielo , che potesse mostrargli piuttosto qualche
bella ed antica Erma d' Ulisse , giacché egli Io ha
restituito in vita , e ce io ha fatto conoscere sulle
•cene d' Italia , dalle quali questo scaltro Greco ha
nuovamente fatto piangere le nostre moderne, e fie.
re Penelopi . Salutatemelo caramente , e vogliatemi
hene . Addio .
DI casa li i3 Maggio 1779..
Lettera al sig. D. Antonio di Gennaro
Duca di JBelforle sopra il Sepolcro degli
S cip ioni Coperto non ha guari acci-
dentalmente in una vigna presso porta
S, Sebastiano...
C3e le sono sconosciuti , gentilissimo sig. Duca , I
miei caratteri , non dee esserle ignota la gratitudine ,
che le devo per gli aurei suoi versi fattimi comuni-
care dal sig. ab. Amaduzzi nostro comune amico ,
e per le infinite cortesie, delle quali ella onorò mio
fratello P abate Carlo quando ebbe V onore di ve-
derla in Napoli . In seguito di ciò voglio farle oggi
un regalo , che diminuisca almeno le mie obbli-
gazioni , perchè pretendo darle una nuova grande
per un estimatore della più bella antichità, com' el4a
è certamente . Sappia dunque , che i passati giorni
sono stati accidentalmente scoperti i sepolcri degli
Sciptoni , i quali da tanti secoli aspettavano il pon-
tificato di PIO VI. per^rivedere la luce del giorno.
A sì gran nomi parmi già di vederla commoversi ;
perchè meglio d' ogni altri conosce questa illustre fa-
miglia , per cui è così bella , e maravigliosa la storia
della Repubblica di Roma . Le devono tosto affol-
X io9 )(
larsi alla mente le clamorose vittorie della Spagna ,
dell' Africa , dell' Asia , la disfatta d' Annibale , di
Siface, e d'Antioco, la maravigliosa battaglia di Ma-
gnesia , ma quello , che è più , la generosa mode-
razione dei vincitori , e P ingratitudine della loro pa-
tria . Deponga ella adunque per pochi minuti la lira
emula di quella d' Anacreonte , e d' Orazio , dimen-
tichi , se ella può almeno per pochi momenti , i be-
gli occhi , ed il riso di Licori , e quietamente stia a
leggermi nell' ombroso , ed ameno suo palazzino dì
Mergellina . Me felice se invece di scriverle potessi
parlarle !
Ella non ignora , che sino nel 16 1 6 non molti
passi prima d'uscire dalla porta Capena oggidì porta
s. Sebastiano fu scavata una lapide di rozzo peperi-
no colle seguenti parole in antica lingua latina :
HONC . GINO . PLOIRVME . COSENTIONT , R
ÌDVONGRO . OPTVMO . FVISE ". VIRO
LVflOM . SCIPIONE . FjLIOS . BARBATI
CONSOL . CENSOR . AID1LIS . HIC . EVET . A
HEC . CEPIT . CORSICA . ALERIAQVE . VRBE
DEDET , TEMPESTATEBVS . AIDE . MERETO
Questa iscrizione, che appartenne allora a Fran-
cesco Agostini , mise alla tortura 1* ingegno de' let-
terali di que' giorni , ma la tortura fu ben tosto fi-
nita quando 1' ebbe in mano il gran Sirmondo Ret-
ìl no ti-
tofé allqra elei Collegio de' Gesuiti di Parigi , per-
chè la interpretò in buon latino così :
HVNC VNVM PLVRIMI CONSENTI VST ROMAE
BONORVM OPT1MVM EVISSE VIRVM
LVCIVM. SCIPlONEM FILIVS BARBATI
COFSVL CENSO R AEDILIS JVIT
HIC CEP1T CQRSICAM ALERIAMQVE VRBEM
DEDIT TEMPESTAT1BVS AEDEM MERITO
Ella noti, che il Sirmondo non interpretò quei-
Y A , che è il finale del quarto verso , quando a me
pare , che potesse naturalissimamente interpretarsi per
atque ; come avea fatto per Romae quel B. finale
dei primo . Stampò questa interpretazione in Roma
nel 1617 corredata da dottissima dissertazione dello
stesso Gesuita V Agostini , e vi aggiunse alcune po-
che pagine anche Girolamo Aleandro . Non tardò
molto la lapida a passare in casa Barberini , ove con-
servasi ancora incastrata in un muro nella bibliote-
ca . Varj amai dopo insorsero dubbj sulla sua auten-
ticità , finché a' giorni nostri il Marchese Scipione
Maffei nella sua Arte critica lapidaria , opera pe-
rò postuma , e non ben digerita, la dichiarò positiva-
mente falsa , .adducendo ragioni assai plausibili . Da
quel dì in qua nessuno V ha più degnata d' un guar-
do , perchè così sono fatti anche i letterati , i quali
per lo più tengono di«tro alla corrente .
X in )(
Gli scorsi giorni il sagristano delle Stimmate di.
&fi Francesco , volendo allungare , e profondare la
grotta della sua vigna , la quale resta alla sinistra
passato s. Cesareo non molti passi prima d' uscire
dalla porta Capena o sia di s. Sebastiano, trovò for-
tunatamente l'autentica di questa iscrizione. Scoperse
egli alcuni cunicoli di mattoni ottimamente conser-
vati , e vide che v' erano nei muri due rozze lapidi
di peperino , o sia pietra d' Albano somigliantissima
in tutto al peperino dell'iscrizione controversa, e nel
medesimo luogo , ove quasi 170 anni prima fu essa
disotterrata . Questi due pezzi erano ottimamente
uniti insieme, e scritti a gran lettere incavate, e rosse
ancóra di minio come usavano gli antichi . La loro
larghezza uniti è di palmi 6 , ed altrettant' once , 1' al-
tezza è di palmi 5 , e la grossezza è d* un palmo ,
Eccole fedelmente copiata la scrittura :
QVEI . APICE . INSIGNE . DIAìJs JlaMimS . GESISTI
MORS . PERFEQÉ fVA . VT . ESSENT . OMNIA
BREVlA . HQNOS . FAMA . VIRTVSQVE
GLORIA . ATQVE . INGENIVM . QVIBVS . SEI
IN . LUNGA . L1CYISSET . TIBE • VTIER . VITA
FACILE . FACTEiS . SVPERASES . GLORI AM
MAIORVM , QVA . RE . LVBENS . TE . IN . GREMIT'
SCIPIO . REC1PIT . TERRA . PVBLI
rRUGNATVM • PVBLIO . CORNELI
X **s )(
Sì è seguitato avanti lo scavo , e si è trovato a
pochi passi nuova iscrizione, ma in un solo pezzo
di peperino largo palmi 3 once 2 , alto palmi 4 > e
grosso un palmo , e 2. once . Ecco di questa pure
il tenore da me fedelmente , e con gran piacere
copiato :
L. CORNELI . L. F. P
SCIPIO . QVAIST
TR. MIL. ANNOS
GNATVS . XXXIII
MORTVOS . PATER
REGEM . ANTIOCO
SVBEGIT
Cominciamo a parlare della prima. In essa non
v' è niente d' oscuro , perchè la lingua latina è un
poco meno antiquata , né v' è bisogno d' un nuovo
Sirmondo per ispiegarla . Ma mi saprebbe ella dire
chi sia questo Publio Cornelio Scipione nato da un
Publio, questo Flamine Diale , che morì in gioven-
tù , e che se avesse più vissuto avrebbe superata la
gloria de' suoi maggiori ? Dopo avere attentamente
esaminati negli antichi scrittori i Publj Scipioni , cbe
vi s' incontrano , io non vedo , che un figliuolo di Pu-
blio P Africano, a cui possa convenire il Publio Cor-
nelio Scipione figliuolo di Publio .
Ella sa , che il prenome di Publio fu costante-
> mente
)( n3 )(
mente attaccato alla branca de' discendenti di quel
Publio Cornelio , che tu Console F anno 536 , e for-
tunato padre dell' Africano , e dell' Asiatico . I di-
scendenti del primo furono Publj , quei del secondo
Lucj . Gli è vero , che il prenome di Publio si pro-
pagò pure nei ramo degli Scipioni Nasica, ma que-
sto soprannome non andava mai da loro disgiunto
appunto per non confonderli coi discendenti dell'A-
fricano . Ciò posto , il soggetto di questa bellissima
iscrizione non può essere , che . un figliuolo di Pu-
blio Cornelio Scipione Africano . Se si dasse mente
ad alcuni scrittori moderni , essi non conoscono al-
tro figliuolo di questo Eroe , che quel Publio , il
quale da giovinetto fu preso prigionere dal Re An-
tioco, e dappoi restituito con tanta generosità al pa-
dre . Ma questi certamente non è F indicato nella
nostra iscrizione , perchè sappiamo da Valerio Mas-
simo , che egli fu ben lontano dal meritar tante lo-
di , e che fu anzi il disonore de' suoi maggiori . O
la nostra iscrizione adunque parla' d' un altro figli-
uolo dell' Africano , di cui non v' è menzione nella
storia appunto per esser mancato nel fiore della gio-
vinezza , e dopo d' essere pervenuto al sacerdozio
Diale , ed in questo caso la iscrizione ci farebbe co-
noscere un nuovo Scipione; o è quello, di cui> Cice
rone nel suo bel trattato de senectute parla con tanta
lode , e che adottò Scipione Emiliano , o sia F Afri-
cano secondo . Ella senta qui le parole medesime >
IV. , 8
)( ni X
che Cicerone fa dire a Scipione Emiliano da Cato-
ne , e poi mi dica se non pajono conservateci appo-
sta per ispiegare questa nuova lapida , o se la lapi-
da non pare disotterrata ora per illustrarle : At id
quiàem ( cioè la debolezza ) non proprium senectu-
tis est vitìum , sed comune valetudinis . Qttam Juit
imbecillus P. africani Jìlius , is qui te adoptavit ?
Qttod ni ita fuisset , alterum Me exstitisset lumen
cmtatis . Ad paternam enim magnitudinem animi
doctrina uberior accesserat . Quid mirum igitur in
senibus si infirmi sunt alienando , cum ne id qui-
dem adoìescentes effugere possint ? Or via , signor
Duca , ella non esiti più a determinarsi . Il giovane
Flamine Diale della nostra bella iscrizione è il padre-
adottivo di Scipione Emiliano , giovane di grandi spe-
ranze, se la sua inferma costituzione gli avesse con-
cessa vita più lunga , ed è il fratello della gran Cor-
nelia la madre de' Gracchi . Ella , che è così vicina
a Lilerno , ove dovrebb' essere il sepolcro deli' Afri-
cano suo padre , giacche i poeti vedono alle volte
cose nascoste a noi profani , se mai in una delle sue
estasi poetiche elle vedesse V ombra onorata di tan-
to , e sì sfortunato Eroe, gli dia la lieta nuova, che
vivono ancora le ossa del suo Publio , del suo illu-
stre figliuolo , giacche per le belle qualità , ond' era
dotato , egli non può a meno d' amarlo ancora . Gli
dica , che gli fu fatta forse la più bella , la più pa-
tetica iscrizione in versi, che leggasi ora da noi ne
X n5 )(
lapidar] antichi ; anzi glie la reciti , e gii piacerà di
certo . Chi sa se non è lavoro d' Ennio poeta , che
fu il poeta degli Scipioni? Ennio , ed il Flamine Diale
furono senza dubbio contemporanei , ed è incerto
chi di lor due morisse il primo . Gli dica , che spe-
riamo di trovare ancora la statua di questo poeta ,
che ebbe 1' onore di cantare le sue grandi imprese ,
statua che in premio fu collocata in questo luogo ,
e sulla tomba degli Scipioni suoi protettori . Ma pas-
siamo alla seconda iscrizione Scipioniana , le di cui
terribili parole Pater JHegem Antiochum subegit
fanno tremare noi poveri meschini moderni leggitori .
Qui non v' è dubbio , che trattasi d' un figli-
uolo di L. Cornelio Scipione fratello dell' Africano ,
il quale , per avere cacciato di là dal monte Tauro
Antioco Re di Siria , meritossi il glorioso titolo di
Asiatico . Ella noti , che nella prima linea manca
la finale sigla N indicante Nepos , e che dee sosti-
tuitisi senza timore di sbaglio, perchè, come le ho
detto , il padre dell' Asiatico fu anch' egli un Publio ,
Questo suo nipote Lucio , essendo stato Questore , e
Tribuno , fu incaricato dal Senato di andare a Capua
ad incontrare Prusia Re di Bitinia, che sotto prete-
sto di venire a veder Nicomede suo figliuolo, il quale
educavasi in Roma , venne per cattivarsi la protei
zione della Repubblica , che già comandava ai Re
dell' Oriente . Il nostro L. Scipione lo accompagnò
sempre , gli fece preparare gii alloggi tra Capua ?
)( n6 )(
e Roma , ed in questa capitale non lo abbandonò
mai , e mostratagli le cose più degne da vedersi ,
che a que' giorni però non erano molte . I Senatori
allora erano eertamente tanti Re, ma le loro fabbri-
che non cominciarono ad alzare superba la fronte ,
che quando i Senatori diventarono sudditi d' un solo .
Ella non ignora le bassezze , che questo vigliacco
Re fece per cattivarsi la grazia del Senato , e che
troviamo riferite da Polibio , e da Livio . S' imma-
gini adunque con qual disprezzo doveva riguardarlo
in cuor suo un figliuolo dì Cornelio Scipione Asia-
tico, di cui la grandezza dell'animo non cedea, che
alla benignità •
Ella qui potrebbe domandarmi come sia possi-
bile il trovare dentro al recinto di Roma i. sepolcri
de' Cornelj òcipioni , quando , oltre alla legge , che
vietava il seppellire morti in città, noi siamo sicuri,
che essi erano fuori della porta Capena . In fatti Ci-
cerone dice nelle Tusculane : An tu egressus poHa
Capena cum Caladni , Scipionum , Serviliorum ,
Metellorum sepulcra vides ttc. Ma io le risponde-
rò , che Cicerone ha ragione , perchè a' suoi giorni la
porta Capena era all' inc;rca dove ora dividesi den-
tro Roma la via Latina dall' Appia . Augusto , o Clau-
dio furono quelli , che , dilatando il Pomerio , dopo
d' avere accresciuto 1' Impero, la slontanarono, por-
tandola ove ora è il preteso , ma bellissimo arco di
Druso sopra di cui passava un acquidotto , di cui ve-
H ni )(
desi ancora il canale , onde quella porta hagnava
sempre i passeggeri . Ecco la ragione, per cui vien
chiamata stillante , e bagnata da Giovenale , e da
Marziale . La porta Capena d' oggi , che è a pochi
passi di là da qnest' arco , io la credo fermamente
opera di Aureliano , il quale nel fare le nuove mura
di Roma non servissi dell'antica Capena vicinissima,
perchè essa non era suscettibile di queste fortifica-
zioni , che fece dai lati alla sua , e che hanno an-
cora . Roma ai tempi d' Aureliano aveva più biso-
gno di fortificazioni , che di greche o latine archi-
tetture . Che se ella mi domanda ancora da chi io
abbia imparata questa Claudiana dilatazione del re-
cinto di Roma , giacché quella d' Augusto è troppo
nota, le dirò, che la accenna Tacito nel libro XII.
degli Annali , ma molto più una bella iscrizione ,
che anticamente era in un cippo poco disi ante da
campo di fiore , e che ora credo ai Vaticano ,
iscrizione riferita dal Grillerò pag. igfi mini. 4» Ec-
co finalmente deciso il luogo dei sepolcri degli Sci-
pioni , che i nostri antiquarj fissavano in uno di que*
rimasugli sepolcrali , che sono fuori di porta s. .Se-
bastian » . Essi suppongono pure sepolcro de' Mettili
quello bellissimo di Cecilia Metella dt tto capo di bo-
ve , ma io credo , che anche in ciò s' ingannino .
Capo di bove è il sepolcro di Cecilia Metella sola ,
come lo porta la iscrizione , ed io credo , che fosse
differente, e separato da quello dei Metelli, che da
X n8 )(
lui però non dovevano essere molto distanti. Infatti
nell' interno di quella gran fabbrica non v* era luo-
go , che per il solo sarcofago di Cecilia , il quale
dicesi essere ora nel cortile del palazzo Farnese .
Eccole qui tutto ciò , che rapidamente mi è ve-
nuto in capo sulla nuova, e rara scoperta, che me-
rita d' andar dei pari con quella , che tre anni fa si
fece dei sepolcri di Livilla , e de' figliuolini di Ger-
manico , al mausoleo d' Augusto . Il Prete , a cui
per la rivoluzione de' secoli sono toccati in sorte i
sepolcri degli Scipioni , e che ora li tiene tra le sue
doti, ha più a cuore, ed ha ragione , la prossima
vendemmia della sua vigna , che le iscrizioni dei viti'
citori deli' Asia , e dell' Àfrica . Ciò non ostante spe-
ro , che permetterà agli eruditi , che senza suo data-
no vadano a lavorare in questo terreno il prossimo
novembre, ed allora le prometto mandarle le ulte-
riori scoperte , che faremo , e che mi pajono im-
mancabili . Si dovrebbe scoprire ancora il sepolcro
di Calatine, che , secondo Cicerone, doveva essere pri-
ma , e non molto lontano da questo degli Scipioni .
Intanto ella faccia qualche libazione ai Mani di Vir-
gilio , e del Sanazzaro suoi vicini , perchè proteg-
gano le nostre ricerche , tanto più che gli Scipioni
furono sempre amici delle lettere, e dei poeti.- Elia
sa , che Ennio , Terenzio , Polibio erano loro clien-
ti , e che al dir di Cicerone questo medesimo Lucio
Scipione, di cui ella ha letta l'iscrizione, tenea in casa
)( H9 )(
fino C. Gallo astronomo , per avere il piacere , che
gli predicesse le ecclissi del sole , e della luna . Oh
quanto questi grandi luminari della Repubblica avreb-
bero amato lei , gentilissimo sig. Duca , se per no--
stra disgrazia ella avesse vissuto piuttosto ai loro gior-
ni , che ai nostri !
Roma li 3© maggio 1780»
Lettera confidenziale delV antologìa alle
Effemeridi letterarie di Roma .
JL U dovresti esserti accorta , sorella mia cara , che
da qualche tempo non ti mostro più quel lieto vol-
to, che indicava ad ognuno la stretta amicizia, che
sino dal mio nascere ci rese oggetto dell' invidia di
tutti i nostri confratelli , o rivali d' Italia . Giusto è
dunque lo svelartene la cagione , giacché tu non hai
avuta finora 1' amichevole confidenza di domandar-
mela . Tu non sei più tanto veritiera come fosti quan-
do venisti a Roma , e sei diventata una bella co-
cketta , perchè fai buon viso a tutti , ed accogli con
lusinghiero sorriso , e con lodi i meritevoli , e gli
immeritevoli . Questo vizio passa per le giovani , ma
tu non sei più tale , giacché giri per 1' Europa da
varj anni. O finiscasi la nostra unione, o cangia di
metodo , perchè io non voglio essere presa più per
tua complice . So che mi dirai non esser tu sempre
in libertà di parlare a modo tuo ; te lo accordo ,
ma taci piuttosto che lodare chi non lo merita , e
sopra tutto non far mai uso degli articoli , che ti
sono mandati , come so che alle volte hai fatto for-
se per una certa compiacenza y ma con nostro dan-
)( "I )(
no . Potrei citarti molti esempi , ma mi limiterò ad
un solo , perchè è uno de' più recenti , benché non
sia il peggiore . Che diamene hai tu detto ultimamen-
te a proposito del Socrate del sig. abate Antonino
G ? Egli è certamente un ottimo galantuomo, ma
non mi pare buon Poeta drammatico come lo hai
fatto comparire . Io sospetto , che qui pure qualcu-
no abbia sorpresa la bontà del tuo naturale, dandoti
quell' infelice articolo . Perchè io non passi presso di
te per mala lingua , osserva meco solamente la prima
scena di quest' opera , che senza dubbio è la men
cattiva di tutto il libro , e poi non arrossire se ti dà
V animo . 11 dialogo è tra Melito sommo sacerdote
marito di Menippe , e tra Argene nobil donzella fi-
glia di Lachete Arconte Ateniese , e scolara di So-
crate , della qual Argene il sacerdote è fieramente
innamorato . La scena è nel gabinetto di Argene .
Mei. Bella Argene , siam soli .
Arg. E ben ?
Mei. Deh soffri ,
Soffri , che un bacio imprima
Sulla candida man .
Ringraziamo il cielo , che la cosa è andata a
finire in un bacio , perchè ti confesso , che le pri -
me parole mi avevano un poco allarmato .
Arg. Tu pur vaneggi;
Melito, in te rispetto
lì sommo sacerdote . A te contiene
)( 122 X
QuelP atto riverente,
Che irragionevolmente offri ad Argehe .
Locchè in linguaggio corrente vuol dire : sig,
Melito , sta a me ? e non a te il baciar la mano *
Che bel contrasto di divozione , e d' amore !
Mei. Dell' Arconte figliuola
Meriti il mio rispetto ,
Meriti V amor mio .
Buon per Argene, che è figliuola dell' Arcon-
te , perchè altrimenti le mancava di rispetto . A dir
il vero il complimento non è galante . Ma qui il sig.
Melito subito si corregge , e si spiega :
Quando son teca obblio quasi a un istante
Il mio grado , me stesso , e pia non vedo
Il sacerdote in me , veggo V amanti .
L' azione diventa furiosamente calda .
Arg. ( Oh Dio ! che sento mai ? )
Melito f ahi tu deliri :
Rammentati chi sti ,
Hammentati chi son : la voglia rea
Che nella mente hai Jìssa ,
Il chiaro sol di tua ragione ecclissa .
Se al sig. abate G mi qualche curioso, o
impertinente domandasse in che consista la voglia
rea del sig. Melito , che risponderebbe ?
Mei. E che ? forse ragione
No.-n insegna ad amar ?
)( **3 )(
Ricordatevi , sig. Melito , che avete moglie ,
che siete sacerdote , e che la ragione non insegna
d' andare ne' gabinetti segreti delle onorate donzelle
a spacciar queste massime , ed a tendere loro insidie .
V1 è forse al mondo
Chi non arda d' amore ?
1 numi , i numi i stessi
Furpn preda d' amor . La bella Dea
Che ora splende tra gli astri ,
Quando fra noi vivea .......
Arg. Taci , che tutta
La storia io so di quella donna impura*
Ma casta , e bella Argene , direi io Antologìa ,
chi vi ha insegnata questa brutta storia ? La vostra
mamma ? Socrate il vostro maestro ? no certo1*. Eh
via ! vergognatevi di saper queste sudicerie , o almeno
fate finta di non saperle come fanno sempre le scal-
tre fanciulle .
Mei. Venere impura appelli ? Ecco quai sono
Le arcane , le divine
Socratiche dottrine ! Eterni Dei,
Che mi fate ascoltar ! Questi è il maestro 9
A cui va dietro Atene ?
Misera gioventù ! misera Argene !
Arg
No , ragion non condanna
Un legittimo amor) ma non approva ,
Come approvò Licurgo ,
X 1*4 )(
ti desìo di taluni ,
Che vorrebber le donne all' uova comuni»
Una donzella , che sa la storia della donna im-
pura , non potea parlare diversamente , e qui il sig,
Ab. G ha ragione . Che beli' educazione davano gli
Arconti Ateniesi alle loro figliuole ! Che bei senti-
menti ! Che disinvoltura ! Ma stiamo attenti alla in-
nocente Argene :
Menippe, a cui ti strinse
Il nodo maritai, Menippe deve
Le tue voglie appagar ; se ingordo ancora ,
Ancor pago non sei ,
Va da colei , che lusinghiera in viso
Vende pubblicamente i vezzi , e il riso .
f^h ! via, sorella mia cara, calisi il sipario di
questo indecente teatro da te encomiato , o si tra-
sporti alle Vaschette, o in Trastevere, che io pove-
ra , ma onorata Antologìa , benché non sia ne ver-
ginella . ne figlia d'un Arconte, non posso più sentir
queste cose . Impara , Efemer'de mia , a non fidarti
di chi ti fa P amico , e ti tradisce . Impara a non
fidarti de' libri quantunque stampati colle dovute cau-
tele e sotto i tuoi oc hi . $ii più cauta in avvenire,
se no m' aspetterai in vano a tenerti compagnia
quel sabbato , che una volta era giorno sì lieto per
me, e ora mi fa sempre tremare. A certi poeta-
stri , che alle volte vai lodando quasi che non fosse
)( "5 )(
abbastanza profanato il Parnaso Romano , dirai quello
di Boileau :
Pourquoì rìècrit-il pas en prose F
Che se pur volevi lodare il sig. abate G...., po-
tevi far piuttosto vedere a' tuoi leggitori la prodigio-
sa facilità , che egli ha a scrivere in versi , pregio
che bisogna pure accordargli . Avresti potuto mostra-
re , che sino nella dedica , che egli ha fatto in pro-
sa del suo Socrate ad una rispettabile dama , alla
quale io domanderei perdono di queste mie riflessio-
ni , se credessi , che dovesse vederle , benché non
possano offenderla , avresti , dico , potuto rilevare
questa sua inimitabili prosa armonica , per esempio :
Volesse il culo
Che il nome stesso
In lui giugnesse
A trasfondere
Il chiaro lume
Che in lei ridonda
Da' suoi grand' avi,
O almen que' vezzi ,
Ch'ella ebbe in dono
Dalla natura .
Ma non essendo
Ciò da sperarsi,
Io lo commetto ec. ec.
Ed avresti potuto dare al prosatore Poeta la
bella lode , che dà a sestesso Ovidio :
)( 12* X
Sponte sua nurneros Carmen veniebat ad apios ;
Et auod tentàbam dicere , versus erat .
E questa è la ricompensa, che conviene all'an-
fore dell' Ambasciata , e dei Tempio della Follìa .
Il sig. abate G ha gran doni dalla natura, e su
questi puoi lodarlo , ma non sui drammi , mestiere
troppo incanto dai nostro gran Metastasio . Orsù , fi-
niscasi , cara sorella , questo pettegoleggiare , ed e-
mendati , se vuoi , che duri la nostra consorterìa .
Dammi la mano , e andiamo a sentire per Roma ,
secondo il solito , i lamenti degli Aristarchi .
Dalla stamperìa di Giovanni Zempel li 17
giugno 1780.
iJ ANTOLOGIA.
Risposta delle Effemeridi letterarie di
Ro?na alla lettera confidenziale del-
l'antologìa .
Jljgli è un beli' ardire il tuo di trovare a ridire
nella condotta della tua sorella maggiore , e di una
sorella , a cui tanto devi é Tu dovresti ben ricordar-
ti , Antologìa , che tu crescesti alla mia ombra , che
io fui quella , che ti produssi , e ti feci conoscere
nel mondo letterario, e che tu, malgrado le tue pre-
tensioni , ed i tuoi sforzi , non potesti mai giugnere
a farti quel nome , né a riscuotere quegli applausi ,
che io acquistai fin da principio , e che spero dà
conservar lungamente . Io voglio però perdonarti que-
sto tuo giovanile trascorso , e voglio esser persuasa t
che tu ti sei fatta trasportare dal puro zelo de' no-
stri comuni vantaggi , e deli' onore di nostra casa ,
ìh vero che trovando tu in me qualche cosa di ri-
prensibile , e credendo di dovermene assolutamente
avvertire , avresti potuto farlo a quattro occhi , sen-
za far strepito , e divertire il pubblico a nostre spe-
se . Ma lungi dal rampognarti su di questo , io ti
vo' anzi ringraziare , perchè tu mi apristi così il cam*
pò a poter render conto al pubblico del mio ope-
rato .
X i*8 )(
Questo pubblico , questa beli uà multorum ca-
pitimi è ben difficile a contentare . Esce appena un
libro alla luce , che , buono , mediocre , o cattivo ,
eh' ei sia, viene innalzato alle stelle da una metà de'
lettori , e Incerato senza compassione dall' altra . Sa-
rebbe difficile impresa il citarne un solo , a cui sia
riuscito di riunir tutti i voti . Quinci è , che gli uni
con impegno te lo raccomandano , e gli altri con
non minor calore vogliono , che lo condanni alle
fiamme . Che fare in queste circostanze ? Per il quieto
vivere , e per iscansare le brighe , ti convien pure
cercare , e trovar qualche mezzo termine di conten-
tar gli uni, e gli altri. Questo prudenziale stratagem-
ma ti si rende molto più necessario , allorché 1' Au-
tore sta in Roma , e che i suoi amici , e nemici ti
stanno continuamente a lato . Necessarissimo poi si
rende , allorché si tratta di poeti , poiché tu ben sai ,
che genus irritabile vatum non perdona così facil-
mente . Aggiugni a questo , che P obbligo , in cui
mi son messa di annunciare un libro di Roma in
ciascuno de' miei fogli , mi costringe a far uso an-
cora de' cattivi ; poiché spero , che tu mi accorde-
rai volentieri , non esser possibile , che escano in Ro-
ma cinquanta, e più buoni libri all' anno. Accorda-
mi che almeno la metà debbano esser mediocri , o
cattivi , e tu vedi subito , che volendone io dir fran-
camente ciò, che ne penso, mi farei venti, o trenta
capitali nemici all' anno , senza contarvi i protettori
degli
)( «9 )(
degù autori ; ciò che non sarebbe un troppo bel
guadagno certamente .
Ma tu mi dirai , che , avendomi preso P assunto
d' istruire il pubblico sul merito , o demerito de' li-
bri nuovi , deggio metter da banda tutti questi ri-
guardi , e che 1' imparziale bilancia delia verità deve
esser P unica mia guida . Bellissima massima ; mas-
sima veramente eccellente , nobile , e grande ! Ma
il fatto sta , che se se n' eccettuino le verità rileva-
te, e le geometriche , pochissime volte si ha la sorte
di sapere dove questa bella verità stia di casa . O-
gnuno vorrebbe spacciare per vero il sistema delle
proprie opinioni ; ed intanto la bella verità se ne sta
nascosta nel fondo del pozzo di Democrito , dove
anderà a cercarla chi ha più coraggio di me , che
io certamente non me la sento . Aspettando , che
ne esca , ascolta quali sono stati , e saranno sempre
i miei principi nelP estensione de' miei fogli , e quale
sarà P invariabile misura di lode, e di biasimo, che
anderò spargendo su i libri, che mi capiteranno alle
mani . Nelle scienze , purché non si urtin i sacro-
santi insegnamenti del Vangelo , e della Chiesa , o
quelle poche verità naturali , che P ostinato studio de*
Filosofi ha messo fuori di ogni dubbio , ( nel qual
caso sarò sempre implacabile , come lo sono stata
coli' autor dell' Uomo , del Purgatorio politico , con
quello del nuovo sistema fisico , e con tanti altri )
farò buon viso a tutti, e senza offender la verità, ri-
IV. 9
X i3o )(
sparmierò 1' amor proprio di tutti . Similmente nella
poesia, nell'eloquenza, e nelle materie di bella, ed
amena letteratura , purché si rispettino i fondamen-
tali principj dei buon gusto , non sarò così crudele
da escluder , come Orazio , ogni sorta di mediocri-
tà , ma seguendo piuttosto quell' altra sua più uma-
na massima :
. . . ubi fiuta nittnt, non ego paucis
Offendar macuìis .
non sarò mai avara dì quelle lodi generali , le qua-
li , mentre contentan gli autori , non fanno poi gran-
de impressione suìl* animo di chi le legge . Il letto-
re intelligente non si lascia mai ingannare da questi
elogi di convenzione , che sono , per dir così , co-
llie i complimenti nella società; ma mirando più ad-
dentro bada solo all' estratto stesso del libro , o a
qualche saggio , che gliesene presenta , per giudicar-
ne sanamente ,
Ma tu forse pretenderai , che io siami allonta-
nata da queste savie massime nel riferire il Socrate
del sig. abate Antonino G. . . . E perchè ? Perchè
quel dramma , mi dirai , è veramente scellerato , e
tu lo hai fatto passare per eccellente . Perdonami ,
Antologìa mia , se ti rispondo , che io non credo
vero né 1' uno né V altro . Non ti dirò già , che due
rinomati letterati , i quali sono al tempo stesso due
de' più celebri poeti del Romano Parnaso , nel far-
ne T approvazione , ne han detto molto maggior bé-
X i3i )(
ne di me , e che il primo di essi rispettabile egual-
mente per i suoi lumi, che per il suo impiego, non
ha avuto difficoltà di chiamare P Autore un fortu-
nato seguace della musa di Artino , vale a dire del
gran Metastasio . Ti dirò solo , che 1' Stessa sedi-
zione poetica , che gli si è mossa contro , mi prova
abbastanza , che quel disgraziato dramma debba nel
fondo valer qualche cosa . Non si parla mai tanto di
ciò , che si disprezza , o merita di essere disprez-
zato .
Ma risulta poi veramente dal mio articolo, che
il Socrate sia un capo d' opera dell' arte drammati-
ca, come tu vuoi assolutamente farmi dire? Io posso
assicurarti, che la mia intenzione è stata di dire tut-
l' altro ; e so che mi, hanno ben capito i lettori for-
niti di buon naso , e solo han menato rumore su di
quegP articoli certuni prevenuti contro P autore , fra
i quali mi dispiace di vedere ancor te , e che non
han potuto sopportare di vedere accompagnato il si-
gnor abate G. . . . neppure da una vana ombra di
lode . A buon conto egli è certo , che io ho detto ,
che il signor ab. G. ... si è ingannato nella scelta
dell' argomento . DifTatti , dopo di aver detto , che
forse potrà recar meraviglia , che un argomento , il
^uale SEMBRA A PRIMO ASPETTO così fa-
vorevole alla scena f non sia stato sinora maneg-
giato da veruno scrittore drammatico , soggiungo
immediatamente : Forse che si è temuto , E NON
)( i3* )(
SENZA FONDAMENTO, che un argomento,
quantunque grande , e sublime in se stesso , non
fosse interamente adattato alla scena . Tu vedi be-
ne , che 1' errore nella scelta del soggetto , che io
rimprovero assai chiaramente al sig. ab. G. . . , non
è un error così lieve . Un altro difetto niente meno
sostanziale io rilevo poco dopo in queir amore epi-
sodico di Argene , e di Menesseuo , dicendo con un
gran maestro della tragedia Francese , che se 1' a-
more non signoreggia sul teatro , non può in verun
conto interessare . Conchiudo poi il mio articolo,
annunciando al sig. ab. G. ... la grata nuova , che
il suo Socrate non anderà mai sul teatro, e solo per
indorargli la pillola , lo vado consolando colla lusin-
ga de' segreti applausi , che gli daranno i filosofi , e
le anime sensibili ne' lor gabinetti .
Or dimmi in grazia, sorella carissima , se ti
par che sia poco il dire di un dramma , che 1' ar-
gomento è stato scelto male , che P Autore si è stu-
diato in vano di racconciarlo , e che il teatro non
lo vedrà mai . Questo è ben altro , che far V analisi
di una scena , come hai fatto tw, con somma gra-
zia , è vero , ma un poco maliziosamente . E in quale
de' migliori drammi non si potrebbe trovare qual-
che scena da criticare ? Ma tu pretendi , che quella
prima scena del Socrate sia la men cattiva del li-
bro s e quasi vorresti dire , dopo aver terminato il
minuto processo , che le hai fatto :
)( i33 )(
,«.. Et crimine ab uno
Disce omnes .
Ma qui appunto è dove io ti trovo un poco mali-
ziosetta anzi che no , poiché tu ben sai , che fuori
di quella scena , la di cui indecenza mi saltò subito
agli occhi, egualmente che a te, non si sono sapute
rilevare , se non pochissime altre coserelle in quel
dramma .
Conchiudasi adunque , che io tanto arrossisco
degli elogi da me fatti al sig. ab. G. . . , quanto ar-
rossirei di un Servidore umilissimo , di un Bacio le
mani a V. S. , o di tale altro complimento , con
cui 1* avessi salutato , incontrandolo per la via . A
dirti il vero , vorrei ancor io poter dir ciò , che
penso un po' più apertamente ; ma torno a ripeter-
ti , che oltre la verità amo ancor la mia pace 5
e che piacerammi sempre un mezzo termine , che
possa farmi conciliar 1' una , e 1' altra . Tu hai un
bei dire , e dar consigli ; tu non t' imbarazzi di que-
sto . Una nuova esperienza, un Fenomeno , un A-
neddoto , un Premio Accademico , un Avviso Li-
brario ec. non possono offender veruno ; e chi non
ti vuol leggere, ti lascia stare. L'unico scoglio, in
cui tu puoi urtare , si è quello degli Elogi ; e di fatti
di questi tuoi Elogi non tutti si mostrano egual-
mente soddisfatti . Puoi vedere da te stessa ciò , che
recentemente ne abbia detto nelP Introduzione alla
ristampa delle sue opere un dotto, ed elegante Scrìt-
)( i34 K
tore , il sìg. ab. Saverio Bettinelli . Ma io non vo-,
glio esser la tua delatrice al pubblico , come tu Io
sei stata verso di me ; e mi farò sempre un sacro
dovere di sostenerti dappertutto con quella sincera
fraterna cordialità , con cui mi dico
Dalla stamperìa di Giovanni Zempel li ^4
giugno 1 780.
Affezionatissima Sorella
V EFEMERIDE LETTERARIA DI ROMA.
Sentenza definitiva di .Apollo sulle con-
troversie insorte neW anno scorso fra
l' Efemeride , e Politologìa .
NOI APOLLO FIGLIUOLO DI GIOVE,
E DI LATONA
Signore di Parnaso , di Aganippe , di 'Elicona ,
di Delfo , di Deh , di Cirra , di Tenedo , di
Patarea ec. , Padre delle nove Muse , Saetta-
tore del mostro Pitone , Despota di tutte le
Provincie Letterarie Cìtra , ed Ultra , Amico
de1 buoni Poeti , Nimico de Cattivi , Padrone
assoluto degli Arcadi , dei Quirini , degV In-
fecondi , de' Prolifici , dei Forti, dei Deboli,
dei Rozzi , degli Affinati , degli ardenti 9
dei Gelati, dei Grossi , dei Sottili ec, ec. ec,
XL/SSENDOCI stato riferito essere recentemente in-
sorto qualche dissapore fra le Efemeridi , e V Anto-
logìa Romana a cagione di certo turibolo , e d' in-
censi , dopo avere sentito il parere delie nostre no-
ve figliuole , nimiche anch' esse dei profumi , e quello
del loro Cancelliere , nostro amico , e leale Consi-
)( i36 )(
gliere Orazio Fiacco ,- siamo venuti in determinazione
di ordinare come di nostro pieno potere ordiniamo
ai suddetti due fogli di obbedire alle seguenti leggi
sotto pena della nostra sovrana indignazione , e d' al-
tre punizioni pecuniarie ad arbitrìum etc.
ALLE EFEMERJDI .
i. Desistano dall' impegno di mettere ostinata-
mente ogni sabbato una data di Roma , perchè non
v' è città al mondo , massime ai nostri giorni , la quale
pubblichi ogni settimana un libro degno di particolar
menzione .
i. Lascino al Crachas , o agli annali ecclesiastici di
Firenze la cura di riferire le tesi , i panegirici , le
scritture legali , i limar j , le novene ec.
3. Si lodino i libri buoni , e si disapprovino
modestamente gì* insulsi , perchè non è permesso
V ingannare nessuno , massime quelli , che onorata-
mente pagano il loro danaro per sapere la verità .
Il quieto vivere è scusa peggiore del male in un
Giornalista .
4- Dì libri poetici si parli meno , che sia pos-
sibile , essendo rarissimi i buoni . Quando però ne do-
vranno parlare , stendano gli articoli coloro , che han-
no l'anima armonica, e poetica, e così non si sce-
glieranno più per saggio i luoghi deboli , o me-
schini .
5. Sia loro permesso solamente il dissimulare i
difetti dei libri di quegli autori , che possono perse-
)( i37 )(
guitarie , purché questi non contengano cose contra-
rie al vero , ed al buon costume . Solca dire pru-
dentemente Pollione , che non bisogna mai scrivere
contro chi puh proscrivere. In quel caso abbiano
però per loro tacita discolpa la cura di mettere il
nome dell' autore *tìel libro ancora , che fosse ano-
nimo .
6. Non mettano mai gli estratti , che gli autori
alle volte mandano de' loro proprj scritti , o se li vo-
gliono mettere , avvisino , che 1' autore cortesemente
ha loro voluto risparmiare questa fatica .
7. Non diano mai 1' estratto del medesimo li-
bro due volte , massime se in uno lo lodino , e nel-
l'altro Io disapprovino .
8. Non parlare più né in bene , né in male dei
Socrate del sig. abate G. . . . , finché non si è fis-
sato in Parnaso in qual classe di poesia egli debba
essere posto . Si parli solo ad libitum del Mar
grande del nostro diletto alunno 1' abate Sperandlo ,
che abbiamo saputo essere attualmente nel buco per
uscire alla luce .
•f
9. Non rispondano mai a nessuna critica, se non
dopo averne impetrata da noi permissione in iscrit-
to . Il pubblico, e non le parti devono essere 5 gui-
dici delle dispute letterarie .
K i33 )
ALL' ANTOLOGIA ì
i. Noti riferisca più, che con molta ponderazió-
ne gli Aneddoti , che si trovano in certi libri Fran-
cesi , perchè per lo più non v' è^nienle di vero .
a. Non s' impegni mai a descrivere macchine ,
perchè non potendo corroborare la descrizione con
figure , P Antologìa allora diventa oscurissima , anzi
inintelligibile . Chi la compra Vuoi capire quello che
legge .
3. Quando gli articoli , che sono mandati , so-
no troppo lunghi , si abbrevino per amputati onera af-
fine di non anno j are chi paga i suoi quattrini per
divertirsi . L' Antologìa imiti Procuste , ma tagliando
piuttosto il troppo lungo , che stirando il troppo
corto *
4. Malgrado certe crìtiche non si ributti dal
dare di tempo in tempo gli Elogi dei letterati ben-
ché poco noti , purché il iodato lo meriti . Questi ap-
punto sono quelli , che più degli altri hanno biso-
gno d' essere conosciuti . Plinio il giovane dice , che
carminum exigua est grafia , ni si sunt optima ;
historia quoque modo scripta delectat .
5. Abbiano gran cura amendue i fogli di scri-
vere bene la lingua Italiana , e solo si perdonerà lo-
ro qualche inevitabile , o grazioso francesismo quan-
do contribuisca alla chiarezza , come si perdonano ,
)( i39 )C
anzi si lodano in Cicerone -, in Virgilio , in Orazio
tanti bellissimi grecismi .
6. Si avvertano i compositori tipografici dello
Zempel a non ardire di mettere mai in questi fogli
avressimo per avremmo , parlassimo per parlam-
mo y Jalzò per falso , lui per egli , ed altre simili
gentilezze , perchè i leggitori potrebbero ben crederle
ingiustamente barbarismi degli estensori .
Tanto comandiamo di nostro pieno potere , e
noi non siamo soliti a comandare , che per essere
obbediti .
Dalla nostra residenza li 20 luglio 1780.
APOLLO ,
Orazio Fiacco Cancelliere.
ARTICOLI
DI
VARIO GENERE.
Pitture antiche trovate nella Vigna Lau-
reti a S. Pietro in Vincola .
N<
on è sempre per le rovine , che si distruggono
gli antichi monumenti ; anzi questa volta sono elleno
state le benefiche conservatrici di molte eleganti Pit-
ture nell' antico Palazzo , o sia nelle Terme , che in
Ptoma appartenevano all' Imperiale Famiglia Flavia .
Sappiasi adunque dagli amatori delle belle Arti, che
da poco in qua si sono aperte nella Vigna Laureti
vicina a s. Pietro in Vincola alcune Camere quasi
che sotterranee, parte dipinte a figure, parte a grot-
teschi , state finora ripiene di terra, e di rottami .
Quattro sono le stanze , ove si è entrato , ma ve ne
sono dell' altre , che sono tuttavia da scoprire . La
loro figura è quadrilatera , e le volte sono a botte •
La prima ha il fondo nero , giallo lo ha la secon-
da , rosso la terza , e la quarta bianco . La pittura *
che è sopra questi fondi , orna le volte egualmente
che le pareti . Nella terza stanza vi è in mezzo ad
ima facciata un gran nicchione che non sapremmo
dire se abbia servito per qualche bagno domestico ,
o per una grande Statua , delle quali sappiamo che
questo imperiale soggiorno era ornato. Fu in un si-
)( i44 )(
miie nicchio, che due e più secoli fa si trovò in al-
tra parte di questo medesimo edilìzio il Laooconte di
Belvedere, come ce ne aveva prevenuto Plinio. La
pittura èà questo nicchione è ombreggiata qua e là
d' oro in modo assai galante , ed ha nel mezzo un
picco! riquadro con una Venerina giacente . Non
mancano in alcuni luoghi degli scudetti di stucco ,
che a guisa di leggerissimi cammei interrompono la
superficialità della pittura , dando con ciò al totale
molta vaghezza , e venustà . Fu senza dubbio da
queste stanze che Raffaele ed il suo elegante disce-
polo ornatista Giovanni da Udine presero l' idea , con
cui per comando di Leone X. ornarono i magnifici
porticati del Vaticano . Che fossero appunto queste
Camere , si deduce , primo perchè l'Architetto Brenna
che le disegna , ci ha assicurato avere trovati sui muri
varj nomi grafiti di carattere del XVI. secolo , se-
condariamente un Autore poco posteriore a Raffaele
ci -dice che in questo luogo si scopersero allora al-
cune camere piene di compartimenti , di stucchi sot-
tili , e di pitture con sì diverse bizzarrie , ed in
copia tanta, e sì bene intese , che tutta Homa vi
concorse . Lo stesso dice il Vasari nella vita di Gio-
vanni da Udine . Grotte furono dai Romani chia-
mate queste camere , e grottesco quello stile, che
nacque dalla loro imitazione . Sia detto di passaggio,
che i moderni Francesi dimenticatisi deli' origine dì
quest' espressione 1' hanno per loro cortesia , e con-
forme
(orme al solito contorta, e ridotta fino al significai©
di buffonesco . Ballo grottesco , Musica grottesca ,
Lettera , o Cena grottesca ec. si dice a Parigi quan-
do vuoisi dare un' aria di ridicolo . Varj rumori so-
no nati in quest' occasione fra gli artefici in Roma .
Dicono alcuni , che Raffaele facesse nuovamente chiu-
dere queste grotte dopo averle vedute , perchè non
si scoprisse la sorgente , da cui avea preso quel bello
stile d' ornati. Ma questo divino artefice, che ad un
sapere infinito accozzava una singolare onoratezza , non
avea bisogno di simili ignobili ripieghi per farsi va-
lere . Sarebbe stato anzi suo interesse che si vedes-
sero , perchè gli ornati del Vaticano sono infinita-
mente superiori a questi , lo che sia detto senza of-
fendere coloro , i quali non hanno occhio ammira-
tore che per le anticaglie . Altra disputa pure , cioè
se sieno esse una pertinenza delle Terme di Tito ,
o del Palazzo Flavio che da esse non era molto di-
stante. Le Terme , dicono i primi, erano frequentate
da migliaja di persone del volgo , le quali, come og-
gi giorno succede , avranno sporcato ogni muro , ogni
parete , intanto che queste ( dal danno in poi degli
anni ) sono intatte . Simili pitture minute convengo-
no più ad appartamenti nobili , che ad un edilizio
pubblicamente aperto , e frequentato dal popolo . De-
cidasi per quale delle due opinioni a lui piace il no-
stro erudito leggitore . Altri domandano donde na-
sca , che queste camere non hanno , né potevano
IV. io
)( i$6 )(
*vere alcuna finestra che ìe rischiarasse . VJ è stat®
fino taluno , il quale ha francamente asserito che gli
antichi non praticavano finestre ne' loro edifizj . Chi
crederebbe , che simili delirj potessero nascere ir*
menti sane ? Aveano finestre come noi gli antichi ,
le aveano coi vetri , o colla pietra specolare per non
essere esposti all' aria esterna , e le chiudevano collo
sportello probabilmente dì tavola quando volevano
essere all' oscuro . Pars adaperta fuit , pars altera
clausa Jenestrae , dice Ovidio . Gli antichi , come noi
miseri moderni , avevano bisogno di vederci per fare
le loro faccende. Le presenti camere, probabilmente
per un eccesso di lusso , saranno state forse destinate
soltanto ad uso notturno , e non saranno state illu-
minate che colle lucerle , delle quali si sa , che uso
grandissimo facevano gli antichi massime i più opu-
lenti . Nel giorno v' è apparenza che avranno abita-
to nelle parti superiori de' loro edifizi , et in con-
clavi lucido * come dice Celso . Oggidì le persone co-
mode hanno appartamenti da estate e da inverno ;
chi sa se i Magnati antichi non avevano apparta-
menti per la notte, ed altri pel giorno ? Potrebbe
dire taluno , che appunto queste camere erano oscu-
re , perchè destinate a' Bagni , e quindi far uso di
quel passo di Seneca, ove dice, che il piccol bagno
di Scipione nella sua villa di Literno era oscuro :
Balneolum angustimi tenrbricosum ; ex consuetudine
antiqua non videbatur majoribus nostris caldum nisi
H 47 >(
obscarurn . Ma notisi che Seneca sembra dire avi f
che questa oscurità non era più in uso ne' bagni ai
suo tempo , e che colà non si tratta di Terme pub-
bliche , ma di un piccolo bagno domestico e perso-
nale . Dopo queste riflessioni creda anche in ciò il
nostro 1 ettore quello che più gli aggrada . Le pit-
ture , delle quali abbiamo parlato , consistono in com-
partimenti ornati di colonnette , d' uccelli , di mean-
dri , di piccoli riquadri a figurine , ma il tutto di uq.
disegno meschino , e dì una esecuzione , che di po-
co passa il mediocre . Nella volta della terza came-
ra vi è nel mezzo un gran riquadro con pittura a fi-
gure rappresentante un giovane Bacco circondato da
varie Ninfe , le quali, se le copie che ci hanno mo-
strate , sono fedeli , non pajono mancare di venustà :
dico le copie, perchè l'originale è troppo oscuro per
poterlo esaminare con esattezza , ne si può goder
tutto in un colpo d' occhio . Prima di finire questo
articolo siaci lecito il far qui una riflessione forse non
venuta in mente a tutti . Noi siamo persuasi , che
gli antichi non lasciavano mai vermi muro nudo co-
me oggidì si costuma . Ove non gì' incrostavano di
marmi , o di stucchi , li dipìngevano , Dipinti sono i
muri esterni del Teatro di Ercolano , dipinte dentro
e fuori tutte le case , e dipinte fino le porte della
città di Pompei . Vestigi di pittura si vedono tuttavia
nella porta della distrutta città di Pesto o sia Possj-
donia nella Lucania da noi minutamente esaminata »
)( i48 )(
Non è gran tempo che si è fatto scoprire una parte
delle atterrate carceri del Circo di Caracalla sulla
Via Appia , e vi si videro segni di pittura , come
manifesti si vedono nella volta della gran porla del
Circo medesimo . Dipinte erano fino le camere mor-
tuarie de' sepolcri ; in somma tutte le antichità , nelle
quali conservasi V intonaco, conservano anche vestigi
di pittura . Un certo sig. Miri Mercante di quadri
è quegli , che ha intrapresa la lodevole fatica di pub-
blicare le pitture di queste camere in rami colorati .
Ha data la cura di disegnarle all' Architetto Vincen-
zo Brenna , e quella d* inciderle al sig. Marco Car-
loni noto per altri simili rami , coi quali sono già
pubblicate dieci antiche volte sotterranee . L' intra-
presa certamente non può essere che utile , e dilet-
tevole , ma sul luogo ' abbiamo veduto che il dise-
gnatore supplisce di sua invenzione a ciò che il tem-
po ha scrostato , o cancellato . Sarebbe desiderabile ,
che 1' Editore avvisasse quali sieno i supplementi mo-
derni per soddisfazione degli amatori della bella an-
tichità . In ogni caso lo faremo noi francamente quan-
do F opera sarà uscita , e che ne renderemo conto
al Pubblico nelle Efemeridi , o neh" Antologia . Non
ha permesso Apollo che al dotto Vannier di supplire
con maestà antica ai versi che incompleti avea la-
sciati nella sua Eneide il gran Virgilio ,
R@paai
Pezzi varj d'Antichità ritrovati in Francia.
Oe mai taluno de' nostri leggitori si lagnasse , che
per noi nelP Antologìa non diasi conto , e raggua-
glio di molte belle cose antiche , le quali in Roma ,
e ne' suoi contorni alla giornata ne* varj scavi si di-
sotterrano , abbia un po' di pazienza, e ci permetta
qualche maggior dilazione , e precauzione ; e poi si
assicuri , che non mancheremo di arricchire il nostra
foglio di cotali curiosi articoli interessantissimi . Ora
intanto gradiscano essi , che annunziamo loro , che
sendosi spaccato il terreno fra iS. Paolo tre Castel*
li. e Claussaje in Francia per una scossa di terre-
moto li 16 Gennajo del 1773 , trovati furono nello
scavare in giro due pezzi nobili di antichità , i quali
ora esposti si vedono a Parigi presso il Libra jo Ruaulfc»
11 primo di cotesti pezzi gli è una statua di pollici
18 di altezza , di candidissimo , e purgatissimo ala-»
bastro, la quale a prima vista pare che rappresenti
una Venere poco dissomigliante da quella , che am-
mirasi nella galleria di Firenze ; ma un cocodrillo ,
che giace appiè del sasso 9 a cui si appoggia la sta-
)( i5o )(
fc>aa , giustamente fa concepire altra idea . La testa
•della statua è ornata -di diadema ; la posizione ed il
sentimento 5 che ne risulta, è di persona mesta, che
soffre , il che potrebbe confermare il sospette di al-
cuni e dell' egregio Scultore M. Gaillard , che qui
fosse rappresentata la sfortunata Cleopatra sotto l'em-
blema di una Venere . Il sig. Calvet antiquario di
molto merito , P ha battezzata per una Rodope ;
noi ne aspettiamo il rame con impazienza . Il se-
condo pezzo egli è un vaso del Giappone antichis-
simo » i cui caratteri sono ben conservati .
as
Piramidi d' Egitto ; r
J_JE Piramidi di Egitto , eccettuati alcuni pochi
monumenti del Nord , sono le opere deli' arte umana
le più vaste , le più considerabili , e le più sorprendenti .
Elleno sono state sovente visitate, e descritte, ma offrono
sempre nuova materia di riflessione . Sepolture , mo-
numenti , tempj ? abitazioni , geroglifici , magazzeni ,
tesori , osservatoj , gnomoni , fortezze , argini ; tutti
questi usi i viaggiatori , e gli antiquari hanno asse-
gnati a codeste moli immense . Gli antichi scrittori
tutti sonosi fermati nella prima di queste idee , egli-
no hanno considerato le Piramidi come altrettante
tombe dei Faraoni, e questo sentimento è stato adot-
tato dagli Arabi ; ed in fatti oltre essere il più na~
turale , è anche meno esposto alle difficoltà . Non
s' incontrano minori ostacoli nel fissare la maniera ,
onde queste Piramidi sono state costruite . Sono el-
leno di una «stensione così vasta, di un' altezza cosi
straordinaria , che la immaginazione nostra difficil-
mente può concepire quello, che seppero quegli ar«
tichi eseguire * Come si sono potute caricare masse
di pietre così enormi , come elevarle a tanta altez-
za , alla quale innalzanti questi monumenti della gran*
dezza Egiziana? Questo è un problema, che si pre-r
)( ite )(
senta alia prima a chiunque abbia gettato uno sguar-
do fuggitivo su queste piramidi . Moltissime sono
state le spiegazioni di questo straordinario fenomeno
dell' arte . Il console Maillet nella sua descrizione
dell' Egitto , in cui ha procurato di mettere in ordi-
ne tutti i racconti arabici su questo soggetto , e di
formarne un sistema , ha somministrata la idea pia
semplice del meccanismo , con cui si sono potuti inal-
zare questi monumenti . Pretende egli che la faccia
esterna delle piramidi non fu fabbricata, come costu-
masi nelle piramidi moderne , soprapponendo gra-
datamente un suolo all' altro , quasi in forma di
scala , ma bensì fu immediatamente inalzata in linea
diritta dal suolo sino alla sommità, e che in seguito
le pietre interne sono state applicate lateralmente ,
e per sbieco , onde si è potuto facilmente spingere
quelle , che andavano situate in alto .
Il Greaves nella sua P *ir -amido grafia ha tenuta
una diversa opinione . Questo Antiquario è d' idea .
cjie durante la costruzione delle piramidi mantene-
é vasi una apertura orizzontale , nella quale introduce-
vansi le pietre , come si fa dei pezzi di marmo nel
lavoro delle miniere ; quindi per mezzo di carruc-
cole , di cunei , e di leve spingevansi le pietre in-
trodotte verso quelle parti , alle quali erano desti-
nate . In questa operazione non si ritrova impossi-
bilità assoluta ; forse anco quegli antichi avevano
bastante cognizione <lella Meccanica pratica per ese-
)( i53 X
guirla . Ma una difficoltà non sì può spiegare in
questo sistema . Imperciocché , fabbricata la pirami-
de , come si sarebbe potuta colmare l' apertura , e
fare sparire tutti i segni di questa operazione , che
non sonosi ritrovati in alcuno di questi edilìzi?
Queste sono le opinioni dei moderni Antiqua-
ri , ì quali hanno parlato in seguito dei loro siste-
mi . Ma Erodoto , Diodoro e Plinio , i quali era-
no forse più in grado di sapere la verità , hanno
date idee diverse di questa operazione , quantunque
neppure essi siano di accordo. Erodoto è quello,
che racconta essere state le piramidi fabbricate a
gradi , e che per inaiare le pietre servironsi gli
Egiziani di macchine , delle quali non ne dice né
come fossero costruite , né se fossero fissate a cia-
scun grado , oppure si trasportassero da uno all' al-
tro . Il sig. Goguet nel celebre Trattato della ori'
gine delle Scienze, e delle Arti ha procurato d'im-
maginare queste macchine , e di darne la figura ,
che rassomiglia a quella macchina , che chiamasi
Grue . Il sig. Pownall in una dotta sua Disserta-
zione sopra un Monumento sepolcrale d' Irlanda
assai simile alle Piramidi di Egitto ha proposto uh'
altra macchina, il principale istrumento della quale
è il Cuneo , che serve a sollevare le pietre per
gettarle in seguito in una specie di spirale ? che
serve a facilitarne 1' avanzamento .
Diodoro , ' e Plinio hanno indicata una maniera
)( x*4 X
differente , con cui si sono potute sollevare queste
Moli. Si facevano, secondo essi, delle Scarpe simili
a quelle delle Fortezze , e si conducevano sopra a
queste le pietre a forza di braccia, o con 1' ajuto
cK qualche strumento . Quale immenso lavoro per
fabbricare queste Scarpe ? Ma si può rispondere ,
che la difficoltà della esecuzione non era in quei
tempi un ostacolo , come noi ce Io supponiamo .
Tutti i soccorsi necessarj non dipendevano che dal
cenno di quei Sovrani potentissimi , i quali erano
impegnati nella costruzione di questi monumenti .
Queste sono state le opinioni principali dei mo-
derni , e degli antichi . Il sig. Meister in una memo-
ria letta ultimamente in una Assemblea della So-
cietà Reale delle Scienze di Gottinga, la quale non
ha veduta la luce, propone molte sue bellissime ri-
flessioni sopra questo argomento . La sua princi-
pale cura è di conciliare i sentimenti degli antichi
con quei dei moderni . Combina egli , e riunisce
tutto ciò , che nelle esposizioni di Erodoto , e di
Diodoro avvi di compatibile con le macchine im-
maginate dai moderni . Egli adotta in particolare la
idea delle Scarpe ; ma avvedutamente le cangia in
Jstrade simili a quelle intagliate sul vivo delle mon-
tagne , le quali a forma di spirale vanno girando
intorno . E per dare all' aggetto dei gradi , e di
queste strade spirali la convenevole larghezza, sup-
pone , che molte nel medesimo sito venivano a ter-
minare , e riunivano nei luoghi , nei quali dovevano
)( i55 )(
passare le piò grosse pietre . Con questo sistema
rende facilmente ragione di tatto il difficile mecca-
nismo di queste fabbriche senza avere bisogno di ri-
correre ad istrumenti gran fatto complicati .
A questa opinione del signor Meister se ne può
aggiungere anche un' altra , che non esiste' in alcu-
na opera. Forse le Piramidi egualmente che la Sfin-
ge, e la Statua immensa di Meninone erano delle
Torri tagliate nello scoglio vivo , le quali lasciavansi
nel luogo medesimo , ove aveale poste la natura con
le modificazioni aggiunte dall' arte . Questa conget-
tura riguardo alla seconda Piramide di Egitto , è ba-
stantemente sicura ; anche al presente si vede , che
lo spazio libero , che dai tre lati la circonda , è ope-
ra dell' arte . D' altra parte ancora questa opinione
può incontrare difficoltà gravissime per riguardo par-
ticolarmente alla incrostazione interna dei marmi di
grandezza prodigiosa ; e poi con essa non si spiega
la costruzione delle piramidi fabbricate di creta , e
di cementi , delle quali una sicuramente egualmente
grande , che quelle di pietra , ne esiste . Pare adun-
que , che si possa assolutamente tra tutti i sistemi
possibili dare il vanto a quello del sig. Meister ? il
quale , quantunque richieda forze superiori a quelle
che noi possiamo immaginare non può sembrare,-
straordinario a chi conosca le forze di quei tempi ,
nei quali sonosi inalzati i monumenti di Babilonia ,
le Piramidi dell' Egitto ? e lo Stone-Henghe ài
Scozia .
Storia , e costumi degli abitanti
della Scozia .
N,
EL viaggio fatto ultimamente in Iscozia , e nelle
isole Ebride da M. Pennant vi è una relazione dei
costumi degli abitatori della Scozia , la quale merita
di essere veramente esaminata . Non vi ha esempio
di alcun paese , il quale abbia provato un cangia-
mento così repentino di costumi , come quello , che
si vede in poco tempo succeduto nella vasta esten-
sione , che separa Arnisdaie , e Lochnaes in Iseo-
zia. Si è sparsa la coltura, e F incivilimento da tut-
te le parti in tanto che trenta anni addietro tutto
questo paese non era , che un asilo di ladri della
più rara specie. L' arte del rubare era presso loro
ridotta ad un sistema regolare , ed una politica la
più fina, e la più destra li dirigeva nelle loro escur-
sioni , e nelle loro prede . Lungi dal considerare que-
sti delitti come una violazione delie leggi della na-
tura , eglino li riguardavano come imprese gloriose ,
che la loro situazione , ed i loro bisogni rendevano
necessarie ; e quando essi formavano i loro com-
plotti per qualche spedizione contro i loro vicini ,
imploravano F ajuto del Cielo con un fervore , ed
una compunzione di cuore, come se si fossero ac-
cinti alla più religiosa , ed alia più virtuosa azione .
)( i57 )C
Questa era la forinola della preghiera , che recita-
vano unitamente in Coro colla più tenera devozione,
ailor quando si preparavano a depredare , e ad as-
sassinare i loro prossimi , ed i loro vicini : Signore ,
mettete sossopra la terra, acciocché i vostri Cristiani
passino trovare del pane : Così essi avevano tradotta
la seconda parte del Pater noster . Erano per al-
tro eglino religiosissimi nei loro giuramenti . Ma in
una truppa sì fatta di banditi guidati non dalla re-
ligione , ma dalla superstizione capricciosa , ciascu-
no si formava un oggetto particolare di culto .
Quegli , giurando sul suo Dirk , temeva i più terribili
castighi dal Cielo , quando non si sarebbe fatto al-
cuno scrupolo di spergiurare sulle sacre carte ; l'al-
tro giurava per il suo Signore ; un terzo per il Cro-
cifisso , ec. Bisognava in somma conoscere in par-
ticolare P oggetto della venerazione di ciascuno in-
dividuo per potersi fidare dei loro giuramenti .
U ospitalità era presso questi ladri in grandis-
simo pregio , ed in questo rassomigliavansi esatta-
mente agli Arabi erranti . Si facevano un punto di
onore , e di religione nel trattare i loro ospiti , da
qualunque parte del Mondo venissero, con la più
grande umanità senza tradire giammai la fiducia di
chi presso loro si ritirava. Ne sia testimonio il se-
guente fatto . Quando il figlio di Giacomo III. an-
dò in Iscozia due celebri ladri chiamati Kennecdj
lo presero sotto la loro protezione , e quantunque
a X J-58 )(
la testa del loro ospite fosse messa ad un prezza
strabocchevolissimo, non ostante gli furono sempre fe-
deli, esponendosi ancora per lui ai più grandi perico-
li . Spesse volte si esposero a rubare per procurare
al loro protetto la sussistenza , ed in una occasione ,
in cui egli abbisognava di biancheria, si ardirono di
togliere il Bagaglio ad un OfEziale maggiore , e
spesse volte ebbero 1' ardire di andare in mezzo ai
nemici travestiti alla città d' Inverness per comprar-
gli le previsioni . Non ostante poco tempo dopo uno
di questi così fedeli , e così valorosi Campioni ,
che aveva avuto il coraggio di resistere alla tenta-
zione di un tradinient® , che gli sarebbe valuto
trenta mila lire sterline , ossia cento venti mila scudi ,
fu impiccato per il furto di una Vacca , che poteva
costare una ventina di scudi . Chi può spiegare r in-
costanza de^li uomini nelle loro massime , e nei lo-
ro capricci ?
Questi ladri formavano società , avevano capi ,
giudici , leggi . Il più gran delitto tra loro era di
mancarsi reciprocamente di fede . Il reo era giudica-
to sul fatto , ed un tale delitto non gli costava me-
no che la perdita della testa . I loro giudizj civili
avevano una forma mollo esecutiva . Se il debitore
non pagava , era lecito al creditore di rubargli tanti
capi di bestiami ( queste erano le loro possessioni),
che avessero agguagliato il credito , purché ne dasse
P a^eg\ia con promessa di restituirgli quando fosse
■-seguito il pagamento . Queste società di ladri , che
)( i'59 )(
infestavano la Scozia, sì rendevano formidabili a
tutta la Provincia , ed anche a tutto il regno .
Nel secolo passato tra questi corsari di terra vi
fu un certo Ewin Gameron, il quale ebbe P ar-
dire di resistere lungamente al potere di Crom-
wel . Mac Gregor , che fu chiamato il re de' ladri ,
fece prodezze grandissime . 11 duca di Montrosa era
per disgrazia suo vicino . Per quanto si adoperasse
presso la corte non potè giammai impedire le vio-
lenze di questo ladro . Egli per risparmiare ai duca
la pena di riscuotere le sue entrate , le esigeva per
forza dai di lui debitori , e se le appropriava . Per
altro aveva dei grandi protettori , ai quali giovava
molto lo spirito intraprendente , ed ardito di costui ,
Egli faceasi chiamale il difensore delle vedove , e
degli orfani . L' ultimo che si distinse tra questi eroi ,
fu il famoso Barisoal , perfezionò egli la sua arte ,
e V arricchì di nuove invenzioni . Mentre non vivea
di altro, che di prede tolte ai vicini, era così ripieno
di stima per se stesso , che voleva essere chiamato
il benefattore del genere umano , ed il conservato-
te della pubblica tranquillità . Aveva fatto scrivere
sulla lama della sua spada per divisa questi versi di
Virgilio :
TIce tibi erunt artes pacis componere mores .
Parcere subjectis , et debellare superbos .
Egli poteva avere diritto a questo titolo quanto ne
aveva un Cesare , un Alessandro Magno , un Car-
Storia di un Selvaggio ritrovato nelle
vicinanze d'^4sti in Piemonte .
Ol divertivano a caccia nelle vicinanze della Città
d' Asti in Piemonte due particolari , e scorgendo fra
la macchie una specie di animale , che strascinavasi
su quattro gambe , senza ben distinguerne la figura ,
e la forma , già preparavansi a scaricarci sopra lo
schioppo . Uno de' due l' osservò meglio , e egli
parve di ravvisare non so che di umana forma: te
cenno al compagno , si accostarono con precauzio-
ne , e trovarono , eh' era un maschio di spezie uma-
na dell' età m circa di dodici anni . Questi non die-
de segno di timore , non fece ninna resistenza quan-
do il vollero i cacciatori prendere per la mano , e si
lasciò tranquillamente condurre a Cunico , villaggio
del Monferrato, poco da que' contorni lontano. Co-
testo avvenimento fece strepito , e se ne sparse la
nuova per que' paesi, e dopo un qualche spazio di
tempo comparve in Cunico una donna , la quale ,
come suo figlio , reclamò , e chiedette quel giova -
ne: disse, che nel 1762, partorito avendo un fi-
glio maschio , lo consegnò ad una povera donna , la
quale in que' contorni smarritolo non ne seppe mai
più
)( 161 )(
mò. novella : esaminando V incognito ritrovato prete-
se la madre di ravvisare in esso alcuni segni da lei
notati , e giuridicamente provati , e dopo lungo esa-
me , ottenne , che gli fosse ridonato il suo figlio .
Cotesto selvaggio nostrale , s' è avvezzato a gran pe-
na a reggersi su due piedi ritto , come noi , ed a
stento s' è avvezzato a' cibi , che noi usiamo . Appe-
na vede erba , che vi si butta con avidità incredibi-
le , e se la mangia mista colla terra con sommo
gusto : resiste il medico , il quale ne ha cura , ma
pena assai a distornelo . Era ne' primi mesi piuttosto
feroce, ma ora si è ammansato, e permette, che
sia coperta la nudità de' suoi membri , che sono pe-
losi assai , induriti , e coperti di una cute assai resi-
stenle . Costui sarà robustissimo , e temperato ad ogni
intemperie . Dio volesse, che nell' infanzia fossimo
meno coperti , meno dilicatamente guardati , esposti
nudi al sole , al freddo , all' aria aperta , avvezzati
a bagnarci nell' acqua fredda , a correre , a rotolar-
ci , ed agli esercizi atletici , e ginnastici nella gioven-
tù ! ma questi sono inutili desideri. Egli è vero pe-
rò , che gli Oltramontani , massime verso il Nord ,
non disprezzano coleste utili massime di fisica edu-
cazione . Tornando al nostro selvaggio , ora gli s' in-
segna a parlare , ed a vivere : sarà curiosa cosa , e
degna osservazione di un filosofo lo esaminare , e il
sapere , quali erano le idee , che fra le selve lo OC"
IV. ii
)( i6* )(
capavano, cosa pensava , è qual era la vita sua in-
feriore . Desideriamo , che codesta interessante re-
lazione ci venga fatta da imo spregiudicato filosofo,
e che sia più sincera di quella , che fu fatta del sel-
vaggio di Charires , e di quello di Hannover ,
Sopra V inoculazione del Va/' nolo
J-JVIGI XV. è il solo Re di Francia , che sia morto
di Vajuolo . Egli è il solo sopra dieci mila persone ,
che abbia avuto questa malattia due volte , giacché
tutti ci assicurano , che 1' aveva avuta all' età di i4
anni .
È egualmente strano , che questo veleno abbia
appunto scelto lui in mezzo alla sua numerosa Corte
per farlo perire all' età di 64 anni e in tempo, in
cui non correva questo male né nel palazzo né nella
Città di Versailles.
Ecco tre fatalità ben singolari . Una quarta na-
sce dal modo , con <)ui vuoisi , che gli fosse comuni-
cato . Si pretende , che essendo alia caccia incon-
trasse un morto , che portavasi a seppellire . S' ac-
costò per curiosità alla bara , ed avendo domandato
chi fosse, gli fu risposto essere una giovinetta morta
di Vajuolo . Un tal incontro non parve avergli ca-
gionata veruna impressione , ma da quel momento
fu cosa notabile , che s' ingiallì di colore . Due giorni
dopo Mons, Bourdèe suo Chirurgo dentista uomo di
grand' esperienza esaminando le gengive di S, M,
)( i64 )(
trovò in esse un nuovo carattere di corruzione v. Ne
avvertì uno de' Ministri di Stato , ma 1' avvertimento
non fu curato , e poco dopo il Vajuolo si dichiarò ,
e il Re morì .
Par molto credibile , che cinquant' anni fa non
avesse avuto , che quel Vajuolo , che chiamasi Sel-
vatico , il quale non è vero Vajuolo . Il numero
delle malattie , che affliggono Y umanità, è così gran-
de , che non abbiamo abbastanza termini per indi-
carle , Pare , che i mali del corpo sieno come quelli
dell' animo , perchè nessuna delle lingue cognite ha
termini abbastanza giusti per notarne tutte le picco-
le , ma non men funeste diversità . Quello , che vi
è di certo, è, che il Vajuolo spontaneo uccide 1' uo-
mo , e che P inoculazione lo salva .
Il Duca d' Orleans diede un esempio ben sin-
golare alla famiglia Reale quando sordo ai rumori
popolari fece inoculare i suoi figliuoli . L' infante di
Parma con egual fortuna fece anch' egli la prova so-
pra V unico suo figliuolo . Il Re di Danimarca , e
dopo lui il Re di Svezia , ed i suoi fratelli sogget-
tandosi tutti all' inoculazione hanno eccitato tutto il
Nord ad imitarli . Neil' assicurare sì preziose vite
hanno conservata la sesta parte de' loro sudditi ,
L' Imperadrice Regina d' Ungheria e Y Elettrice di
Sassonia hanno fatto lo stesso benefìcio alla Germa-
nia . La Czarina di tutte le Russie avendo fatto pro-
vare sopra se stessa quel!' inoculazione, che destina-
)( i65 )(
va pel suo unico figliuolo ed erede , dopo avere sal-
vato se stessa e lui , ordinò , che percorressero tutte
le Russie i più esperti inoculatori , e conservò con
questo la vita alla quarta parte de' suoi sudditi, che
sarebbero morti per questa peste , la quale fa più
strage in quel vasto Impero , che nel resto del
mondo. Finalmente, per andare alla sorgente di que-
sti grand' esempi , la Sposa di Giorgio II. fu la pri-
ma a dare il Vajuolo artificiale ai Principi suoi figli-
uoli , e salvò la prima V Europa cristiana .
I Turchi , che pel loro sistema della prede-
stinazione , ma più ancora per la loro negligenza ,
si lasciano divorar dalla peste , fanno uso da lun-
go tempo in qua dell'inoculazione e si salvano da
quest' altra specie di contagio . I Tartari loro in-
segnarono questo metodo , che avevano imparato
dall' Indie , come 1' Indie i' avevano imparato dàlia
China .
Quando il Dottor Mead fece per la prima volta
l'esperienza dell'inoculazione in Inghilterra del 1721
€gli la tentò col metodo della China, e riuscì ma-
ravigliosamente bene .
Tutto il nostro emisfero presentemente cospira
a indebolire questo funesto veleno , che nel VII.
secolo ci fu portato dagli Arabi ; e gì' Inglesi inse-
gnano oggigiorno agli Americani come debba col-
1' inoculazione combattersi questo contagio , che j
compagni di Colombo alla fine del XV. secolo por-
)( m x
tahmo nel nuovo Mondo , e n' ebbero in contratti*
cambio un altro non meno feroce . Ecco per que-
sta nuova specie di commercio rovinato il globo
terrestre ; studiasi ora dai Filosofi , come garantirci
per quanto è possibile dall' uno , e dall' altro di
questi mali . Che concludesi da questa pittura egual-
mente vera , che terribile ? Re , e Principi , che siete
tanto necessarj a? vostri sudditi s se amate la vita sot-
tomettetevi alla inoculazione , e incoraggiteli se vo-
tele , che essi pure vivano, e vi servano.
Si dice , che all' estremità dell' occidente nel no-
stro Emisfero trovasi . un popolo situato tra P Ocea-
no , e il Mediterraneo , e che occupa all' intorno $i
otto gradi di latitudine , e nove di longitudine .
( V Autore intende ironicamente la Francia ) . Un
picciol numero d' uomini prudenti compone la parte
più seria di questa nazione . Qualora questi ebbero
scoperto , che si pensava dagli altri a porre un fre-
no al Vajuolo , i più attempati s' unirono , e parla-
rono in questi termini : Come soffriremo noi , che
i nostri pronipoti , i quali sono teste sventate , pre~
tendano di evitare una malattia , per cui i nostri
antenati sono in diritto di morire da dieci secoli
in qua ? V antichità è troppo rispettabile , e que-
ste innovazioni sono scandalose . Bisogna , che i
nostri Druidi fulminino un decre*^ sopra questo
caso di coscienza , e die noi pure emaniamo un ar-
resto giuridico contro un tanto delitto . 1 nostri
)( *67 )(
vecchi si opposero vigorosamente alla scoperta f che
alcuni Eretici avevano fatta della circolazione del
sangue ; noi abbiamo proscritto V Emetico , benché
avesse salvato il nostro penultimo Pie ; i nostri an^
fenati dichiararono pena di morte a chi pensava
diversamente da Aristotele, e trattarono di sorti-
legio Varie di stampare. Sostengasi ora la no-
stra gloria . JJ anno i4?7 i nostri antenati con-
dannarono alla morte chi, avendo contratto quel
tal male delV America , 72072 usciva in 2.1^ ore dalla
Città; condannisi ora pure alla morte chi, dopo
essersi fatto innestare il male dell' Arabia , avrà
la temerità di goder buona salute.
Un dotto Medico presentò ai Prudenti un me-
moriale per addolcire almeno quest' arresto * Dis-».
se loro , che a conto fatto in Inghilterra non erano
morte , che due persone sopra dugento mila inocu-
lati , anzi che queste due persone erano già prima
di mala salute . Ne veniva dunque di conseguenza ,
che non v' era da temere neppur 1' unità contro cento
mila . i Prudenti risposero ? che essi non s' intende-
vano d' Algebra.
Alcuni poi , che si piccavano d' essere Metafìsi-
ci , fecero un' obbiezione , la quale non valeva meglio
dell' arresto dei Prudenti . Tutto è disposto , diceva-
no essi ; tutto è preveduto , e tutto succede per le
immutabili leggi dell' autore della natura . Gii è im-
possibile che queste determinazioni possano cangiar-
)( iG8 re
si , perchè altrimenti sarebbe un assurdo, e V Esser
supremo passerebbe per incostante , o per troppo de-
bole . Ciaschedun animale , ciaschedun vegetabile rin-
chiuso nel suo germe è destinato a svilupparsi , a
crescere , ed a perire a certi istanti , istanti prede-
stinati , come sono predestinale le ecclissi nel corso
del sole , e de' pianeti . Se questi fenomeni arrivas-
sero un minuto più presto o più tardi , sarebbe un
universo differente da quello , in cui siamo . L' uo-
mo è libero , cioè 1' uomo può fare ciò che gli pia-
ce ; ma non può aver la facoltà di opporsi ai decreti
eterni del cielo . Sarebbe un opporsegli , sarebbe un
annientarli , se dipendesse da noi il prolungare per
un istante la vita , non solamente ad un uomo , ma
ancora ad un insetto . Volendo dunque noi coli' ino-
eulazion del Vajuolo prolungare la vita d' un uomo ;
non solamente tentasi cosa impossibile , ma fassi \m*
ingiuria alla providenza eterna.
Facilissimo è il distruggere quest' argomento ,
quando anche si accordi , che il suo principio sia
giusto . Tutto certamente è obbligato , tutto è dispo -
sto dall' eternità in qua . Non v' è forza umana , che
possa rompere un solo anello di questa gran cate-
na . Noi non siamo in libertà di fare un solo passo
contra i decreti immutabili . Il sommo Ente avea pre-
veduto , avea ordinato ab eterno , che nel settimo
secolo della nostra età venisse il vajuolo ad unirsi a
quegli altri molti flagelli, che fanno della nostra
)( 1% )(
terra un soggiorno di morte . Ma questo medesimo
sommo Ente aveva preveduto , che Miledi di Mon-
tagne , essendo ambasciadrice d' Inghilterra al die-
ciottesimo secolo in Costantinopoli, vedrebbe le don-
ne inoculare sulle strade , e per pochi soldi i pic-
coli fanciulli , e che questi scherzerebbero col veleno
salutare, anzi non ne sarebbero niente più incomo-
dati di quel che siasi alla loro età da un leggerissi-
mo male cutaneo .
La previdenza avea preveduto , che questa si-
gnora inoculerebbe il vajuolo al suo proprio figlio
nella capitale della Turchia ; e che al suo ritorno in
Londra persuaderebbe la principessa di Galles a fare
T inoculazione anch' essa a' suoi proprj figliuoli . La
provvidenza avea preveduto , e ordinato , che tutti
questi principi sottometterebbero se, e i loro fi-
gliuoli all' inoculazione , che salverebbero con ciò
la vita a tanti uomini , quanti forse ne hanno
fatti perire nelle battaglie . Speriamo che verrà un
tempo , in cui l'inoculazione farà parte della edu-
cazione de' figliuoli , e loro si darà il vajuolo , co-
me si levano i denti di latte ad alcuni , affinchè ab-
biano maggior libertà di spuntare i secondi .
Miledi s' ingannava , quando diceva nella tren-
tunesima delle sue lettere da Costantinopoli : Io seri-
verei ai nostri Medici di Londra, se li credessi
abbastanza generosi per sagrìpeare il loro parti-
colare interesse a quello dell'1 umanità ; ma pur
X ijo )(
troppo temo di espormi al loro pericoloso risenti"
mento , se intraprendo a diminuire gran parie del
guadagno , che a loro producono le epidemie de*
vajuoli . Forse al mìo ritorno in Inghilterra avrò
abbastanza zelo per dichiarar a costoro la guerra*
& esperienza gì ha mostrato , che i primi Me-
dici di Londra non si sono opposti alla inoculazio-
ne ; anzi il celebre Mead fu il primo , che diede il
vajuolo artifiziale agi' Inglesi , e Maitland lo diede
dappoi all' Erede della Corona „ I Medici , che se-
guirono qu< sto esempio in Europa , e che inocularo-
no tanti Principi , furono più generosamtnte ricom-
pensati , che se avessero risuscitati de' morti . Eppure
non v' è operazione più facile di questa ; anzi è me-
no pericolosa di una cavata di sangue , in cui tal-
volta si corre il rischio, d' aver punto un tendine , o
una arteria. Una donna di casa, una serva può ino-
culare un fanciullo con egual scurezza , che se ella
fosse un Chirurgo, purché il fanciullo sia sano. Con
uno scudo si può salvar la vita a tutt i bambini di
un intero villaggio . La Sovrana di Russia , dopo es-
sere stata inoculata , usciva ogni giorno a trottare ia
carrozza . Il suo gran Maestro d' Artiglieria , che
quantunque avesse avuto nella sua infanzia il vajuolo
selvatico , si era sottoposto alla medesima opera-
zione, andò il terzo giorno alla caccia . Questa
gran Signora scrisse ella medesima queste precise
parole all' Autore : non valea la pena di far tanto
)( »7» )C
rumore per una sì piccola bagattella , ed impedi-
re, che si salvi la vita al genere umano sì facil-
mente . La provvidenza avea dunque preveduto , e
ordinato , die m un Paese egualmente grande , che
tutto il resto di Europa questa Principessa fosse la
prima , che vincesse , e trionfasse di un sì ridicolo
pregiudizio , come in Francia dovea esserlo tra i
Principi Ylel sangue reale il Duca di Orleans. Era
Scritto nel gran libro del destino , che i Turchi sa-
rebbero abbastanza sciocchi per non istabiiir mai
una quarantena , donde garantirsi dalla peste ; ma
che fossero abbastanza savj per preservarsi ' da' peri-
coli dei Vajuolo . Questo stesso destino volea , che
i signori Banks , e Solander scoprissero ai giorni no-
stri un immenso paese , in cui gli uomini si man-
giano tra di loro , come noi ne' nostri paesi ci ca-
lunniamo , e perseguitiamo , con questa differenza
però , che quegli Antropofagi non credono di far
male, e con buona coscienza fanno un ottimo ar-
rosto con un lombo dì un qualche loro nemico , in-
tanto che i nostri calunniatori sanno positivamen-
te , che commettono un delitto .
In questo medesimo libro del destino era scrit-
to , che io comporrei questa memoria , e che essa
sarebbe letta da cinque , o sei oziosi , ì quali direb-
bero tutti , che ho ragione , ma che ciò nonostante
le cose resterebbero sul piede di prima *
Osservazioni sul Terremoto di Bologna
ON sembra molto desiderabile , cbe si possan ri-
peter spesso le esperienze , e le osservazioni , che i
dotti fisici bolognesi han fatto , e van tuttavia facen-
do sul terremoto . Sia pur vero quanto si voglia ,
cbe felice è colui , cbe rerum potuit conoscere caussas ,
non vi sarà certamente verun fisico cosi temerario ,
e coraggioso , cbe volesse acquistare la cognizione
delia cagione produci trice di quello spaventevoi fe-
nomeno a prezzo di proprie esperienze . Ma il peg-
gio si è , cbe quantunque non sieno state né pocbe
ne indifferenti le triste esperienze, cbe malgrado lo-
ro ne bari fatto , e tuttora ne fanno i filosofi bolo-
gnesi , ciò non ostante , lungi , cbe queste abbian ser-
vito ad illuminarli sulla vera cagione del terremoto ,
non ban fatto altro , cbe suscitar varie ipotesi , ed
accendere una filosofica guerra fra i partigiani di es-
se . Senza prendere verun partito , ci piace ora di
accennarne brevemente qualcuna ; non solo perchè
la storia delle opinioni degli uomini in qualunque
materia è per se stessa istruttiva, ma ancora per-
chè spesso è accaduto , che i nuovi pensamenti in
materie filosofiche ,, quantunque non sieno stati da
X 173 )(
principio , che ipotetici , e meramente congettura-
li , essendo però meglio coltivati sono poi saliti col
tempo al grado di evidenza , o almeno hanno aper-
ta la strada ad altre scoperte importanti .
Già si sa , che ora tutto deve essere elettrici-
smo , e che grazie ai moderni fisici il fluido elettri-
co è veramente divenuto l' anima mundi . Non so-
lo le procelle , i fulmini , la pioggia , la neve , la
gragnuola , le aurore boreali , e tutte in somma le
meteore sono effetti , secondo essi , prodotti da
quest' «efficacissimo , anzi unico, agente della natura,
ma la vegetazione ancora , la nutrizione , il moto
muscolare , tutta insomma F economia animale , e
vegetabile ne dipende interamente . Quindi è che
si è anche introdotto nella medicina , ed ognuno sa
quanti prodigi abbia il medesimo operato nelle ma-
ni di certi medici provvisti di bastante credulità od
impostura . Or ecco , che si è preteso , che la ma-
teria elettrica sia pur anche la causa efficiente de'
terremoti , e per certo , che non sarebbono questi
i più graditi presenti , che dessa potrebbe farci . Il
P. D. Michele Augusti ha combattuto coraggiosa-
mente in favore di questa opinione in due operette
da lui stampate nell' anno scorso 1' una a Firenze ,
e F altra a Bologna, e ne sembra così intimamen»
te persuaso , che nulla più . Egli vuole adunque ,
che tutte le concussioni naturali della terra sieno at-
tribuite ad un maggiore radunamento di vapore
)( i7i X
elettrico condensato nelV interno di essa , che cer~
e andò di uscire , e di risarcire il perduto equili-
brio, sforza ed urta quei corpi, che gli sono di
ostacolo , sino a che abbia trovati differenti sen-
tieri al smo fine .
Non possiamo in vero negare , eh* egli non si
mostri sommamente ingegnoso nelF applicazione ,
eh' ei fa della sua spiegazione agli ultimi terremoti
Bolognesi . Ricordatevi , die' egli , de' freddi , e
de* geli consecutivi , che dominarono senza veruna
interruzione in Bologna dopo V autunno del 1778,
e de' venti costantemente aridi , e sereni , che ten-
ner loro dietro nella primavera . Or vedete qual do-
se di particole fermentanti , e producenti coi loro
attrito un' eccessiva quantità di elettrico vapore do-
vette quindi a poco a poco accumularsi nelle vi-
scere della terra . Già si sa , che i' acqua , e i cor-
pi umettati sono potentissimi conduttori della ma-
teria elettrica , e che 1' aria asciutta per lo contra-
rio è un perfetto isolante . Non poteva adunque tro-
var via di uscire all' aria il vapore racchiuso per
mancanza di umido , e dovea quindi sempre più
accumularsi . DifTatti tutto annunciava allora in Bo-
logna la mancanza di elettricità nelP atmosfera. In
tutta la bella stagione del 1779, contro il solito di
quei paese, non si ebbe un temporale immaginabile,
non si vide un baleno , non si cpdà un tuono . Le
medesime macelline elettriche mostravano appena
)( i?5 )(
un terzo della loro forza ordinaria , ed andavano
sempre più illanguidendosi di giorno in giorno .
Che dovea dunque fare , seguita a dire il P. Au-
gusti , quel vapore radunato , che non trovava pò-
ri aperti per uscire , e che voleva pure ristabilire
il suo equilibrio ? Quello appunto , risponde il me-
desimo P. Augusti , che opera /' elettricità raduna-
ta nei nostri gabinetti ; rimuovere cioè da se
ogni ostacolo , e non trovando un continuo , pas-
sando da corpo a corpo , scommuovere , e scuo-
tere i medesimi, come appunto V introdotto vapo-
re scommuove , e scuote le nostre giunture , e le
altre parti, che di ostacolo sono alla libera tra-
sfusione di esso .
Lo sprigionamento, che si faceva della mate-
ria elettrica a Bologna nel tempo , e nella stagio-
ne de' terremoti , era poi indicato da mille segni .
Un' assai sensibile romba simile affatto a quella del
fulmine, che nessuno più dubita essere un fenome-
no elettrico , si udì preventivamente al primo ter-
remoto , che si fece sentire sulla mezza notte de!
ci] primo giugno venendo il 2. alle ore 4 e mez-
za . Molti sentirono in quel tempo un odore di
zolfo , o di bitume abbruciato ; alcuni altri risen-
tirono intorno alla persona , e massimamente alle
gambe un maggiore calore , ed una tal quale ac-
censione , eh' essendo durata per qualche tempo do-
po la scossa , lasciò finalmente nelle gambe un
X i?6 )(
maggior freddo , che nel resto della vita . Alcuni
videro nel tempo dì una concussione alzarsi da ter-
ra una piccola nube dì color fosco albeggiante ; al-
tri osservarono due piccoli , e foschi baleni nella
gran chiesa di S. Petronio apparire in una consi-
mile circostanza . Non erano questi tanti patenti in-
dizj di un fuoco , che andava sprigionandosi dagli
interni nascondigli della terra ? Che poi questo fuo-
co fosse veramente fuoco elettrico , può ripetersi
fra le altre cose dalla scossa dei 9 giugno , la
quale fecesi sentire molto più violenta alla parte
del Ferrarese , dove avea piovuto qualche cosa di
più ne' giorni antecedenti , che negli altri luoghi ,
e dove perciò la materia elettrica trovava un più
comodo , e pronto deferente . Ma ciò che più chia-
ro mostrò la presenza di un' accresciuta , e sovrab-
bondante quantità di materia elettrica dopo le scos-
se , si fu la bella aurora boreale , che fecesi ve-
dere ai 18 di settembre dell' anno scorso . Dopo
ciò , che ne han detto Franklin, e Beccaria , non
è più permesso di dubitare , che un tal fenomeno
possa esser prodotto da altra cagione , che da un
elettrico accendimento .
Che se si domanda al P. Augusti , in qual
modo sia accaduto , che quella costante siccità
d' aria , la quale è slata , secondo lui , la primaria
causa produttrice de' terremoti di Bologna , avendo
regnato egualmente od anche maggiormente in qua-
si
X '77 )(
si tutte le altre parti <!' il alla , non Ubbia pero
prodotto dappertutto i medesimi funesti e ile iti , egli
non si sgomenta per così poco, « risponde franca-
mente , che diverse piccole circostanze , che sfug-
gono spesso anche agli occhi de' più diligenti os-
servatori, possono, e dcggiono aver sospeso l'ef-
fetto terribile che doveva infallibilmente senza di
essa aspettarsi dalla causa generale. Così Roma per
esempio deboe attribuire la sua salvezza alle molte
paludi , ed acque stagnanti , che sono disseminate
per la di lei campagna, ed anche più alla solfatara dì
Tivoli , che le scorre vicina , e che offre alla ma-
teria elettrica un sì nobile sfogo . Alcune acque-
ruggiole cadute nella primavera salvarono la Tosca-
na , e la Lombardia , Napoli dee ringraziare il suo
Vesuvio: e la Sicilia il suo Etna. Ninno di questi
sfoghi ha potuto trovare il fuoco elettrico nel Bo-
lognese .
Ma e perchè non si potrebbe coli' arte pro-
curarglielo , giacche la natura scortese glie lo ha
rifiutato ? Se siamo giunti a poter disperdere inno-
cuamente la materia del fulmine per mezzo de*
conduttori, perchè non si potrà fare altrettanto col-
la materia del terremoto ? Perchè non si potrà
aprire nelle vicinanze di Bologna un vulcano artifi-
ciale , che dia un libero esito alla materia peccan-
te , in quella guisa , che a un corpo umano , che
perda quegli sfoghi , per i quali la natura si sgra-
IV. 19
X 178 X
vaya dagli umori superflui , si h uri cauterio , si
apre una fontanella ? Per lo passato le paludi , che
si avvicinavano alia distanza di* circa dieci miglia
della città , presentavano al fuoco elettrico un co-
modissimo deferente , e per Bologna non vi era al-
cun pericolo di terremoto. Ma giacché per le pro-
vide curo del principato sonosi disseccate queste pa-
ludi , bisogna pur supplirvi in qualche altro rao*
do ; e l' espediente del vulcano artificiale , non sa-
rebbe forse il meno opportuno . Così la discorre
con tutta la serietà possibile il P. Augusti , ed egli
giunge perfino ad assegnare il luogo , dove vor-
rebbe applicare il suo vessicante , vale à dire nelle
colline di Gaiboìa , in pochissima distanza dalla
città, dove si trova un terreno assai sulfureo , che
essendo scavato un po' affondo tramanda sensibili
esalazioni , e prorompe anche spesso in accensioni .
Abbiamo sinora brevemente sì, ma fedelmente
ancora accennate le principali ragioni , colle quali
si è studiato il P. Augusti di stabilire , che la po-
tenza elettrica - sia la cagione de* terribili effetti del
terremoto . Non vogliamo però dissimulare neppure
alcune forti obbiezioni , che qualche Fisico anti-elet-
trico gli ha fatte , affinchè il lettore possa libera-
mente , e giustamente prendere il suo partito fra
3e due contrarie opinioni ; non credendoci da tanto
èa. potere fra sì gran Filosofi tantas componete lì-
Us. Si è detto adunque, che non sembra gran fatto
)( i79 X
facìl cosa a concepirsi , in qual guisa un fluido cosi
sottile , e così mobile come ii fuoco elettrico , che
scorre in un istante impercettibile notabilissime di-
stanze , e che penetra liberamente i corpi i pia
compatti, e più duri, possa poi rimanere impri-
gionato sotto 1' esterior superfìcie della terra da un
moderato freddo notturno, da un po' di siccità nel
terreno , o da una s >ttile crosta di gelo . Si è detto
che la terra debbe esser ben delicata nella sua cor-
teccia , poiché un leggiero freddo notturno , ed un
freddo solo di estate può cagionarle si funeste co-
stipazioni » Si è osservato , che in vicinanza de' vul-
cani , ove pur restano sempre aperti , e liberi i
conduttori per la sortita del vapore elettrico , si fan-
no nondimeno più frequenti i terremoti. Si è osser-
vato pur anche , che più degli altri sono soggetti
ai terremoti i paesi confinanti col mare , quantun-
que nel mare vi soglia esser sempre acqua bastante
per servire di conduttore al valore elettrico con-
densato . Si è detto finalmente, che sembra risen-
tirsi alcun poco del fanatismo lo schiamazzo , che
fassi per il fluido elettrico, quando il semplice fuo-
co elementare colle materie infiammabili è bastante
a produrre tutti gli effetti attribuiti al tanto esaltato
elettricismo . Difìatti ognun conosce la volgatissima
esperienza del Lemery , colla quale chiunque può pro-
durre a sua voglia, e dovunque un piccolo ^terre-
moto artificiale . Basta prendere in parti eguali zoU'o
)( iBp }(
polverizzato , e limatura di aceìajo , impastarli eoli
acqua , e seppellirli sotterra ad una conveniente pro-
fondila , che la materia tosto fermenterà , e dopo
cinque , o sei ore s' infiammerà , e 1' esplosione farà
tremare la terra , e produrrà in quel luogo tutti gli
effetti del terremoto . Ora i tre ingredienti di que-
sto artificial terremoto sono appunto quei che la
natura per i suoi grandi fini ha disseminato in mag-
gior abbondanza nelle viscere della terra. Dapper-
tutto quasi vi è zolfo , ferro , ed acqua . Se dunqu»
dall' unione di questi componenti deve immancabil-
mente nascere un* accensione , e se questa impedita
nella sua esplosione dee necessariamente dar origi-
ne ad un terremoto , perchè cercare le cause pro-
ducitrici di questo nell' elettricismo ?
Basti il fin qui detto per dare un saggio ai
nostri lettori delle ragioni , che assistono , e di quel-
le , che combattono i' opinione del P. Augusti in-
torno alle cause del terremoto . Questo buon reli-
gioso dee tremare , allorché vede regnare troppo
lungamente i dì sereni , o che sente progettarsi od
eseguirsi intorno a lui il disseccamento di qualche
palude ; poiché egli in vero sembra intimamente
convinto della sua opinione . Ci dispiace di non po-
tergli far compagnia , poiché , a dirla schietta , ci
piacciono le belle giornate , e non crediamo , che
le paludi , e le acque stagnanti sian buone ad al-
tro . che. ad ingombrare.. inutilmente una pò.
X 181 )(
di terreno , e ad ammorbar 1' aria colle loro esa-
lazioni .
Siamo solamente sorpresi, che il P. Augusti co-
me buon Si ni gag! lese non abbia fatto maggior uso
dell' osservazione dell' Arcidiacono Fagnani suo con-
cittadino fatta nel 1 744 > cioè , che nei momento
delle scosse dei terremoti , che allora successero in
Sinigaglia , le frecce dei campanili girarono fretto-
losamente , dal che egli poteva mirabilmente accre-
scere peso al suo elettricismo . Bisogna però , che
questo fenomeno non sia succeduto ora in Bologna,
giacché di tante lettere , che abbiamo avuto , le
quali ci parlavano di terremoto , neppur una ne ha
latta menzione . Ma lasciamo ormai la fisica , che
quando si tratta dì cose meteorologiche sarà sem-
pre incertissima , e trattiamo di fatti più sicuri .
I signori Bolognesi non hanno torto ad essersi
fieramente spaventati a questo orrendo disastro . Ben-
ché il basso popolo vivesse in una fallace fiducia ,
che Bologna non avesse molto da temere i terre-
moti , perchè la credono più vota sotterraneamente
dell' altre città d' Italia , quasi che i terremoti potes-
sero svaporarsi per le cantine , o per le cloache ,
quelli , che leggono , non possono ignorare , che
anzi Bologna è stata al pari , se non più , di qua-
Iimqu' altra città d' Italia esposta a tanto flagello .
Senza andare a pescare terremoti Bolognesi nel-
la storia antica, o in crucila del medio evo, comm-
èiamo a rammentare quei terribile , ctie essa sof-
ferse nel 1222 con rovine d' edifi^j , e particolare
mente del Duomo . La cosa fu così Seria , che fé*
ce fuggire sino s. Francesco d' Assisi , che allora
appunto era venuto a predicare sulla piazza di Bo-
logna , e che tutt' altro aspettavasf . '
Fortissimo terremoto pure la danneggiò nei
1276 , e novellamente la urtò quattr' anni dopo nel
tempo preciso d' un' ecclissi del sole , come V anno
passato successe nel punto di una delia luna .
Nuove scosse la spaventarono V anno i3.3, ma
molto maggiore hi il terrore , che provò li 25 2^n^
najo nel i348, perchè furono furiosamente rovescia-
te varie case in piazza, e per la città, e restarono
sotto le rovine alcuni infelici . Sia detto di passag-
gio, che dal diluvio ih. qua questo fu forse il più
funesto di tutti gli anni per i' Europa , perchè do-
po il terremoto , ed altri disastri s' accese quella
ferissima peste ? che distrusse quasi due terzi del
genere umano , e fu 1' epoca deli' attuale spopola-
zione d' Italia . Non v* era ai mondo , che un cra-
nio sventato quai fu quello di Messer Giovannino ,
che, invece di raccomandarsi a Dio, fosse capace di
far nascere in mezzo a tanti flagelli un Dccanier
rone.
Nel i363 furono da capo col terremoto i Bo-
lognesi , e videro cader case ? e schiacciarsi varjj
loro cittadini .
K «B3 )(
Nel i393 tremò di nuovo la città , ma peri*
colo maggiore corse sei anni dopo, cioè nel 1^99,
perchè ai 2.0 , e 2.1 luglio Bologna tutta ondulò
così forte , che le campane sulle torri suonarono *
Pochi anni passarono in pace , giacché nel i4cS
91 sentirono urti fortissimi , caddero ediiìzj , ed al*
lora pure le campane diedero segno di scuoti-
mento .
Li 3 agosto i4i4 ^ furono scosse rovinosissi-
me con gran danno delle fabbriche , che crepola-
rono . Ma a che continuare questa funesta enume-
razione cavata dal Ghirardazzi , e da qualche cro-
naca MS. ? Finiscasi piuttosto indicando solamente
il terremoto dei i5o5 , che dei forti fu 1' ultimo,
e di molto superiore a quello , che ha dato luogo
a quest' articolo . Cominciò egli la prima notte del-
l' anno suddetto , e continuò varie settimane . Fi-
lippo Beroaldo il seniore , che ci si trovò , ce lo
ha pateticamente raccontato in un suo opuscolett©
Sul terremoto , che compose , e stampò appunto in
quell'anno. Erano precedute, die' egli , le improv-
vise scosse da spaventosa romba come appunto suc-
cedeva ultimamente . Gran parte del bellissimo pa-
lazzo , che aveva in via s. Donato Giovanni Bentivoglio
signore allora di Bologna , rovinò , e con lui rovina-
rono varj altri edifìzj . Il povero Beroaldo , il quale
abitava al principio del borgo della Paglia , vide
cadérsi sotto gli occhi tutta la facciata della sua
X i8i x
bella casa* Crepolò la chiesa di s. Giacomo > quella
di s. Francesco, quella di s. Pietro, e varie altre»
Tutte le fucine de* fabbri lavoravano dì , e notte
chiavi di ferro per tenere in piedi le case perieli-
tanti , e non trovavasi più ferro in città . Ginevra
Bentivoglio moglie di Giovanni , donna di somma
vivacità , benché non troppo portata pel ritiro nei
Monasteri massime di Monache , ebbe tal paura ,
che con due sue figliuole ritirossi in quello del Cor-
pus Domini , che allora era il più accreditato, ed
esemplare . Beroaldo dice , che ogni giorno anda-
vano alla porta del convento a farle la corte , come
a loro alta , e potente Signora , le Dame Bolognesi
Forse più spaventate di lei . Non dormivano più per le
case le persone , ma benché nel più rigido deli' in-
verno giacevano a cielo scoperto , dal che , e dalla
paura nacquero infinite febbri , e mali di petto ,
che ne portarono moltissimi al sepolcro . Fra 1' al-
tre morì Cammiila Paleotti moglie dello stesso Be-
roaldo , ed egli non tardò guari a tenerle dietro .
Crollarono molte torri, per lo che Giovanni Ben-
tivoglio fece demolire quella bellissima, che era at-
taccata al suo palazzo , ed allora si perdettero le
più belle pitture a fresco , che poco tempo prima
aveva ivi fatte il Francia , che era allora il Raf-
faele di Bologna . Sarebbe stato molto prudente ,
che tutti avessero fatto lo stesso , e che a tal giu-
sto Jfine fossero state condannate anche quelle due
che
)( i85 )(
che il popolo crede capi d'opera, cioè FÀsineila5
e la Garìsenda, che presto o tardi hanno da farei
un brutto scherzo ai loro ammiratori . Sono elleno
due torrioni quadrati di mattoni cotti vote di den-
tro , e senza scale stabili , e che da sei , e più se-
coli in qua stanno ad insultare la ragione , e 1' ar-
chitettura nella patria delle belle arti, e del dise-
gno L' Asinelia non ha altro merito , che una pe-
ricolosa sperticata lunghezza , ed una considerabil
pendenza . La Garisenda poi pende a segno di mi-
nacciare il vicinato massime in occasione di qual-
che altro terremoto. li volgo appunto per tanta
pendenza lo crede uno sforzo d' architettura , per-
chè ridicolosamente la suppone innalzata apposta con
questa bella qualità , intanto che e un orrore , anzi
un vero principio di rovina . Noi conosciamo chi
1' ha esattamente visitata , ed è dimostrato , che il
terreno , su cui essa posa , è andato cedendo .
Lo stesso è succeduto alla bellissima torre di
Fisa , di cui le prime colonne , che la circondano ,
sono già sprofondate in terra, colla base , e con
parte del fusto dalla banda della pendenza . Gli an-
tichi Bolognesi saviamente mozzarono la cima della
lor torre per diminuirne il pericolo , e F Architet-
to , che innalzava la Pisana, quando se n'accorse,
non ebbe altro partito , che piegarla alquanto dalla
parte opposta per diminuirne lo spiombo ; ma ve-
dendo , che ciò non bastava , V abbandonò incorn-
IV. 12 *
X 186 )(
pìeta . Chi conosce T architettura sa , che le fabbri-
che pendenti sono impossibili all' arte ad alzarsi .
La sola guida per gli architetti è il piombo , ed il
livello orizzontale . Ma ci perdonino i nostri Leg-
gitori , se il terremoto ci ha guidati così lontani
dall' elettricità del Padre Augusti ,
Sperasi , che i Fisici di Bologna , i quali do-
vrebbero pure esser molti , non mancheranno di dare
all' Europa curiosa un dotto , ed esatto giornale di
questo spaventoso fenomeno , tanto più , che sentia-
mo essere il medesimo stato accompagnato da singo-
lari circostanze , e non prima osservate . Se ciò si farà ,
vedranno, che uscirà alla luce qualche cosa di me-
glio , e di p'ù utile , che i caulerj , e P elettricità
rinchiusa solarne aie nella terra del Bolognese ora
dal freddo , e dall' umido , ed ora dal caldo , e dal
secco .
DESCRIZIONE
DE5 CIRCHI
PARTICOLARMENTE DI QUELLO
DI CARACALLA
E DEI GIUOCHI
IN ESSI CELEBRATI.
/
CAPO I.
Orìgine Etrusco dei Giuochi Circensi ,
e loro principiò in Roma .
vJHl legge con ispirito filosofico la storia de' prin-
cipi di Roma , avrà osservato , che questa singo-
lare città presse ne' suoi primordj il governo , le leg-
gi , la magistratura , la religione , i riti , e le arti
dagli Etruschi , da' quali era circondata . Io credo ,
che sarei in istato di dimostrarlo , se i' argomento
non fosse estraneo , e superfluo a questo mio libro .
Fra le altre prove non è la più piccola il vedere
lo strano sforzo , che , dovunque trattasi di origini
romane , fa Dionigi d' Alicarnasso per farci crede-
re , che la cosa sia altrimenti . Si vede chiara-
mente , eh' egli cerca di distruggere un' opinione
contraria , la quale giustamente esser doveva radi-
cata fra i Romani ; e di questa , come di tante al-
tre savie riflessioni storiche , siamo debitori alla per-
spicacia , ed alla filosofica erudizione di monsignor
Guarnacci (o) . Del resto poi si vede , che i libri
(a) Origini Italiche , o siano memorie istori-
co-etrusche sopra V antichissimo regno d1 Italia , e
sopra i di lei primi abitatori nei secoli più remoti»
Lucca 1767 tomi IL fol. e tomo III, ivi 1772.
IV. i3
)( 194 )(
incomparibili di Dionigi furono da lui ideati per
fare onore a' suoi Greci \ mostrando che da loro ,
e non da altre nazioni, avevano preso le migliori
lor cose i Romani «
Qual maraviglia dunque , se i giuochi circensi ,
i quali furono forse la più magnifica rappresentazio-
ne . che sapesse immaginare la grandezza de' Ro-
mani , qua! maraviglia , dico, se Dionigi volle farne
onore alta sua Grecia ? Furono trasportati certamen-
te anch' essi dall' Etruria in Roma-,* giacché i giuo-
chi formavano una parte della lor religione . Tertul-
liano , uomo dottissimo , ce lo dice nel suo libro
degli spettacoli , e ce lo dice in modo da non la-
sciar verun dubbio . Fa egli uso dell' autorità di Ti-
meo , antico autore siciliano , il quale aveva la-
sciato scritto , che i Lidj fuggitivi dall' Asia sotto
la scorta di Tirreno , aveano piantata neh* Etruria
la lor sede , e che fra gli altri superstiziosi riti
aveano introdotti gli spettacoli sotto nome di reli-
gione . Da costoro , cioè dagli Etruschi , presero i
Romani quelli , che ne erano pratici , per regolarne
in Roma 1' esecuzione . Si determinarono allora in
quella nascente città i tempi, ne' quali si doveva -
no celebrare qoesti giuochi , e li chiamarono ludi ,
che probabilmente era il nome, che avevano nel-
F Etruria ; nome erignato dalla Lidia , da cui ave-
vano tratta la loro primiera origine .
Questa testimonianza è di tal precisione , e an-
tichità , che non lascia luogo a verun' altra ricerca .
Livio (a) anche egli dice , che i ludioni , o siano i
direttori dei ludi, furono fatti venire a Roma dal-
l' Etruria , e che vi portarono ia musica , il canto ,
e i balli . L' Etruria era il paese dell' allegria , del
lusso , della ricchezza , della magnificenza , e della
superstizione : ed appunto per questo alla lunga do -
vette cedere poi alla ferocia , ed al genio militare
dei Romani , che la soggiogarono . Ovidio (b) ele-
gantemente ci dipinge i primi giuochi celebrati fino
da Romolo sull' erba, sedibus de cespite Jactis ,
quando volle dare mogli Sabine alle sue genti ; ed
aggiunge erpressamente , che i Toscani vennero a
suonare , e a danzare a questa traditrice festa . Gra-
ziosamente aggiunge , che que' primi plausi roma-
ni furono un poco più sinceri , che non erano di-
venuti a' suoi giorni , ne' quali , come ai nostri , s' u-
divano ne' teatri applausi comprati , e di concertd .
Di tre specie erano i giuochi , o siano i ludi ,
I primi erano scenici , o teatrali ; e consistevano ,
come oggi , a rappresentare sul teatro commedie ,
canti , suoni , balli ; e tutti questi alla foggia toscana .
Anfiteatrali erano i secondi ; e si riducevano a
combattimenti gladiatorj fra uomini , ed uomini , o
(a) Lio. 7 cap. 2 n. 2.
(b) De arte am. lib. 1 v. 107.
)( *96 )(
tra uomini , e fiere . Di queste feroce spettacolo >
come pure dei teatrali, si è parlato da tanti auto-
ri , che stimo superfluo 1' arrestarmici ; tanto più ,
che in questo libro non si parlerà né di teatri ,
ne d' anfiteatri , ma solamente di Circhi . Basterà
il riflettere , che tanto i giuochi teatrali , quanto
gli anfiteatrali si celebravano ad onore degli Dei ,
e per placare le ombre dei morti ; e che dall'Etra-
ria vennero questi pure in Roma. In fatti per rap-
porto agli anfiteatraii , gran parte delle urne sepol-
crali etrusche , che andiamo disotterrando , ci mo-
strano ancora combattimenti gladiatorj per rammen-
tarci la loro origine .
I giuochi circensi formano la terza specie ; ed
-.erano, come dice Tertulliano , nel loro apparato i
più ricchi , e ì più pomposi . Consistevano essi in
corse di cavalli precedute da varj sagrifìzj , nel
portarsi in giro le immagini degli Dei, e nel vede-
re schierato il fiore della magistratura romana, che
v' interveniva . Concorreva a questo brillante spetta-
colo tutto il popolo romano, e specialmente la più
elegante gioventù, e le più belle fanciulle, le qua-
li , come dice lo stesso Ovidio (a) , a guisa di
lunghi stuoli di formiche, andavano parte per vede-
re, e parte per essere vedute. Di tutte queste co-
(a) Loc. cit, v. 93. seqq.
)( '97 )(
se parleremo nel nostro libro \ e benché 1' argo-
mento sia stato trattato dottamente dal Panvinio (a) ,
e dal Bulengero (b) , procureremo dì renderlo più
a portata d' ognuno , spogliandolo da ogni superflua
erudizione , ed aggiugnendo quanto crediamo ne-
cessario . In questa maniera metteremo sotto gli
occhi de' nostri leggitori la più bella forse delle
funzioni , che abbia inventata la magnificenza del
popolo dominatore dell' universo . Ricordisi però di
grazia il lettore che questo picciol trattato non ser-
ve , che a rendere più intelligibile la descrizione
del Circo di Caracalia , che quasi in intero sussi-
ste tuttavia fuori delle mura di Roma , e che non
è stato ancora , non saprei dire perchè , ben illu-
strato da veruno scrittore d' antichità .
CAPO IL
De1 varj Circhi dell antica Roma .
JL giuochi circensi , de' quali io parlo , consistevano
da principio in una corsa di leggiere carrette a due
rote , e a due , o più cavalli , le quali facevano a
(a) De ludis tircensibus libri duo , curri notis
Joann. Argoli , et additemi. Nic. Vinelli. Patavii
1642 fol.
(b) De Circo Romano , ludisque circensibus
liber. Inter Opera omnia Lugd. i6ai Tomo II, fot
)( i98 K
gassa a chi , dopo sette giri dentro V area df 1 Cir-
co , giungeva la prima a un dato termine . Soleva-
no correre sulla sponda del Tevere , acciocché il
pericolo rendesse lo spettacolo più interessante . Cer-
ti termini, intorno ai quali per legge del giucco sul
principio di questa istituzione dovevano strettamente
girar le carrette , erano guerniti di molte spade ,
che in essi piantate presentavano ali' altezza dei ca-
valli la punta . Un tanto rischio obbligava gli aun-
ghi alla massima destrezza per evitarne , senza ri-
tardare il loro rapido giro , 1* incontro pericoloso .
Questo pensiere , che ha Y aria assai militare , die-
de orìgine ad una singolare etimologia adottata
da Cassiodoro (a) , e da Isidoro (b) , cioè che cir-
censes nasca da circum enses . Derida , o abbracci
questa derivazione a suo talento il mio lettore ; a
ma pare , che circenses nasca più naturalmente da
Circus , e questo dalla figura degli stessi luoghi
del giuoco s perchè d' ogn' intorno erano circondati
da muri .
JI primo Circo chiuso , che si edificasse in
Roma, fu opera di Tarquinio Prisco , principe , che
ebbe lo spirito edificatorio, e grande, portato pro-
babilmente a Roma dall' Etruria sua patria . In-
(a) Variar. Uh. 'à cap 5i.
(b) Qrig. lib. 18 cap. 17 . Servio aà Vìrg.
Georg, lib, 3 v. 18 e 180 Aen. hb. 8 v. 636.
)( '93 )(
nalzollo egli nella Valle Murcia fra il colle Aven-
tino , e il Palatino . Col tratto del tempo fu chia-
mato il Circo Massimo, perchè se ne edificarono
in Roma dappoi de' minori , cioè non capaci di tanti
spettatori . Questo Circo non bastò più alla cresciuta
popolazione di Roma . Giulio Cesare credette dover
dedicare al popolo romano , ed alla religione , di
cui era divenuto capo , un Circo proporzionato al
bisogno; ma in vece di farlo nuovo, credette me-
glio accrescere quello di Tarquinio (a) .
Augusto suo successore , il quale , malgrado la
sua affettala dipendenza dal Senato , cominciava a
riguardare la gran Roma per cosa sua , anch' egli
rifabbricò questo Circo , ornandolo di marmi in oc-
casione , che andava rimodernando la sua capita-
le (b) . Bella descrizione ce ne ha lasciata un dotto
greco , che vi sarà stato tante volte a vedervi le
corse , e che era uomo di finissimo discernimento ;
voglio dire il già mentovato Dionigi d' Alicarnasso .
Egli dice (e) , che al suo tempo il Circo Massimo
era circondato da gran porticato ,* che avea molte
scale artificiosamente distribuite perchè non nascesse
(a) Plin. Hist. nat, lib. 36 cap. i5, Sveton.
in Jul. Caes. cap. 39.
(b) Cassiod. Var. Hb.Z epist. 5i.
(e) Antiq» Rom. lib. 3 cap. 68 pag. 192 edit,
Oxon. 1704.
)( *oo )("
confusione fra quelli , che entravano , ed uscivano ;
e finalmente , che conteneva cento cinquanta mila
spettatori .
Tanta magnificenza non bastò ai successori di
Augusto ; perchè Tiberio , Caligola , Claudio , e Ne-
rone vi fecero anch' essi varj accrescimenti . Ai
tempi di Plinio (a) il Circo Massimo era cresciuto
fino a poter contenere duecento sessanta mila spet-
tatori , Quegli però , che più d' ogn' altro lo ac-
crebbe , fu Trajano , perchè a' suoi tempi la popo-
lazione di Roma era giunta forse al massimo suo
aumento (b) . L* iscrizione , che Trajano vi fece
sopra la gran porta , di cui Ci ha conservata la tra-
duzione in greco Dion Cassio (e) , dice , che quel-
F imperatore lo aveva reso capace del popolo ro-
mano (d) . Di questa insigne mole non restano più
(a) JjOc. cit.
(b) Plinio nel 'Panegirico cap. 5i : Hinc im-
mensum latus Circi templorum pulchritudinem pro~
vocat , digna populo victore gentium sedes , nec
minus ipso visenda , qunm quoe ex Ma spectabun-
tur . Plinio segue a dire , che Trajan© così aggiunse
al Circo cinque mila posti ; ma il Lipsio nelle note
ad esso crede , che debba leggersi cinquanta mila ,
e più . Certamente che il numero di 5ooo è troppo
piccolo , e non corrisponde all' immensum latus .
(e) Uh. 68 cap. 7 vag. \\2.\ ed't. 17 52.
(d) Anche Costantino lo adornò di nuovi porti-
ci forse più alti , e con indorature ♦ come si ha da
)( 201 )(
che poche incerte vestigie a fior di terra : tanta è
la caducità delle umane cose (a) . La tradizione ce
ne ha conservato il nome, perchè tuttavia in Ro-
ma chiamasi Cerchi quel pezzo di terreno disabita-
to , su cui alzavasi una mole sì sterminata , e che
ora serve per orti , e pel cimiterio degli Ebrei .
Chi dall' alto delle rovine del colle Palatino guar-
da la sottoposta valle , riconosce benissimo 1' area
del Circo Massimo ; e dall' ineguaglianza del terre-
no da lui anticamente occupato ne riconosce il cir-
condario , e il pendìo , su cui erano appoggiati i
sedili dal di lui lato destro opposto al palazzo de*
Cesari .
Insigne pure bisogna che fosse il Circo Fla-
minio ; giacché così sovente ne fanno menzione gli
antichi scrittori . Secondo Livio (b) par che ne fosse
fondatore quelP infortunato Flaminio , che fu bat-
Nazario nel panegirico d» questo imperatore , cap. 35 :
Circo ipsi Maximo sublimes porticus , et rvtilan-
tes auro columnac tantum inusitati ornatus dede~
runt , ut ilio non minus cupide conveniahir loci
gratia , quam spedami i vo1upta*e . Pare , che qui
INazario abbia imitato Plinio nel lurgo citato .
(a) Il Panvinio ne dà la figura come è nello
stato attuale , e come crede che potesse essere anti-
camente . Da questa il Bianchini ha ricavata la sua ,
che dà nel Palazzo de1 Cesari, Tav. T.
(b) Epit. lib. 20. Vedasi il Paiavinio lib* J
cap. t8 ; il Bulengero cap, 5.
X 202 )(
tuto così solennemente , ed ammazzato da An-
nibale sul lago Trasimeno . Dione (a) ci narra , che
Augusto diede in questo Circo uno spettacolo assai
raro in Italia , cioè una caccia di coccodrilli d' E-
gitto , nella quale ne furono uccisi trentasei . Qua!
maraviglia , che fossero anche coccodrilli in Roma,
se dal più alto dell' Egitto vi si portavano fino gli
obelischi più smisurati, e le più immense colonne?
Quella grossa vena d' acqua , che serviva a questo
Circo , sentesi tuttavia gorgogliare sotto terra fra le
sue rovine alla chiavica dell' Olmo ; e nei sotter-
ranei d' un tintore a lei vicino si vedono ancora
gli archi immensi del Circo , fra i quali scaturisce
per uso della sua officina ampia vena di quest' ac-
qua lìmpida, e purissima (b) . Come poi facessero
i Romani a chiudere Y acqua in un Circo , che do-
vea aver tante porte , io qui non saprei dirlo . Ho
(a) Ub. 55 cap. io pag. 781.
(b) Il Cassio Corso delle acqui , Tom. 1 par. 1
n. 4 §• io ne descrive il corso, e crede sia l'an-
tico rivo deli' Augusta , che veniva sempre sotterra
lino a Roma dal Tusculo. Potendosi con facilità far
uscire all' aperto , e servire agli usi della Roma mo-
derna in ajuto della Vergine che è di qualità infe-
riore , si farebbe un grandissimo benelìzio al pubbli-
co , e s' immortalerebbe il Sovrano , che facesse ri-
vivere il nome di Augusto , e di Agrippa in un'
acqua , che sarebbe Y unica veramente sincera , come
era da principio .
X 203 )(
sempre però sospettato , che la caccia de* coccodrilli si
facesse relPeuripo, o sia canale, che lungo i se-
dili degli spettatori correda , come nel progresso di
quest' opera si vedrà . Anche di questa gran fab-
brica non resta più che un monte di rottami na-
scosi sotto il pavimento odierno di Roma , il quale
visibilmente quivi si alza non poco . Una parte di
tanto edifìzìo serve di fondamento alla chiesa , e
monastero di s. Catterina de' Funari , ai due palazzi
dei Duchi Mattei , ed a tante altre fabbriche cir-
convicine . Ai tempi di Celestino III. , cioè del
1192, bisogna, che sussistessero ancora gran reli-
quie di questo Circo. Lo raccolgo da una sua bolla
non ancora osservata dagli antiquarj (e) , in cui è
nominato a proposito di questo preciso luogo il ca-
stello aureo , le antiche mura circolari , e le vol-
te. II nome, che tuttavia dura, di botteghe oscure
ad una parte di questo distratto , ove non sono bot-
teghe , e se vi fossero non sarebbero oscure , nasce
certamente da quegli archi esterni del Circo , che
dappoi saranno stati demoliti . Servivano essi d' offi-
cine in questi luoghi , e 1' antico volgo gli avrà
chiamati botteghe , prodotto del nome greco di
apothecae , che vuol dire arcuate .
(a> È inserita nel Bollano Vaticano Tom. I.
pag. 74.
X 2o4 )(
La moderna Piazza Navona occupa gran parte
delio spazio , o sia arena del Circo agonale, dal
qual nome il volgo ha probabilmente composto
quello di Navona (a) . L' andamento curvo delle
case poste sulla sua estremità settentrionale , mo-
stra che sono fondate su quella curvatura , che il
Circo avea nella parte lunata opposta alle carceri .
Il fianco destro della gran basilica del Vatica-
no appoggia sulle mura d' un Circo cominciato da
Caligola , e finito da Nerone , e che fu uno de' più
insigni di Roma . A lui apparteneva il bellissimo
obelisco , che ora fa P onore della gran piazza di
s. Pietro . Nello scavare , che attualmente (b) fassi
pei fondamenti della nuova sagristia di questo au-
gusto tempio , sj sono trovati molti pezzi di muro
di questo Circo ; ma si vedeva , che fino dall' an-
tichità erano rovinati , e guasti (e) .
(a) Il Nardini Roma Ant. lib. 6 cap. 5 pre-
tende , che sia detto da una gran nave , di cui la
piazza ha la somiglianza . Io credo , che sia nato da
in agone , da cui ne' bassi tempi per la pronunzia
popolare si è scritto, e detto Nagone , e quindi Na-
vone , Navona .
(b) L' anno 1776.
(e) Si può vedere la sua direzione nelle stam-"
pe del tempio Vaticano , nelle quali è combinata la
pianta moderna colle fabbriche antiche , e in ispe-
cie in quella pubblicata dal Fontana , II tempio vatic.
pag. 245, dalla quale si vede, che il Circo era più
lungo che tutta la chiesa moderna , e il colonnato .
)( so5 )(
Era vene un altro cominciato , per quanto si cre-
de , da Nerone negli orti di Domizia sua zia , e fi-
nito da Adriano . Restava vicinissimo al sepolcro
di quest' ultimo imperatole . Sono pochi anni , che
nello scavare la terra, se ne trovarono grandi avan-
zi , ne' quali riconoscevansi ancora segni delie anti-
che pitture , che lo adornavano (a) .
Sappiamo , che Eliogabalo edificò fuori di Ro-
ma (b) un Circo , che supponesi essere quello ,
che qualche regionario ha attribuito ad Aureliano ;
ma la cosa è assai oscura . Di là si cavò quelF o-
belisco , che dovea servire dr ornamento nella piaz-
za Barberina , e che dopo essere restato tanti anni
giacente in faccia al bel palazzo di questa nobilissi-
ma famiglia , fu ultimamente trasportato al Vatica-
no : regalo degno d' un' imperatrice romana , fatto
da Donna Cornelia Barberini principessa di Palesti-
na a Clemente XIV. (e) .
Negli Orti Sallustiani ve n3 era uno bellissimo
capace anch' esso , per quanto si dice , d' essere
riempito d' acqua in caso di spettacoli navali . Fu
opera , per quanto si crede , di Sallustio insigne
(a) Nel secolo deciìnosesto se ne vedevano an-
cora grandi avanzi di muri , come attesta il Gamucci
nelle sue Antichità di Roma , in fine .
(b) Fuori di Porta Maggiore .
(e) Sta ora nel giardino interno del Vaticano.
)( 206 )(
cittadino romano ; e se ne distingue tuttavia il luo-
go da varie informi sì , ma grandiose rovine , che
ne dovevano sostenere un fianco (a) . Non ebbe torto
quei Greco , quando disse , che i cittadini romani
gli parvero tanti re .
Del Circo di Flora , che era sul Quirinale ,
(a) L* Obelisco Sallustiano è stato ultimamen-
te collocato per ordine del regnante Pio VI. avanti
alla chiesa della Trinità de' monti . Ammiano Mar-
cellino ne parla lib. 17 cap. 4.: Secutaeque aetates
alias transtulerunt ; quorum unus in Vaticano , al-
ter in hortis Sallustii , duo in Augusti monu-
mento erecti sunt . Il nominarlo prima dei due
del Mausoleo d' Augusto , se non è per la grandez-
za, farebbe credere, che fosse stato portato a Ro-
ma prima . Forse lo avrà fatto venire qualcuno di
quegli imperatori , che hanno abitato nel palazzo
contiguo , e hanno adornato di monumenti antichi
quelle delizie ; tra i quali fu probabilmente Vespa-
siano , come pensa il Winckelmann Stor. delle ar-
ti , ec, lib. 2 cap. 3 §. 18 Tom. IL pag. 364- Se
è venuto a Roma dopo Augusto , secondo il detto
di Arnmiano Marcellino , non potrà dirsi col Cassio
Corso delle acque antiche , par. 1 num. 36 §. 6
pag. 333 , che lo portasse io stesso Crispo Sallustio ,
che fu fatto prefetto della Numidia da Giulio Cesare
per saccheggiarla , e spogliarla , anziché per hen
governarla , come si ha da Dione lib. 43 num. 9
pag. 346. Né la Numidia avea che fare coli' Egit-
te . Dall' esser poi stato trovato nel recinto dell' odier-
na villa Lodovisi , e dal dirlo Ammiano Marcellino
collocato negli Orti di Sallustio , pare che non sia
stato mai nel Circo annessovi .
)( 207 )(
sappiamo pochissimo . Si dice solamente , che in
esso davano gli spettacoli le pubbliche meretrici,- e
in conseguenza sarà stato il più allegro di tutti .
Forse ve n' erano degli altri , de' quali non restano ,
che tracce incerte , malgrado le indicazioni , che
nella sua pianta di Roma ne ha date il Panvinio ;
ma il mio scopo non è qui di rintracciare ogni ro-
vina 9 ed ogni visione degli antiqusrj . Incerto però
non è quello , che tuttavia vedesi fuori di Porta Ca-
pena , chiamata Porta s. Sebastiano . Da molti secoli
le sue rovine vengono chiamate dal volgo , il Cir-
co , o sia la' Giostra di C ar acalla . Di questo darò
alla fine della presente opera un' esatta descrizione ;
giacché è 1' unico de' Circhi non solo di Ptoma , ma
di tutto il mondo , che conservi ancora in gran parte
T antica sua struttura . Io non saprei dire per qual
cagione sia stato negletto da tanti eruditi antiquarj ;
giacché non v' è quasi sasso in Roma , che non ab-
bia trovato il suo illustratore . Ne parlò in poche ri-
ghe , e ne diede la figura il Panvinio ; ma con pace
di tant' uomo non v' è cosa piò inesatta ; come fa-
cilmente se ne acorgèrà chi vorrà darsi la pena di
paragonarla colla mia (a) .
Finiscasi questo capo col dire, che non dee ma-
ravigliarsi il lettore, se v'erano tanti Circhi neh" an-
(a) Con maggiore esattezza ne avea parlato il
Fabretti de Col, Troj. cap. 6 pag. i4$ segg.
)( *o8 )(
tica Roma , quando pare che uno , o due de* più
grandi avrebbero più che bastato a dare i giuochi a
tutta questa gran capitale . 1 Circhi erano i luoghi
più interessanti per la religione (a) ; ed il fondarli
era un atto delia pietà de* Gentili, come è atto della
nostra il fondare conventi , ospidali , e chiese .
CAPO III.
Dell* uso dei Circhi , e delle cagioni
della loro distruzione .
.Benché ì Circhi fossero architettati per le solenni
corse de* cavalli , le quali costituivano la parte più
divertente dei giuochi circensi , servivano ancora a
varj altri usi , ed al comodo della città . Oltre ai
giuochi della lotta , del pugillato , della corsa a
piedi , che ne' Circhi si celebravano , in essi spesso
si radunavano anche i comizj , e vi si tenevano
quelle pubbliche funzioni, le quali per la gran mol-
titudine del popolo non potevano più tenersi ne'
tempj , e nelle basiliche .
Gli Anagnini dovendo raunare un consiglio ge-
nerale ,
(a) I giuochi circensi venivano dati qualche vol-
ta nelle .pubbliche preghiere per il bene dello stato ,
o della famiglia imperiale , e casi simili . Vedali
Tacito Annoi, lib. i5 cap. 23, e in fine.
)( 2o9 )(
nerale , lo intimarono nel loro Circo , e vi dichia-"
rarono la guerra ai Romani (a) . Da Cicerone (b)
lappiamo , che specialmente nel Circo Flaminio si
recitarono molte concioni . Nel medesimo Circo ,
al dir di Plutarco (e) , Luculio schierò il suo trion-
fo \ ed è ben ragionevole , perchè ivi potevalo ot-
timamente godere gran parte del popolo romano as-
siso con comodità . Fu pure nello stesso Circo , che
Augusto recitò al popolo Porazion funebre di Bra-
so morto in Germania (d) . Ovidio (e) avver-
te , che non è tempo d' andare a parlar d' amo-
re alle fanciulle quando incantate stanno ammiran-
do nel Circo schierate le spoglie dei re . Da ciò
arguisco , come dopo che i vincitori avevano, por-
tato a Roma le spoglie de' vinti , queste si espone-
vano nei Circhi alla pubblica vista : lo che non
poteva certamente aver luogo nel tempo delle corse .
I Circhi erano divenuti ancora una specie di
pubblica piazza , ove quotidianamente concorreva il
popolo . Vi si radunavano i ciarlatani , gP indovini ,
i venditori di unguenti , ed altra simile razza . Ca-
tullo (/) dice a Camerio , che lo aveva cercato
(a) Liv. lib. o, cap, 3i num. l\2»
(b) Pro Sextio .
(e) In Luculio .
(d) Dione lib. 55 cap. 2. pag, 771.
(e) De Arte am. Ub. 1 v, I±io seg.
(f) Carni, 5 2 v. 4
IV. 4
X 2IQ )(
invano nel Campo minore , nelle botteghe de' li-
bra) , nei gran tempio di Giove , nel Portico di
Pompeo , e nel Circo ; perchè questi erano i luo-
ghi della maggiore frequenza . Il Circo era luogo
consecrato agii Dei : ed infatti oltre le are, statue,
e tempietti interni, delle quali cose si parlerà a
suo luogo , v' erano ali' esterno molti tempj vicini «
Questa probabilmente è la cagione , per cui fra le
antichità i Circhi sono le più distrutte di qualunque
altra . Le funzioni sacre , che in essi si celebrava-
no , e che erano le più importanti , ispirarono ai
primi Cristiani una ben giusta avversione a questi
edifizj. Basta leggere Tertulliano , s. Girolamo , e
s. Agostino per convincersene (a) . Qual meravi-
glia dunque se contro questi edifizj scaricarono i
Fedeli il loro zelo distruttore , tosto che furono in
istato di farlo impunemente ? Le vestigie di teatri ,
d' anfiteatri i di basiliche , di tempj , di terme tanto
in Roma , quanto pel resto dell' impero romano ,
si sono conservate più o meno , quantunque tutti questi
edifizj contenessero qualche superstizione ; ma se si
(a) Cassiodoro Var. lib. 3 epist. 5i li dete-
sta anche per altre ragioni ; Spectaculum expellens
gravissimos mores , invitans levissimas contentiones ,
evacuator hone stati s ìJons irriguus jurgiorum; quod
vetustas quidem habuit sacrum , sed contentiosa po-
sterità* fecit esse ludibrium . Vedasi anche il Bu
lengero de Circo , praef. ad s. Joann. Chrys. Orat.
pag> 79 segg.
X *n )(
eccettua l' Ippodromo di Costantinopoli , e il Circa'
di Caracalla in Roma , non resta , come abbiam
detto , verun vestigio di Circhi , eh' io sappia , in
tutta P Europa (a) . L' Ippodromo di Costantinopoli
ha durato , benché in cattivo stato , più degli altri ,
perchè continuarono per varj secoli in esso le pub-
bliche corse de' cavalli (b) . Costantino fatto cristia-
no tolse dai giuochi la pompa, che veramente era
tutta idolatrica ; ma lasciò per soddisfazione del po-
polo le corse {e) , le quali hanno durato quasi fi-
no alla presa , che di Costantinopoli fecero i Tur-
(a) Dei Circhi fuori di Roma ne parlano il Pan-
vìnio lib. i cap. 26 segg. , e il Bulengero cap. 6.
Se ne potrebbero numerare degli altri ricordati dagli
scrittori de' bassi tempi , e dai moderni ; ma io non
credo di dover entrare qui in molte ricerche , ben me-
more di ciò, che fa osservare il march. Maffei degli
Anfit. lib. 1 cap. io , cioè che ne' bassi tempi spe-
cialmente si è fatta una confusione grande nei nomi
di teatro , d' anfiteatro , e di Circo , usandoli promi.
scuamente .
(b) Ne dà la figura il Panvinio al luogo citato
pag. 61. Alla pag. 60 dice, che i quattro cavalli di
bronzo , che stanno nel portico della chiesa di s.
Marco a Venezia, furono tolti da questo Circo al
tempo , che i Veneziani furono padroni di Costanti-
nopoli nel secolo XIII. ( Ora (1802) sono a Pa-
rigi ) . La figura dell' Ippodromo la dà anche il
Bandurio lmp. Qrient. par. 4. Tom. II. pag. 664.
(e) Zosim. lib. 2. cap. 3 1 pag. 184 edit. 1679,
Marcellino Conte Chron. anno Ghr. 5z$.
)( 212 )(
chi nel decimoquinto secolo . Da un luogo delie
Ceremonie di Costantino Porfirogenito (a) si ve-
de, che a que' giorni fino la musica di s. Sofìa an-
dava a decorare le corse nelP Ippodromo . Sta an-
cora in piedi sulla spina di quel Circo, benché di-
roccato , 1' obelisco , ed un bellissimo tripode com-
posto di tre gran serpenti di bronzo capricciosa-
mente attortigliati .
Le rovine del Circo di Caracalla qui in Roma
hanno forse durato più di quelle degli altri , perchè
esso è quasi due miglia distante dalla città fra sepol-
cri , e in luogo appartato , ed in un angolo fra la
via appia , e la latina . A questo aggiungasi , che era
tanto meschino in comparazione degli altri Circhi di
Roma 5 che i primi distruttori non lo avranno forse
creduto degno della loro collera . E' stato però mal-
menato anch' esso , come chiaramente si vede , più
dallo zelo , che dal tempo ; perchè sussistono molte
parti, le quali per la loro debolezza avrebbero dovu-
to crollar le prime , e sono cadute le più robuste ,
(a) De Cerem. Aulae Biz. lib. i cap. 68 segg.
Vi andavano i cantori , perchè vi si cantavano molte
preci , ed acclamazioni , in modo , che pareva quasi
una festa religiosa . Nei citati capitoli si descrivono i
preparativi , e la direzione delle corse ; i premj , e
il modo di darli , e cose simili secondo 1' viso dì
quel tempo .
)( 2i3 )(
guaii sono le volte , e la galleria coperta circonda-
rla (a) .
11 fin qui detto basti siili' uso dei Circhi , e sul-
le cause della loro distruzione. Passiamo ora a de-
scrivere le parti di questi edilìzi , per indi passare a
ragionar dei giuochi , che in essi si celebravano ,
Essendo i Circhi tutti più , o meno della mede-
sima struttura , io credo , che il descriverli in ge-
nerale sarà un dar idea di tutti , dalla maggiore, o
minore magnificenza in poi . Dividiamoli in ambito,
o siano sedili , in carceri , o sia oppido, e nella spi-
na , intorno a cui si correva .
(a) L' Autore ragiona secondo P opinione vol-
gare , che ì Cristiani abbiano rovinate le fabbriche ,
gì' idoli , e le altre magnificenze antiche di Roma .
Credo di aver provato , che ciò non sia vero , nella
mia Dissertazione sulle rovine di Boma citata poc'
anzi ; e che altre siano state le cagioni di tal deva-
stamento . Il Circo di Caracalla ha forse sussistito
in gran parte , perchè è lontano da Roma ; e non
è tutto fatto di gran mattoni, che sono quelli, che
si cercano da coloroj che rovinano le fabbriche antiche .
CAPO IV.
Pianta dei Circhi in generale .
1 ER evitare lunghe, ed oscure spiegazioni nel de-
scrivere la struttura dei Circhi , credo opportuno il
darne qui prima una figura generale , che non poca
luce spargerà per tutto questo mio libro . Non a—
vremmo avuto bisogno di cercare le regole deli' ar-
chitettura circense, se Vitruvio , come ci ha parlato
de* teatri, ci avesse parlato ancora de* Circhi . Ma è
cosa strana il non averne fatta neppure menzione ,
quasiché questa specie di pubblici edifizi , anzi forse
i più vasti deli' antichità , non fosse stata in uso a'
suoi tempi (a) . Non è ignoto a veruno , che v' era
Circo in Roma fino dai tempi di Tarquinio . Degli an-
fiteatri pure non ne ha detto parola . Tal silenzio po-
trebbe forse autorizzare il sospetto di taluno , che
non avessimo intera 1* opera di questo grand' arte-
fice dell' architettura romana .
Sarebbe forse concepibile cotesto suo silenzio ,
se la struttura de' Circhi fosse cosa semplice , ed ar-
(a) // riflesso deìV Autore diviene più forte
ilei vedere, che T~ifrui>io nel lib. i cap. 7 menzio-
na i Circhi in genere . Nel lib. 2 cap. 2. il Circo
Massimo ; e nel lib. .4 cap. 7 il., Circo Flaminia
)( ai5 )(
bitraria , come ce la mostrano le figure circensi da-
teci finora da alcuni antiquari . Ma vedrassi fra poco
quanta esattezza richiedevano questi edifizj , e quante
circostanze richiamavano la speculazione deli' archi-
tetto .
Avvertasi che nei dare questa figura generale
noi non possiamo che far uso delle misure ricavate
dai Circo di Caracalla , che è il solo , come dicem-
mo, fra tutti i Circhi distrutti d' Europa, di cui ci
resti qualche traccia sicura . Esse ne guideranno ; ed
io credo , che i principj generali, che da lui stabi-
lirò, saranno comuni a tutti i Circhi; perchè nasco-
no dalla costituzione , e dalle leggi medesime delle
corse circensi , per le quali ognuno di questi edì ~
fizj era architettato (a) .
A A A Area dello stadio , o sia campo , su
cui correvano le quadrighe .
BBB Carceri , o siano poste , le quali erano
in numero di dodici . Non èrano esse già disposte
in linea retta coli' angolo retto ai lati del Circo, co
me ce le hanno rappresentate finora gli eruditi (b) ..
(a) Tavola I. ng. I.
(b) Il Fabretti los. cit. è stato il primo a rap-
presentarla bene nel Circo di Caracalla . Negli altri
Circhi erano forse in linea retta (*).. Neil' Agonale
non si capisce chiaramente , e neppure nel Massimo .
C) Come mai si può sospettare simile cosa?
Era meglio che tali parole restassero nella penna
di chi le scrisse . Gli Edit,
)( *iG )(
Erano sopra un arco di circolo, il cui centro era al
punto e . Ognun vede la ragione di questa disposi -
zione circolare , affinchè nessuna carretta avesse il
menomo spazio più dell' altra da percorrere (a) . Le
carceri erano pervie , e non avevano che la larghez
za necessaria a quattro cavalli di fronte , e la lunghez-
za per una breve carretta a due rote coi cavalli at-
taccati al timone .
e Centro del circolo , sul cui arco erano dispo-
ste le dodici carceri .
D D Aggere , o sia spina , lungo la quale dal-
l' una , e dall' altra parte correvano in giro a gara le
carrette . Era essa fondata quasi precisamente sopra
una linea retta, la quale può chiamarsi 1' asse del Cir
co . Io non dubito, che la larghezza, e lunghezza
della spina fosse in tutti i Circhi la stessa , cioè lar-
ga piedi 12, , e lunga 128 tese di Francia .
E E Le due mele , attorno alle quali giravano
le carrette . E 1 meta prima : E 2 meta seconda . La
meta prima era ad una distanza determinata dalle car-
ceri , cioè poche tese di più della metà della lunghez -
za della spina . Il sito della meta seconda E 2 vie-
ne determinato dalla lunghezza della spina , cioè 128
tese lontano dalla prima .
FFF Circonferenza del Circo , sulla grossez-
za della quale erano disposti i sedili , ì portici , ec.
(a) Si veda appresso il capo X.
Dalla parte sinistra il lato F i F i F i era quasi
parallelo alla spina fin dove cominciava a curvarsi
circolarmente , e voltare . Alla parte destra il lato
F 2. F 2. , ove finiva la suddetta curvità , cominciava
alcun poco a divergere dalla spina , e così conti-
nuava fino al punto * in faccia alla prima meta E i.
Tornava in quel medesimo punto a piegarsi in den-
tro per andare a raggiugnere la prima carcere B i,
e così chiudere lo steccato . Ognun vede la ragione
di questa divergenza , cioè per lasciare più ampiez-
za all' ingresso nello spazio alle carrette.
G Porta principale dei Circo . Io credo, chela
sua distanza dalla meta seconda fosse arbitraria , pur-
ché tra lei , e la meta restasse sufficiente , e comodo
passaggio per le carrette . Io suppongo , che V ar-
chitetto potesse tenere questa porta più, o meno lon-
tana dalla meta a misura , che voleva rendere il Cir-
co più , o meno capace di spettatori .
H H Due porte laterali del Circo , che separa-
vano i lati dalle earceri .
I Porta fra le carceri poco più larga di quelle
delie carceri, ed egualmente alta .
K Porta libitinaria , o sia sandapilaria per por-
tare fuori dello spazio i cadaveri , se qualcheduno vi
periva .
L L Torri inalzate alla estremità delle carceri .
M D Linea tangente alla prima meta, la cjuale
alla destra fissava il principio , ed alla sinistra il fine
dei giuoco ,
)( ai8 )(
CAPO V.
Dei lati Esterni, ed Interni del Circo ,
e di ciò , che loro apparteneva .
_l\lcuni Circhi della gran Roma erano esterna-
mente circondati da gran portici ; eccettuato quel
Iato , in cui erano disposte le carceri . Così era il
Circo Massimo ai giorni di Dionigi d' Alìcamasso ;
e così probabilmente sarà stato ancora il Flaminio
non minore a lui di bellezza , benché minore di
capacità . Altri Circhi poi erano semplicemente cir-
condati di muri con porte , e finestre , come tutta-
via si vede il Circo di Caracalla. Non essendo ne-
cessari i portici per le funzioni , che internamente
nello steccato si celebravano , non erano essi ag-
giunti all' esterno , che per maggiore magnificenza ,
o per servire di ricovero agli spettatori in caso di
pioggia improvisa (a) . I portici del Circo Massi-
mo ai tempi d' Augusto erano d' un sol piano ; ma
a quelli di Trajano „ che notabilmente gì' inalzò ,
(a) O più verisimilmente 5 perchè non vi era
altro mezzo per accrescere luoghi agli spettatori, che
con fare alti loggiati dietro al circondario antico del
Circo .
La seconda ragione addotta dal Bianconi è
appoggiata a Vitruvio , Lib. V. cap. y. Fast sce-
nam etc, Gli Edit
)( aig )(
è probabile , che fossero a più piani . Tanto ci fa
arguire qualche di lui medaglia , nel cui rovescio v' è
un Circo con portico , e galleria superiore (a) . Sola-
mente e cosa certa, che il lato del Circo Massimo,
dopo 1' accrescimento fattogli da Trajano , gareggia-
va in bellezza co' più bei tempj , e faceva una delle
meraviglie di Roma .
Gli archi, o sieno i fornici di questi porticati
servivano parte per dare accesso alle scale , che gui-
davano ai posti del Circo, e parte di officione per
differenti artefici . Fra gli artefici mettevansi ancora
le donne pubbliche (b) . Affine <3i dare idea del
libertinaggio di que' giorni , dirò che stavano esse
dentro quegli scuri fornici sotto la condotta d' uno
scaltro lenone , e al tetro lume di fetida lucerna
aspettavano chi le cercasse . Chiudea la loro porta
un vecchio panno rappezzato da più colori , chia-
mato centone , e per invito leggevasi fuori il nome
vero , o falso della donna , e il prezzo fissatole .
Ad un simile fornice del Circo Agonale fu condan-
nata , e condotta s. Agnese nobil fanciulla romana
per essere profanata : fornice , che ora è convertito
in un santuario ne' sotterranei della sua chiesa al
Circo Agonale . In uno pure di tali fornici andava
in abito mentito , e sotto nome di Licisca , P impe-
(a) Sono portate dal Panvinio pcg. So.
(b) Giovenale Sat. 3 y[ 65 segg, : Et ad cir*
rum jussas prostare puellas .
)( >20 )(
fatrice Messalina a far onore a Claudio (a) . Sensa
dubbio il nome di Jornicari ha tratta origine dai for-
nici circensi , prima probabilmente per burla , e dap-
poi in senso ben serio .
Le porte del portico avranno avuto esternamen-
te inciso sopra iì loro numero , come vediamo tut-
tavia su quelle del Colosseo , e su quelle dell' anfitea-
tro di Verona . Ciò pare indispensabile per evitare
la confusione , che sarebbe nata da tante porte so-
miglianti .
La disposizione , e il comparto di queste scale
interne era* in libertà dell' architetto . Ingegnosissime
sono quelle , che durano neìV anfiteatro di Verona ,
e nel Colosseo di Roma . Avendo esse lo stesso
scopo a un dipresso delle scale de' Circhi , almeno
ne' più capaci , è probabile che siano state molto
somiglianti fra loro . Ingegnosissime pure s©no quel'
le del Circo di Caracalla , come a suo luogo ve-
dremo . Le scale più nobili nel fondo del porticato
guidavano alle moke , e differenti porticelle del
podio . Era il podio un lungo , e stretto sentiere
scoperto , che pochi piedi sopra il suolo dei Circo
seguitamente girava da un estremo all' altro delPe-
difizio (b) . Essendo il posto più vicino al piano ,
(a) Giovenale sat. G v, n3 segg.
(b) Con questa descrizione resta ancora incerta
la vera idea del podio tanto in questa fabbrica , co-
)( *21 X
su cui si facevano i giuochi , era riguardato come
il posto d' onore . Non avevano dunque ingresso
in lui che i magistrati primarj , i pontefici , le ve-
nie nei teatri , anfiteatri , tempj , ed altre . Già nel
mio progetto per una nuova edizione di Vitruvio mo-
tivai degli assurdi messi fuori anche dagli architetti
interpreti di quell' autore , per non essersi bene in-
tesa questa parola ; riservandomi a darne la vera spie-
gazione nelle note all' opera . Ma giacche qui viene
1' opportunità di doverne dire qualche cosa , e a ciò
fare mi consiglia anche il eh. sig. ah. Carlo Bian-
coni fratello del nostro autore , e mi comunica la
sua interpretazione , che riviene alla mia ; dirò in
sostanza , che podio non è il parapetto di qualche
loggia , o altra parte da affacciarvisi ; ma che è co-
me il basamento , il pedale di un edilizio , il zocco-
lo , che gira da qualche parte , o da tutta la fabbri-
ca, sporgendo in fuori, come il piede al corpo li-
mano , siccome bene lo spiegò Roberto Stefano nel
suo Lessico . Notò già lo Scaligero conject. in Varr,
de Ling. lat. pag. 40 edit. i585 , che pes dai la-
tini si diceva per dire fondamento , o base di un e-
difizio, e d'altre cose; come i Greci dicevano na; , nodog,
da cui è venuto iroSio», e in latino podium , come no.
ta il Vossio nell' Etimologico, e forse podio , podia-
re ne' tempi più bassi. Vitruvio fra gli altri luoghi,
ove parla del podio lib. 6 cap. 4 usa questa voce
per dire quello , che noi diciamo zoccolo nelle pit-
ture a guazzo nelle nostre camere . Anche Palladio
de Re rust. lib. 1 cap. 38 , citato parimente dal
lodato sig. Bianconi , ce ne dà una chiara idea, scri-
vendo : Podia ternr's alta pedibus Jabricentur
et super hasc podia ahearia collocentur . Parla del
murello a ridosso di un muro più alto , sul quale si
\
' )( aaa )(
stali (a) , e talvolta ancora le persone della famiglia
imperiale quando volevano farsi vedere al popolo ,
o godere pivi da vicino i giuochi (h) . Davanti al
podio era un cancello , o sìa balaustra , per ripa-
ro di que' nobilissimi spettatori , e non v' erano se-
dili fissi , perchè era privilegio di quelli , che vi
aveano' luogo , il farvi portare le loro sedie magi-
strali . Nello scavarsi il teatro d' Ercolano si trovò
in una camera appartata, per quanto colà mi ven-
ne assicurato , una quantità di sedie di bronzo, che
vidi nel mio viaggio di Napoli, le quali probabil-
mente dovevano colà dentro serbarsi per farne uso
sul podio quando intervenivano allo spettacolo i ma-
gistrati di quella città . Il MafTei (e) suppone , che
pongono gli alveari . Figuriamoci dunque il podio
nelle anzidette fabbriche come un pedale , su cui si
appoggia il resto . Il sapersi , che su di esso vi era
la balaustrata , o parapetto , ha dato luogo alla con-
fusione , quasi che balaustrata si dicesse podio , per-
chè uno ci si appoggia, come viene spiegalo volgar
mente .
(a) Di queste parla Prudenzio contra Symm.
lib. 2. in fine :
An quoniarn podii meliore in parte sedentes
Speda nt .
Sveton in Aug. cap. 44-
(b) Giovenale sai. 2. v. i45 segg. :
Et Capitolinis generosior , et Marcellis,
Et Catuli , 'Pauli que minori bus , et Fabiis^et
Omnibus ad podium spectantibus .
(e) Lib. 2. cap. i3.
)( ^3 ;(
nei podio degli anfiteatri sedessero i magistrati in pan-
che di legno . Può darsi , ma non par ragionevole ,
che le prime dignità dello Stato non fossero distinte
dal popolo , che in banchi di legno sedeva anch' e*
gli sull'alto. Doveva fare un bellissimo colpo, d'oc
chio quand' era pieno il podio delle persone della
magistratura, del senato, e di tante altre ne' loro a-
Liti . Al dorso dei podio raggravasi in guisa d' ap-
poggio tutt' intorno un muro non molto più alto
d* un uomo , che potremmo chiamare all' uso di Vi-
truvio («) , precinzione ; ed in questo erano distri-
buite dì tratto in tratto le porticelle , che , come ho
detto , a lui dai porticati esterni guidavano .
Dagli stessi porticati pure altre scale più lunghe
conducevano ai sedili superiori ai podio . A questi
ancora s' aveva accesso per porticelle simili alle de-
scritte nel podio medesimo , le quali erano aperte "in
un muro , che circondava tutto ).' edilizio , egualmen-
te che circondavalo 1' appoggio del podio . Precin-
zione , o sia balteo , era pure chiamato questo mu-
ro ; ma per capirne bene la struttura , mi si permet-
ta il parlare prima dell' architettura dei sedili , dalia,
quale le precinzioni dipendevano . I sedili erano tanti-
gradi disposti a guisa di scala sostenuti da una , o più
volle inclinate ; e così ascendevano fino verso la som-
(a) Liib. 5. cap. 3.
X 224 )(
rnità del fianco del Circo . Giravano anch' essi come
r ambulacro , o via del podio per tutta la lunghez-
za dell' edilìzio . E cosa incerta , se vi fosse misura
costante per la larghezza , e allezza di questi gradi,
o sia sedili . Egli è infallibile, che la loro larghezza
dovea essere capace d' una persona , che su loro co-
modamente sedesse , e dei piedi di colui , che nel
grado a lui superiore sede» (a) . L' altezza anch' es-
sa dovea esser tale , che la persona sedente potesse
tenere agiatamente posati i piedi sul piano . Da ciò
pare, che i sedili fossero più larghi , che alti. In-
fatti nell' anfiteatro veronese , che è il solo , in cui
si conservino misure certe de' sedili, la loro larghez-
za è di 26 once veronesi , e 1' altezza di 17; cioè
1' altezza sta in circa alla larghezza , come due a tre .
Tale è appunto la misura assegnata da Vitruvio (b)
ai sedili de' teatri .
1 gran Circhi egualmente che i teatri, e gli an-
fiteatri più vasti , a guisa de' nostri teatri moderni
eiano divisi in varj ordini per tenere separatigli spet-
tatori secondo le loro differenti condizioni . Era da
tale separazione , che nascevano le precinzioni , che
ora dobbiamo spiegare .
Sopra
(a) Nei Circo di Caracalla non era così , come
si farà vedere in appresso .
(b) Uh* 5 cap. 6.
)( **5 )(
Sopra il muro postergale del podio cominciava-
no i sedili ; e dopo il numero , che di questi era cre-
duto sufficiente per dar luogo alle persone destinate
al prim' ordine, se ne interrompeva la scala , lascian-
done fuori due , o tre intieri . Da tale interruzione
nasceva necessariamente in queste scale di sedili uno
spazio voto , il quale serviva di ambulacro somiglian -
tissimo a quello dei podio, e che al pari di lui gi-
rava lungo tutto il Circo ; e vi stavano in piedi , ap-
poggiati alla precinzione , coloro , che giugnendo trop-
po tardi alto spettacolo trovavano i sedili ripieni .
Nasceva altresì un muro perpendicolare, il quale face-
va angolo retto colf ambulacro ; e sopra quel muro
ricominciava la scala dei sedili superiori , la quale for-
mava poi 1' ordine secondo . Questa interruzione co-
stituiva la divisione fra il primo , e il second' ordi-
ne , e questi ordini erano rinchiusi fra una interru-
zione , e F altra . L* ambulacro chiamavasi via , ed il
muro a lei perpendicolare chiamavasi precinzione ,
o sia balteo . Tali denominazioni erano giustissime ,
perchè per F ambulacro avrebbero potuto girare gli
spettatori da un luogo all' altro per tutto quell' or-
dine; e il muro perpendicolare, lungo il quale po-
tea girarsi , guardato da lontano sembrava una lar-
ga fascia, o sia cintura, che cingesse tutto quel va-
stissimo edifizio . Da un passo di Calpurino (a) av~
(a) Eclog. 7 v. 45. Tratta dell' Anfiteatro Fla-
vi. i5
)( **6 )(
^ertito dal marchese MafFei (a), si vede che le pie
cinzioni in alcuni di questi edifizj erano ricoperte
di musaici messi a oro , e a più colori : tanta era
!' antica magnificenza . La via , secondo Vitruvio (b) ,
dovea essere tanto larga quanto era la precinzione .
Resta ora chiaro , che vi dovevano essere tante
precinzioni 5 quanti erano gli ordini deli' edifizio ; e
questi ordini erano più, o meno capaci di spettato-
ri , quanto maggiore , o minore era il numero dei
cedili , o sia gradi contenuti fra una precinzione , e
r altra . Gli ordini dagli antichi erano chiamati mae-
niana (e) , nome anch' esso , che ha recato confu-
sione negli scritti de' moderni , massime nel Panvi-
nio . Al nostro modo di esprimerci , meniamo pri-
mo , meniamo secondo , volea dire , ordine primo ,
ordine secondo . S' inferisce , che come dal podio
non si potea passare ai sedili superiori a cagione del-
l' altezza del muro , che da lui li separava ; così
dalia precinzione , che neli' alto limitava il prim' or-
dine , non poteasi passare ai sedili dei secondo , a
cagione che essa pure li separava . Quello , che si è
vio , ma parla solo di oro , e di gemme :
Balteus en gemmis , en illitas porticus auro
Certatim radìant .
(a) Degli Anfit. lib. 2 cap. 8.
(b) Uh, 5 cap. 3.
(e) Così sono chiamati nell' iscrizione de' Fra-
telli Arralj, di cui si parlerà qui appresso.
detto del primo ordine , sia detto di tutti gli altri ,
se ve n' erano più .
Ecco divisi semplicissimamente i varj ordini dei
Circhi , dei teatri , e degli anfiteatri ; e divisi in mo-
do , che non v' era comunicazione alcuna fra di lo-
ro , benché gli spettatori fossero vicinissimi , e po-
tessero comodamente vedersi , parlarsi , e taluni an-
cora dall' alto della precinzione toccarsi la mano . Io
mi sono forse troppo minutamente esteso ; ma 1' ho
fatto , non parendomi , che ciò sia slato prima d' ora
spiegato da veruno con sufficiente chiarezza. Dirò di
più , che architettonicamente parlando , la cosa non
poteva essere altrimenti , se voglionsi ammettere le
separazioni , le precinzioni , e le vie , le quali sono
indispensabili per ispiegare gli autori antichi, che ne
fanno menzione , e massime un luogo di Tertullia-
no , che senza questa costruzione sarebbe inesplica-
bile (o) .
(a) Il passo è questo de Speci . eap. 2.0 : Nam
apud spectacula et in via statur ; vias enim vocant
cardines balteorum per ambitum , et discrimina pò-
pularium per proclivum ; cathedra quoque nomina-
tur ipse in anfractu ad consessum situs . Lo ha
spiegato egregiamente il MaiTei degli anfit. lib. 2
eap. 8 per vie , precinzioni , vomitorj e ordini di sedili .
Non è vero , ehe il Maffei abbia egregiamente
spiegato il passo di Tertulliano , come dice il Fea
per abbassare anche in questo il Consigliere, per-
chè il Majfii asserisce ~ Vie si chiamavano i
)( 228 )(
Non faccia ostacolo 1' interno dell' anfiteatro di
Verona , che sembra intero . eppure non ha precin-
zioni , anzi ha tutti i gradi continuati . I sedili di que-
sto edifizio furono rifatti , perchè gli antichi erano
presso che distrutti . L' architetto moderno dovette
farli di nuovo , é li fece senza conoscere la divisione
degli antichi , e senza regole ; anzi ha sbagliato per-
fino le misure. Tanto ho veduto io cogli occhi miei,
e tanto ha onoratamente confessato il marchese Maf-
fei (a) . La soia direzione de' vomitorj , che non po-
teva essere alterata nel r istauro y è restata a luogo
suo , ma malmenata anch' essa in varj luoghi ; ed
appuntò da essa possiamo congetturare' dov' erano le
precinzioni .
Vomitorj erano chiamate le porticelle , che aperte
nelle precinzioni mettevano nella via , Quando da
piani delle Precinzioni , e le Scale zr: e Tertul-
liano dice rr Nam apud spectacula et in via sta-
tur . Chi può pensare , che nelle scale stessero fer-
mi gli Spettatori, quando per esse dovevano an-
dar passando coloro , che da una parte , o dal-
l' altra venivano ? Per vie adunque , con pace del
Mqffei , e del Fea, si debbono intendere solamente
i piani , os si ano ambular i , sui quali ad angolo
retto si alzavano le Precinzioni , come indica chia-
ramente il Consigliere , e Tertulliano giustamente
chiama cardines balteorum, sui quali potevano sta-
re , e stavano gli Spettatori , ( Gli Edit. )
(a) Loc, ciU
X aa9 X
loro uscivano nel Circo a torme gli spettatori , ve-
duti da lontano i vomitorj sembravano tante bocche,
le quali vomitassero sul pendio de' gradi globi di po-
polo (a) . Dalla suddetta disposizione si conosce , che
i vomitorj , i quali non erano che porticelle , dove-
vano essere piantati perpendicolarmente. Ma appunto
per non avere lasciate fuori le precinzioni nel instau-
ro de' gradi dell' anfiteatro Veronese , i vomitorj so-
no diventati tante buche spalancate, le quali a chi
va pei gradi passeggiando si presentano con pericolo
all' improvviso , e barbaramente deformano quclP in-
comparabile edifizio .
Per sedervi sopra furono fatti i gradi ne' Cir-
chi , ne' teatri , e negli anfiteatri . La loro altezza ,
e molto più la loro larghezza gli avrebbe resi in-
comodissimi a chi se ne avesse voluto servire per
salire , o per discendere . Per tal effetto vi erano
scalette fatte apposta , e chiamate scalari (è) . Era-
no esse tagliate nel vivo de' sedili in modo , che
due gradini dello scalare ne occupavano uno; cioè
(a) Macrobio Saturn. lib, 6 cap> 4 illustran-
do il passo di Virgilio Georg. Uh. 2. v. 4^2 : totis
vomii cedikus undam ; scrìve ; Pulchre vomii undam ,
et antique ; nam ait ennius : et tiberis flumen vo-
mii in mare salsum . linde et nunc vomiloria in
spectacufis dicimus , unde homines glomeratim in-
grediente* in sedilia se Junduni .
(b) Vitruvio Uh, 5 cap. 6»
X *3° X
gli scalini erano alti, e larghi la metà dell' altezza ,
e della larghezza d' un sedile . La larghezza degli
scalari , per quanto ricavasi dai loro pèzzi antichi ,
che nei gradi di Verona , benché fuori di luogo ,
durano ancora , era di due piedi , e mezzo vero-
nesi. Gli scalari cominciavano nella via precisamente
in faccia a quel vomitorio, che ad essi guidava; e
dalla precinzione del prim' ordine , per esempio i
Scendevano , e finivano alla sommità dei muro , che
serviva d' appoggio al podio , come dalla via del
secondo ordine scendevano , e finivano alla sommità
della precinzione del primo ; e così di seguito .
I vomitorj dei differenti ordini non erano già
disposti uno sopra V altro , e nella medesima linea ;
ma, come si vede dalle rovine degli anfiteatri, era*
no disposti a scacchiere , e in conseguenza a scac-
chiere pure venivano gli scalari > che da loro par--
ti vano . Ciò avrà fatto un bellissimo effetto a chi
dà lontano li guardava. Tutto mettevano a profitto
i saggi architetti deli' antichità per ispargere elegan-
za , e simmetria ne* pubblici edifizj . Conseguenza
necessaria era , che uscendo per uno de' vomitorj
sulla via uno spettatore , egli non potea che discen-
dere per lo scalare , se voleva andare a collocarsi
in quei grado , che a lui conveniva . Non potea
neppure andare orizzontalmente spaziando a suo ta-
lento da un capo ali' altro del Circo nell' ordine ,
m cui era ammesso , perchè gii ordini erano sud-
)( *3i )(
divisi anch' essi in tanti compartimenti , anzi erano
gli scalari , che li dividevano . Un compartimento
era assegnato ad un genere di persone , e un altro
ad altre per evitare la confusione , e le dispute in
tante migliaja di spettatori . Nei teatri , e negli an-
fiteatri questi compartimenti erano chiamati cunei ,
perchè V interno dell' edilizio partecipando della fi-
gura d' un imbuto , i compartimenti erano larghi
nel!' alto , e stretti nel basso . Nel Circo , in cui i
lati , ed i sedili erano in linea quasi retta , i com-
partimenti saranno stati di figura quasi quadrango-
lare , quantunque per la loro origine si chiamassero
cunei anch' essi . Concependo le cose in questa ma-
niera , ognun vede quanto siano inutili quegli sca-
lari obliqui, che per disegnare i cunei ha immagi-
nato nel suo anfiteatro il marchese MafFei (a); sca-
lari difficili a concepirsi in buona architettura ; ma
infinitamente più difficili a farne uso . L' uomo nello
scendere le scale è portato dal proprio peso alla
linea più prossima alla perpendicolare , e non all' o-
bliqua . Con questo mio sistema ardisco dire , che
diventeranno chiari que' passi , i quali fino ad ora
sembravano intralciati negli autori antichi, ove par-
lano dei posti negli spettacoli , dei meniani , delle
precinzioni , e de' cunei , com' anche le leggi , che
su questi furono promulgate , e la celebre lapide ,
(a) Uh, 2, cap, 8 Tav* IX- , e cap, i3 Tav . XII
)( s3s )(
eoe assegna ai Fratelli Àrvali i luoghi nel!' anfitea-
tro (a) .
Oltre al podio , ed ai sedili , da' quali vedevansi
ì giuochi, veniva nel più alto del Circo il lunghis-
simo porticato , o sia galleria coperta , da cui guar-
davano i più lontani , e le persone più ordinarie ,
come è 1' ultimo ordine ne' nostri teatri (b) . Que-
sto portico , che era anche negli anfiteatri , come
si conosce dalle rovine del Flavio , e dei Verone-
se , non era certamente nei Circo di Caracalla ; né
capisco come il Panvinio , che ne vide i chiarissi-
mi avanzi, abbia potuto supporre il contrario, co-
me ci dà nelle sue figure . Da ciò arguisco, che
questo grand' uomo leggermente considerò questo
(a) Questa lapide ora esistente nel Museo Capi-
tolino , appena trovata sul fine dei secolo passato fu
pubblicata , e illustrata da monsig. della Torre Mo-
ntini, vct. Antii ' , in fine , pag- 386 edit. 172/f *-> na
ripetuta il Guasco Mus. Capii. In script. Tom. I. png.
i2& , e il eh. sig. ab. Cancellieri de Sacrar, vet.
Tom. IV. pag. 7072 tab. XXIII. 11 solo pezzo , che
riguarda 1' anfiteatro , è stato pubblicato , e illustrato
un poco diversamente dal sig. ab. Morcelli de Stylo
inscript, lib. 1 par. 1 cap. 6 pag. 199, e dal con-
te Carli Ant. Ital. par. 2. lib. 3 §. 4 Pag- 2°°- '
(b) 11 Maffei lib. 2. cap. i3 osserva , che dopo
la legge d' Augusto , di cui il nostro autore parla qui
appresso , ié donne sedeano su banchi di legno nel-
la parte avanti di questo portico , e dietro ad esse
stava la gente ordinaria . Vedasi anche il Bulengero
cap. 35.
)( 233 )(
Circo ; ed è ben naturale se fassi riflessione alla
prodigiosa quantità de' suoi scritti editi , e inediti ,
ed alla brevità della gloriosa , ma troppo ristretta
sua vita . Quei luoghi , che si chiamavano coena-
cula , e gli altri detti tabernae 9 dovevano essere in
quella galleria . E in qual altro luogo se non co-
lassi! possono collocarsi senza guastare tutta la bella
simmetria dell' edilìzio mostrata finora ? Certissimo
è , che i cenacoli erano luoghi rinchiusi , e padro-
nali . Se tali non fossero stati , Svetonio (o) non ci
direbbe , che Angusto andava spesso ne' cenacoli de'
suoi liberti a vedere le corse (b) . Sappiamo , che
(a) In Aug. cap. 45.
(b) I cenacoli si saranno detti cosi a somiglianza
di quelli delle case, che erano mezzanini nella parte
superiore , e per lo più vi si tenevano i liberti , o vi
abitava gente ordinaria . Ne parlammo nelle note al
Winkelmann Tom. III. pag. 62. Si potrebbe sospet-
tare , che i liberti d' Augusto stessero a vedere nei
mezzanini di qualche parte del palazzo , che guar-
dasse il Circo Massimo ; ma primieramente bisogne-
rebbe provare , che il Palai ino da quella parte fosse
già occupato tutto dalie fabbriche imperiali , e che vi
fosse anche il pulvinare per l' imperatore ; e in secon-
do luogo Svetonio dice , che Augusto andava anche
nei cenacoli degli amici , e vi sedeva colla moglie , e
coi figli , come anche in que' dei liberti : Ipse circen-
ses ex amicorum fere lìbertorumqae coenaculis spe~
ctabat , interdum et pulvinari . Et quidem cura con-
juge , et Uberi s sedens : spectacuìo plurimas horas ,
aliquando totos dies aderat . Tutto il contesto mo-
stra , che stesse nel Circo . Che il pulvinare fosse an.
)( ^34 )(
ì liberti non potevano avere luogo , che l'osse de-
gno dell' imperadore , se non fosse stato luogo chiu-
so, e di libertà . Sappiamo che i Grandi compra-
vano taberne intiere a comodo dei popoli delle tri-
bù per cattivarseli . Siccome , che in queir altura
pure v' andava , come ben tosto vedremo , la ^ple-
be, ne viene di conseguenza, che i cenacoli, e le
taberne saranno stati recinti chiusi , e separati di
quella gran galleria (a) . Dall' affitto di queste se-
parazioni, come dall'affitto delle officine dei porti -
che nello stesso Circo si rileva dallo stesso Svetonio
W Claud cap. 4 9 ove porta il biglietto d' Augusto a
Livia, di cui parla il sig. Bianconi poco appresso : Spec-
tare eum circenses ex pulvinari non placet nobis : ex*
poMtus enim in prima fronte spectaculorum conspi-
cietur . Parla di Claudio giovane . Dice anche Sve-
tonio nella di lui vita cap. 43 •> che egli fece passare
per T arena gli ostaggi dei parli introdotti a vedere
i giuochi , quali poi fece sedere nel gradino , o se-
dile secondo sopra il suo . Del pulvinare se ne ripar-
lerà in appresso . E' bensì da notarsi , che se Augu-
sto andava nei cenacoli degli amici , i cenacoli noia
«erano tutti per la gente ordinaria .
(a) Non ho trovato autore alcuno , che parli
delle taberne nel Circo ; ma bensì tutt: nel foro , ove
si davano più comunemente gli spettacoli gladiatori »
come si ha , fra gli altri autori , da Vitruvio lib. 5
cap. 1 . Cicerone prò Sextio , cap. 12.4 parla sicura-
mente di questi giuochi gladiatori nel foro , non dei
fori , o meniani nel Circo , siccome lo ha voluto spie-
gare il sig. conte Carli Antich. Jtal. par. 2. lib. 3
cap. 3 §. o pag. 184. E' manifesto, se non altro yfo\
)( *35 )(
ci , si saranno tratti fondi pel mantenimento del
Circo , giacche è impossibile , che simili edifizj non
avessero qualche dote , con che essere riparati nel
bisogno .
Per mantenere 1* ordine in tanta affluenza dì
popolo v' erano negli spettacoli i designatovi . Cura
di castoro era il collocare ognuno al posto , che
gli conveniva . Alcuni dunque saranno stati alle porte
delle precinzioni , ed altri saranno andati passeggian-
do per le vie . I primi non avranno forse lasciato
passare per le porticelle di un ordine se non chi
ci aveva diritto: i secondi avranno mandati gli spet-
tatori a quel sedile , che loro conveniva , acciocché
non passassero nei compartimento , o cuneo vicino s
che ad altri era destinato . Tarquinio divise il suo
Circo in trenta compartimenti , assegnandone imo
per ciascheduna delle trenta curie , nelle quali al-
lora era divisa Roma. Augusto nel teatro assegnò
un cuneo ai figliuoli di famiglia nobili ; ed assegnò
il cuneo vicino ai loro pedagoghi , perchè senza es-
sere mischiati con loro fossero a portata di vegliare
su di loro (a) . Il marchese Maffei crede (b) , che
coloro , i quali avevano la ispezione di collocare
dire Cicerone , che quei giuochi sì vedevano dal Cam-
pidoglio , da dove si vedeva il Foro Romano , non
il Circo .
(a) Sveton, in Aug. cap. 44-
(b) Begli Anfit. lib. 2. cap. i3 . Così ha ere-
)( ^36 )(
gli spettatori , si chiamassero locar) ; ma io non
saprei essere del suo parere . Pare , che i locarj
fossero coloro , che prendevano in affitto i luoghi
venali , e poi li sullocavano ben cari a chi non ave-
va luogo fisso ne' cunei . Tanto e' insegna Marzia-
le (a) d' un celebre gladiatore nomato Ermete , che
egli era la ricchezza de' locarj (b) . Anche al gior-
no d' oggi in Roma una casa da affittare si dice :
est locanda .
Tante precauzioni , e tanto ordine era necessa-
rio in una città piena di popolo , e di forestieri ,
che tutti volevano godere de' pubblici spettacoli . Sen-
za ciò avrebbero corso rischio le persone nobili di
trovarsi al fianco d' un vile plebeo ; su che 1' anti-
co orgoglio era assai schizzignoso . Augusto un gior-
no in pieno teatro fece uscire da un ordine un mi-
litare , che osservò non essere a suo luogo (e) .
duto anche il citato conte Carli Ant. Ital. par. 2 lib.
3 §. 4- Pag. iq5 .
Plauto nel Prologo del Penulo decide in fa-
vore del Consigliere dicendo rr
Neu dissignator praeler os obambulet ,
Neu sessum ducat , dum histrio in scena sciet ;
che noi traduciamo casi ■=. Non passeggi fuori
della porta chi mette a luogo gli Spettatori , ne li
ponga a sedere quando sia in iscena il Commediante .
(a) Epigr. lib. 5 ep. 2.S t». 9 ed. i644*
(b) Così motivò il Bulengero de Circo Rom.
cap. 35 .
(e) Svelon. in Aug, cap. i4-
)( *37 )(
Malgrado queste leggi andavano di tempo in tem-
po gli uomini , e le donne della medesima condi-
zione a sedere promiscuamente , e vicini nel me-
desimo grado . Angusto però , che aveva veduti gli
sconcerti nati fino nel seno della sua famiglia per
la troppa vicinanza degli uomini , e delle donne ,
emanò una legge (a) , che li separò almeno negli
spettacoli pubblici : legge , che sarà certo dispia-
ciuta alla gioventù , ed agli amanti ; ma che avrà
fatto gran piacere ai padri , e ai mariti . Andò que-
sta legge in qualche anno nuovamente in disuso j
com' è ben naturale ; giacché vedo , che vi fu bi-
sogno di rinnovarla .
Sapendo noi , che per entrare nei teatri , e
negli anfiteatri bisognava presentare una tessera e-
quivalente ai nostri biglietti , par naturale il crede-
re , che vi abbisognasse anche nei Circhi , nei qnali
militava la stessa ragione . Si sono trovate varie tes-
sere teatrali , e anfiteatrali ; e per tali si conosco-
no , essendovi scritto su il nome della tragedia ,
che dovea recitarsi , o io spettacolo gladiatorio , che
davasi (b) ; ma delle circensi , che io sappia , V az-
(a) Sv'eton. in Aug. cap. 44*
(b> Per non fare qui una nota troppo lunga , di-
remo solo , che possono vedersi intorno a queste tes-
sere il Grutero Inscr. pag. 334 n* 5 segg. , il Prigno-
rio de Serv. cap. 18 , V Oderici Syll. vet. inscr . n.
io pag: i85 , Lupi Epit. s. Sev. §. n pag. 87, già
X 238 )(
sardo fin ora non ne ha dato fuora alcuna abba-
stanza chiara . Ve ne sono certune , le quali han-
no un G avanti ad un numero , ed un altro C do-
po . Queste sono le sole , che possono forse in-
terpretarsi , per esempio , C. XX. C. Cuneus XX.
Circensis . Di più trovo , che v' erano dei luoghi
chiamati gratuiti , e che saranno stati del primo oc-
cupante, poiché li vedo riservati alla gentaglia. Par
dunque , che non fossero gratuiti altri luoghi forse
più distinti , cioè che vi volesse qualche contrase-
gno per entrarvi , e questo sarà stato la tessera .
A proposito de' luoghi gratuiti è noto , che una not-
te , precedente i giuochi nel Circo Massimo (a) ,
Accademici Ercolanesi nella prefazione al Tomo IV.
delle pitture d' Ercolano , il Caylus Ree. d1 antiq.
Tom. IV. pag. 284 pi» 87 72. 1. Il sig. ab. Giam-
battista Visconti , già commissario delle antichità , ne
possedeva una orbiculare di osso coli' iscrizione
XIII I
A P H C
I A
e il dotto P. ab. Sanclemente Camaldolese ne possie-
de un' altra di avorio , colla parola spectavit , che
V Ignarra de Pai. ISeap. pag. i4* npt. 3 crede pos-
sa spiegarsi per Spectatus est.
(a) I giuochi si principiavano la mattina a buon*
ora . Ved. Sveton. in Aug. cap. 44 > Lampridio ih
Eliogab. Alle volte si facevano dopo il mezzo gior-
no ; perciò s. Agostino Confess. lib. 8 cap. 6 li chia-
ma spettacolo pomeridiano . Per lo più duravano l' in.
tiera giornata .
X *39 X
era concorsa molta gente sui luoghi gratuiti , fors&
per non essere prevenuta dai più solleciti ; e fece
tanto fracasso , che Caligola inquietato per non po-
ter riposare, colla naturale sua ferocia la fece cac-
ciare a furore di bastonate (a) . Sia detto di pas-
saggio , che arguisco da ciò, che nel vastissimo pa-
lazzo imperiale Caligola avrà abitato negli apparta-
menti posteriori , che corrispondevano sopra il Cir-
co . Pare ancora , che i luoghi gratuiti , come po-
co fa ho accennato , fossero i più sollevati , perchè
quelli erano i più ignobili (Z>) ; e poi perchè es-
sendo il Circo in una vaile , ed il palazzo impe-"
riale in un' alta collina , bisogna , che costoro fos-
sero bene in alto per infastidire F imperatore .
Prima di finire il discorso dei sedili , due cose
avvertansi ancora . La prima , che come davanti al
podio v' era un cancello , o sia balaustrata , che ser-
viva di difesa a quegli spettatori; così non è da du-
bitare , che ve ne fosse uno pure a quei sedili , i
quali corrispondevano sopra il ^muro del podio , o
(a) Svet. in Calig, cap. 26.
(b) Svetonio dice , che vi furono schiacciati più di
venti «avalieri Romani , e altrettante matrone , oltre
l'infinita turba di altri , forse per la furia nello scappare 1
Inquietatus fremitu gratuita in Circo loca de media
nocte occupantium , omnes Justibus abegit : eìisique
per eum tumultum viginti amplius equites romani ,
totidem matronae, super innumeram turbam caeteram,
Ciò fa dubitare delle riflessioni dei nostro Autore . •
sopra quello delie precinzioni. In altra maniera sa-
rebbe stato luogo pericoloso io starvi a sedere, per
la facilità di precipitare nella sottoposta via a qua-
lunque picciol urto in tanta folla , e in tanti pas-
saggi . Ecco perchè Ovidio (a) alla sua fanciulla ,
che vicina a lui stava a godere le corse circensi ,
elice , che per non tenere le gambe a pendolonè
introduca la punta del piede nel cancello , che le
sta davanti : dal che arguisco ancora , che i cancelli
circensi erano traforati . Questa fanciulla certamen-
te , a quel che il poeta le dice , si vede , che non
era una delie vestali da potere aver luogo nel po-
dio . V era dunque cancello anche davanti ad altri
spettatori , che non avean luogo nel podio : lo che
Ignorarebbesi senza questo luogo d* Ovidio .
La seconda cosa da avvertirsi , è che tutti i se-
dili erano coperti di tavole di legno , acciocché le
persone non istessero con incomodo a sedere sulla
nuda , ed umida pietra ; com' erano di tavole pure
le panche , che stavano nella più alta parte , dove
era la galleria coperta . Da questa gran quantità di
legname nascevano alle volte gì' incendj di questi
edifizj, dei teatri, e degli anfiteatri rammentati nella
sto-
(a) Amor. lib. S el. 2 v. 63 seg. :
Sed pendent libi crura Ppotes , si forte juvabit ,
Cancellìs prìmtìs inseruisse pedes .
)( *4i )(
storia (a) , In altro modo come avrebbero potuto
incendiarsi ediiizj tutti di pietra ? Trovo di più che
era costume , massime alle donne , il portarvi un
cuscino , com' anche il portarvi Io sgabello per te-
nervi su i piedi (J?) . Le tavole , che coprivano i
sedili , erano divise in tanti posti per una persona
sola, mediante un regoletto di legno su di loro in-
chiodato , per traverso , e questo chiamavasi la li-
nea . Tal costume dura tuttavia nelle panche di le-
gno dei teatri di Roma; ed è ottimo provvedimento
per impedire , che gli spettatori vicini non si strin-
gano troppo 1' uno contro Y altro , e non s' inco-
modino . Ovidio , eh' io sappia , è il solo fra gli
antichi , che abbia fatta menzione di questa linea (e) ;
(a) Ved. il Maffei degli Anfit. lib. 2. cap. 12,
seg. , che così li spiega. Jborse anche il lacunare sa-
rà stato di legno, per recare tanto danno. Nel Cir-
co Massimo arse il fianco verso il monte Aventino al
tempo di Tiberio , come narra Tacito Annal. lib. 6
cap. 45. ; e dal fianco opposto sotto al Palatino , si
propagò 1' incendio per tutta la sua lunghezza nel
famoso incendio di Nerone, come si ha dallo stesso
Tacito lib. i5 cap. 38..
(b) Ovidio de arte ani. lib. i v. 160 segg.
(e) Quid frustra refugis ? cogit nos linea j un gì :
Haec in lege loci commoda Circus habet .
Amor. lib. ò el. 2 v. 19 e ao ; e lo ripete
de arte am. lib. 1 v. \+\. \
Proxìtnus a domina , nullo proliibente, sedeto :
Junge tuum lateri , qua potes usque , latus :
Et bene, quod cogit, si nolis , linea jungi ;
Quod libi tangenda est lege puella loci .
IV. 16
)( 242 X
ed è cosa lepida il vedere quante stravaganza per
impiegare la linea circense hanno detto i moderni
suoi commentatori (a) . Dopo tale spiegazione rileg-
gasi il poeta , e si troverà tutto piano , e chiaro .
Non v- è che una simile linea , la quale non per-
metta allo spettatore lo scostarsi troppo dal vici-
(a) li Micflio nel secondo luogo citato, edizio-
ne del 1662 di Leyden in 8.° accurante Corri. Schre-
velio , lo ha capito bene con queste parole: per li-
neam funìcu'um , aut simile aliquid intelligo , quo
scdilia alia ab aliis in Circo distincia /aere . Il conte
Carli Ant. Jtal. par. 2. lib. 3 §. 4 Pag> 197 ha ri-
portato anche questi passi di Ovidio , e di altri auto-
ri per tal linea : e dice di aver osservato nel teatro
ài Verona un sedile antico eli marmo con un labro
ad ambi ì lati rialzato , distante uno dall' altro quasi
due piedi . Alla pag. z/fi dà una iscrizione trovata
in fronte di un altro di tali sedili , in questo modo :
T L O G . I I I 1
1 L I N . I
che egli spiega gradus I. locus IP. linea I. ; dedu-
cendo dalla linea , o labro , che ha la pietra da un
lato , che il grado fosse diviso per mezzo di linee in
più spazj ; e che il primo spazio del primo grado si-
no alia prima linea dividente comprendeva quattro
luoghi . Questa numerazione avrà servito di rincon-
tro per le tessere, che si distribuivano ,e per li Ilio.
ghi privilegiati , come si deduce anche dalla citata
iscrizione degli Arvali . Anche il Serlio lib. 3 cap. 79
ed. 1600 dice di avere osservati nell' anfiteatro Fla-
vio certi canaletti , che saranno state linee divisorie ;
ma egli non li conobbe che per canaletti da fare
scorrere l' acqua , e V urina , che sarebbe stata cosa
impropria . '
)( ;43 )(
no , e nello stesso tempo permetta di toccarlo col
fianco . Ognun vede quanto era facile per mezzo
di queste divisioni il sapere il numero preciso delie
persone , delle quali era capace un Circo , un tea-
tro, o én anfiteatro, perchè bastava contare le li-
nee . Il Circo di Caracalla , che fu certamente il
più mediocre , e non avea che dieci gradi , e sen-
za il portico superiore , non era capace che di ven-
tiquattro mila spettatori (a) . Ma immaginiamoci per
un istante il Circo Massimo capace di 38o mila
spettatori , con tante balaustrate da un capo all' al-
tro , con tante vastissime gallerie , con tante divi-
sioni , con tanti comodi , e tanto apparato ; e poi
dicasi- con umiltà quanto siamo diventati piccoli ne'
nostri moderni spettacoli .
Fino ad ora non si è parlato che dei luoghi
destinati ai cittadini , e al popolo : parlisi ora di
quello , da cui stavano a vedere i giuochi circensi
gì' imperadori , e la famiglia augusta . Chiamavasi
questo il pulvinare , e bisogna che fosse fabbrica
insigne , perchè Augusto nel Monumento Andra-
nò (b) si fa gloria d' avere innalzato il pulvinare
(a) Il sig. de la Lande Voyage en Ital. T. V. chap.
12. pag. 355 edit. Par. 1786 ricorda questo calcolo
del nostro Autore , che forse aveva inteso da lui a
voce . Noi crediamo , che il numero non passasse i
18000 , come si dirà in appresso .
(b) Presso il Grutero pag. 2Ò2. , e in fine deli'
edizione di Svetonio heosmrdiae 17 15 Tom. IL pag.
nei Circo Massimo . Nacque lai nome probabilmente
dall' adulazione compagna inseparabile de' sovrani „
JNei tempj il pulvinare era il sacrario intimo , in
cui sopra molle cuscino si tenevano gì' idoletti più
rispettabili d' oro , e "di avorio . Sarassi dunque chia-
mato collo stesso nome il luogo , ove andava la fa-
miglia augusta , quasi che fosse composta di tanti
Dei . Pulvinare pure chiamossi , forse per la stessa
ragione , la camera , in cui dormivano gì' imperato-
ri . Potrebbe darsi ancora , che avessero ottenuto
tal nome per molti cuscini , che per comodo vi sa-
ranno stati distesi in ogni parte.
Due erano i punti più importanti per vedere
nel Circo gli accidenti , che vi succedevano ; ed in
uno di questi , se non in amendue , ho ragione di
credere , che vi fosse il pulvinare . L' uno era alla
sinistra del Circo, appunto m faccia alle prime me-
te, e a vista delle carceri .
Da tal luogo non solo potea 1' imperatore
dare visibilmente il cenno della mossa agli aurighi ,
che pronti al corso dalle carceri aperte lo aspetta-
vano ; ma se ne vedeva da vicino la prima scap-
pata , le seconde voltate , ed egualmente la vitto-
ii4i : e nell' edizione d' Aurelio Vittore fatta dall'
Arnlzenio Amstelodumi ifò$ Tom. II. pag. 4% >
e presso Chishull Antiq. Asiat.pog. 172 seg. , oltre
Lipsio , e Busbequio , che fu il primo a pubblicarlo
nel i579-
)( ^45 )(
ria , che si decideva precisamente sotto i suoi oc-
chi (a) U altro era sul lato destro dell' edilìzio
più vicino alle seconde mete . Di colà vedeva sotto
di lui le gare , e gli urti , che tra di loro si da-
vano le carrette , e le loro anguste voltate intorno
alia tondeggiante base delle mete, dalle quali, co-
me vedremo , dipendeva in gran parte la probabi-
lità della vittoria . Tali luoghi erano degni dei prin-
cipe. Augusto in un biglietto, che scrisse a Livia,
le disse , che non gli piacea , che Claudio ancor
giovinetto stesse ad osservare le corse dal pulvina-
re; perchè era troppo in vista del popolo (b) . Quel
principe fino da' suoi primi anni diede segni di- stu-
pidità ; e Augusto non avrà voluto , che fosse co-
nosciuto sì sollecitamente dal popolo . All' esterno
del Circo era 1' ingresso particolare al pulvinare \
e ciò per maggiore libertà dei principi nel!' andar-
vi , e del popolo , che stando seduto nel Circo ad
«spettarli , li vedea tutti a un fratto presentarsi al
balcone del pulvinare, come noi vediamo presen-
tarsi il sovrano al luminoso suo palco ne' nostri
teatri .
Tra j ano nel Circo Massimo levò affatto il pul-
vinare , e perciò meritò lode di rara clemenza da
(a) Avrà servito anche per vedere gli altri giuo-
chi , che si facevano dopo le corse , principalmente
neìY arca davanti alle carceri .
(b) Sveton, in Clauà, cop. 4«
)( ^46 )(
Plinio , per essersi con ciò accomunato col popolo
Romano'. Il popolo non vedrà più, die' egli, so-
lamente la camera del principe , ma vedrà il prin-
cipe stessa assiso fra lui (a) . Forza è però , che
non volessero tanta clemenza i suoi successori; per-
chè si vede tuttavia nelle rovine del palazzo de' Ce-
sari sulla parte posteriore , e nel più alto del colle ,
una camera isolata, che sostenuta da tre grandi ar-
chi sporge in fuori ? e domina a cavaliere tutto Io
spazio del Circo a lei sottoposto . Pare , che que-
sta servisse per vedere le corse circensi senza usci-
re dagli appartamenti imperiali . La camera dura
ancora intiera , benché spogliata de' suoi ornamenti ,
ed affatto smantellata (b) .
(a) In Vaneg. cap. Si. Tutto il contesto fa ca-
pire , che realmente Trajano levasse il pulvinare , non
che egli semplicemente sedesse fra il popolo : Visen-
da autem ( il Circo ) , cum celerà specie, tum quod
mquàtus plebi s , ac principi s focus . Siquidem per
omne spatium una facies , omnia continua , et pa-
ria ; nec magis proprius spectancìi Cossaris sugge-
stus , quam propria , quee spectet . Licebit ergo ci-
vibus tuis invicem contueri ; d&bitur non ciìbiculum
principis , se d ipsum prineipem cernere in publico .
in populo sedentem . E ciò conferma quello , che ho
detto innanzi appunto del pulvinare del principe ;
che fosse nello stesso Circo . Quel per omne spatium
una facies , omnia continua , et paria , non può
intendersi mai di una fabbrica lontana dai sedili co-
muni a tutto il. popolo .
(b) Con questo discorso pare., che l'autore con*
)( 'Al )(
Nel Circo di Caracaila io feci scavare alcun
poco appunto sotto il pulvinare , che restava in fac-
cia alle prime mete , avendo bisogno di prendere
certe misure ; ed oltre ad un bellissimo pezzo di
cornice maravigliosamente lavorato con eleganti men-
sole , vi trovai molti frammenti di capitelli corintj ,
un pezzo di colonna scanalata , una mano di gran-
dezza naturale tenente dei pomi , una mezza testa ,
e molti altri rottami , il tutto di marmo . Si ve-
dea , che tanta rovina era piuttosto effetto di colpì
violenti , che del tempo edace , come si osserva in
quasi tutte le antichità romane . Vi trovai pure un
pezzo di muro dipinto a ligure , com' anche molte
lastre di marmi colorati per incrostare pareti , o pa-
vimenti . Se tanto erano ornati i pulvinari d' un Cir-
co , che come mostrerò , era fabbrica privata , e
fatta per un semplice spogliatoio suburbano de' Ce-
sari (a) y che non sarà stato il pulvinare nei Circo
Massimo, in cui la magnificenza sovrana dovea fa-
re maggior comparsa? Ma tanto basti dei lati del
fonda il pulvinare , che poc' anzi ha collocato nello
stesso Circo, con questo, che ora mette sullo stesso
monte Palatino . Avrà voluto dire , che questo fu so-
stituito a quello ; che considerava come un pulvina-
re privato dei giuochi con libertà .
(a) Non so quali ragioni avesse 1' autore per
provarlo, non avendone troiata alcuna nei suoi scritti.
)( «B )(
Circo . Parliamo ora delle gran porte , che dalla
pubblica via davano ingresso nello steccato .
La porta principale era ali' apice della curva-
tura del Circo , ih faccia precisamente alle carce-
ri . Per essa io credo , che uscissero quasi trion-
falmente dopo la funzione i vincitori delle corse.
Due gran porte laterali , e compagne , una
cioè per parte, terminavano i lati del Circo dalla
banda delle carceri . Se il Circo era circondato da
portici, venivano queste a corrispondere precisa-
mente in faccia al primo arco dell' uno , e dell' al-
tro dei fianchi . Se non avea , che un muro cir-
condario , com' è il Circo di Caracaìla , erano aperte
nel muro in quel medesimo luogo . Per una di
queste , cred' io , che entrasse , e per 1' altra uscisse
!a pompa , dopo aver fatto il giro dello steccato ,
e finite le funzioni sacre , per le quali entrava nei
giuochi.
L' arco di mezzo delie carceri serviva anche
esso per una delle principali porte . Per questo ave-
vano ingresso nello spazio i consoli , e que' magi-
strati , che presiedevano allo spettacolo . Di esso si
parlerà nel capo seguente , ove si descriverà l' op-
pido , di cui esso è parte .
La quinta porta , se pure non ve n' era più
d' una , chiamavasi libitinaria . Stava ad un lato
del Circo , e quasi nascosta sotto il podio , e i se-
dili ; e serviva a portar fuori i cadaveri di coloro,
)( ^49 )(
che perivano in tali pericolosi giuochi (a) . Era rito
rigorosissimo nelP antichità , che ì morti non pas-
sassero mai per le porte , che servivano ai vivi ,
per evitare il funesto augurio . Simile superstizione
ha durato quasi fino ai nostri secoli in alcune città
della Toscana . Si vedono ancora case antiche con
due porte , una delle quali , raccontano gli antiquarj
d' oggidì , e i filopatrj , che non si apriva , che al-
l' occasione de' mortorj . Chiamavasi ancora porta
sandapilaria da sandapila , che era la bara , su
cui portavansi i cadaveri delle persone plebee . Ma
il fin qui detto basti sui lati del Circo* Parlisi ora
dell' oppido .
CAPO VI.
Dell' Oppido .
JLj estremità' del Circo , la quale era in faccia
alla porta lunata , ed era compresa fra i due lati
più lunghi dell' edifizio , chiamavasi oppido . Era
(a) Nel Circo di Caracalla questa porta è ve-
ramente una, e tale , quale la descrive P autore, co-
me può vedersi nella Tavola I. L' altra porta sup-
posta da taluni , e chiamata sanavivaria , con parola
barbara, è già stata bandita dal Maffei degli AnJ*
lib. 2. cap. 7 il quale fa osservare , che quella pa-
rola è nata dalla falsa lezione di sandapilaria . Mol-
to maggior errore sarebbe il voler collocare queste
1' oppido una serie di tredici archi uniti di fronte ?
e contigui , ma non tra loro comunicanti . Alle due
estremità di questa serie sorgeano due torri , una
cioè per parte , le quali colla loro altezza sovrasta-
vano a tutto P edilizio , e lo dominavano . L' arco
di mezzo , che non era che di poco più largo de-
gli altri senza essere più alto, serviva di porta an-
eli' esso per entrare nel Circo . Veduta da lontano
tutta questa unione d' archi , di porte , e. di torri ,
pareva un castello; e da ciò nacquegli fino ne' tem-
pi più antichi il nome di oppido .
I dodici archi , che nel mezzo aveano la por-
ta , servivano di stanzini per tenervi rinchiuse le
carrette fino ai momento della corsa. Era ognuno
in larghezza capace di quattro cavalli di fronte , e
non più ; e la sua profondità non eccedea la lun-
ghezza d' una carretta coi cavalli al timone .
Questi archi erano pervj , cioè trapassavano , ne lì
chiudea che un cancello bivalve di legno dalla parte
interna del Circo . Dalla parte esterna è naturale „
che le carceri avessero una porta per custodia della
carcere medesima nei tempi , ne' quali non se ne
Faceva uso . Il popolo indocile , e che ama di gua-
stare impunemente le cose quando nessuno lo ve-
lie , sarà stato in uso fino d' allora .
due porte ove sono le due porte lateralmente al-
le carceri , segnale nella citata Tavola lett. H H ,
mentovale poco prima dall' autore .
)(-*5i )(
Un semplice muro separava fra loro le carce-
ri ; e questo nella facciata interna del Circo , nella
quale serviva dì pilastro divisorio . Era ornato di
una grand' Erma di marmo , o di pietra , che a
lui appoggiata assomigliava quasi ad una Cariatide.
Il cancello , che chiudea le carceri , non era più
allo dei loro stipiti , e la lunetta superiore dell' ar-
co era chiusa da una gran placa di marmo sottile,
e semicircolare , traforata a fiori , e ad altri orna-
menti . Due di queste plache elegantissime , ed in-
tiere (a) si vedono ancora incastrate nel muro della
seconda corte nel palazzo Mattei ,, trovate probabil-
mente nel fabbricarlo ; giacché esso è precisamente
fondato sopra le rovine d' una gran parte del Circo
Flaminio .
Benché di queste Erme , e della loro forma
troviamo traccia in alcuni bassorilievi circensi , e' ne
troviamo anche P uso chiarissimo in Cassiodoro (b) ;
pure da questo ' medesimo luogo di Cassiodoro ha
presa occasione il Panvinio {e) di urtare in grosso
sbaglio . Egli ha creduto , che non vi fossero che
due Erme , cioè due statue intiere di Mercurio \
e queste piantate nell' area del Circo a qualche dì-
stanza dalle carceri , e vicinissime ai due podj op-
(a) Sono in gran parte restaurate colla calce ,
o stucco .
(b) Var. Uh. 3 ep, 5i
(e.) TJb. t cap. 6.
)( *5* )(
posti , Ha creduto , che da queste statue sì tenesse
in mano il canape , a cui , e non entro le carce-
ri , stessero ad aspettare la mossa le carrette ; e
che al cadere di questo canape , come si fa oggi
giorno nelle nostre corse de' barbari, cominciasse
la corsa . Ha data di più la figura , come cosa
certissima , di questa sua supposizione nella gran ta-
vola del Circo Massimo da lui unita al suo trattato
de' giuochi circensi . Ma non ha riflettuto questo
grand' uomo , che le carrette cominciavano la corsa
dall' interno delle carceri . Non ha riflettuto , che
quelle due statue piantate nel campo medesimo ,
su cui correvano le carrette , sarebbero state di gran-
dissimo imbarazzo ; e finalmente non ha riflettuto ,
che è cosa impossibile il tendere con forza , e sol-
levar da terra in tanta distanza un grosso canape ;
e molto più difficile , non essendo raccomandato
che ad una piccola statua isolata . La forza delia
catenaria in tanta estensione , e una di quelle , che
in meccanica si accosta quasi al!' infinito . Serviva-
no dunque le nostre Erme a tenere una corda ,
che passava da una carcere all' altra , e non più ;
e che cadeva veramente ai momento , m cui do-
veva cominciare la corsa .
L' allineamento di queste tredici arcate , o sia.
carceri , non era già in linea retta ; e molto me-
no faceva un angolo retto coi lati del Circo . Era-
no esse disposte in un arco di circolo , il cui cen~
, , )( ^53 )(
tro cadeva nell' area dello steccato dalla parte de-
stra. Tal centro doveva essere egualmente distante
dalla prima meta , che dai podio della parte de-
stra del Circo . Da questa situazione ognun ve-
de , come T arco delle carceri dovea cadere di sghem-
bo rispetto al totale dell' edilizio ; e in conseguen-
za , che. il lato destro del Circo doveva essere un
po' più lungo dei sinistro, per venire ad unirsi alle
carceri , le quali cadevano un po' più lontane . La
pianta generale del Circo darà idea più giusta di
questa struttura, che qualunque mio ulteriore discor-
so . La ragione poi di tale curvità , ed inclinazione
alla sinistra , era affinchè tutte le carrette , qualunque
fosse la carcere , da cui partivano , avessero uno spa-
zio eguale da percorrere prima d'entrare nella lizza
comune ; e così doveva essere , perchè percorreva-
no raggi del medesimo circolo .
Ogni carcere aveva il suo numero , che la di-
stingueva . Nella iscrizione di Diocle , presso il Gru-
tero (a) , è fatta menzione dell' agitare summa qua-
driga . Il Panvinio (b) crede , che significhi il par-
tir dalla carcere in faccia alla spina ; il che sembra
falso . Vedendo , che dopo questa frase V iscrizione
dice , mìssus ab hostio UH. , e dappoi , missus a
pompa , mi fa credere , che summa quadriga signi-
(a) Pag. 3^7 e presso il Panvinio lìb. 1 cap, io.
(b) Lìb, 1 cap. 14 pag. 17.
)( ^54 )(
fichi l' ultima carcere verso i gradi dall' una , o dal -
i' altra parte ; perchè queste erano le raen vantag-
giose . Si vede , che Diocle durò ventiquattro anni
a prendere volontariamente questo luogo , per fare
comparir più la sua bravura . Dopo questa carcere ,
quella , che veniva , chiamavasi la quarta ; quindi sa-
rassi chiamata terza , 1' altra seconda , e prima , fino
a quella, che era contigua alla porta di mezzo, per
cui entrava la pompa . Quest' ultima carcere , che
era la prima , cominciando dalla summa , dicevasi a
pompa .
Sopra questa serie arcuata delie carceri v' era
un grand* ambulacro , o sia terrazzo scoperto , da
cui perfettamente poteano vedersi , benché soltanto
per il lungo, tutte le funzioni circensi. A lui anda-
vasi perle medesime scale interne delle torri, il cui
primo ripiano riusciva appunto a livello di questo
ambulacro . Dallo stesso ripiano s' andava ancora ad
un altro terrazzo , che restava sopra la volta dell' ar
co delle due gran porte laterali (a) .
Non si credesse già , che quest' ambulacro ser-
visse anch' esso pel popolo spettatore . Vedendo io
in alcuni bassirilievi circensi , e massime in quello,
che si vede in Foligno intaglialo sopra un sarcofa-
(a) In quelle del Circo di Caracaila, delle quali
forse intende parlare 1' Autore , non era così , come s:,
vedrà nella spiegazione della Tavola I.
)( ^55 )(
go , e dato in rame dal Panvinnio (a}9 che sopra
la porta di mezzo v' è un tribunale , o sia suggesto
per persone quaiilìcale ; e leggendosi in Sidonio (&) ,
che a questa porta eira la sede dei consoli , sono
tentato a credere ? che su quelf ambulacro avessero
essi il loro luogo . In tal caso non è naturale , che
fossero accomunati col popolo . Ove parleremo dei
giuochi vedremo a qual altro genere di spettatori,
oltre ai consoli , sia probabile che quel luogo fosse
destinato (e) .
Qual uso aveano le due alte torri dell' oppido
nel Circo ? Qui pure non possono aver lu< go che
congetture . Parleremo dì esse ove si tratterà dei
giuochi , e si vedrà essere molto probàbile , che in
quella tanta altezza si collocasse la musica . Nel
pian terreno delle torri non par dubbio , che vi
saranno stali coloro , che movevano la macchina ,
per cui in un istante aprivansi come da loro i can-
celli delle carceri : io che era il primo segno della
corsa . Pare che fosse una parte dell' eleganza del
(a) Il sig. Bianconi lo aveva fatto disegnare dall'
originale per darlo qui inciso in rame : ma il dise-
gno che si è trovato fra le di lui carte , non ci è
sembrato tale da meritare dì farne uso .
(b) Ad Consent. carm. zò v. 3 17 edìt. Paris,
1609 pag. 194.
\ (e) Il nostro Autore dopo avere scritte queste
cose acquistò il bassorilievo , per il quale avrebbe fat-
te^deile nuove riflessioni a questo proposito .
)( s56 )(
giuoco, che gli spettatori non vedessero gli operaj;
ma vedessero la sola operazione al dato segno . li
pian terreno delle torri era il solo luogo, ove il po-
polo inserviente potea celarsi ; e pare che fosse il
più contacente per agire sulle macchine dei cancel-
li , perchè era il più ad esse vicino .
Finiscasi coli' avvertire , che le carceri egual-
mente che le torri erano tutte dipinte . Tanto an-
cora vedesi nelle torri dei Circo di Caracalla , ,in
cui durano esse quasi intiere ; e tanto ho veduto io
ancora nelle rovine delle sue carceri ali' occasione ,
che per prendere le necessarie misure ne feci sco-
prire i rimasugli . Gii antichi non lasciavano mai
muri bianchi , come fassi ai giorni nostri . Pareva
loro , che un edilìzio non fosse finito , se non ne
incrostavano ancora di marmi , o di bassirilievi di
stucco le pareti , o almeno non le dipingevano , o
non le colorivano (a) .
CAPO VII.
Della Spina , e delV Arena .
JLja spina fu la parte più rispettabile del Circo ,
anzi ne fu precisamente il santuario , perchè era
nata
(a) Sono tanto frequenti queste pitture , e stuc-
chi nelle rovine delle antiche fabbriche pubbliche , e
)( *57 )(
tutta destinata agli Dei . Era essa un gran murello
alto quattro piedi in circa , e largo forse dodici ,
o più (a) \ il quale per un tratto a un dipresso dì
due terzi del Circo divideva per lungo in due gran
corsie T arena , come la spina divide in due parti
il dorso dei pesci . Fu da questa similitudine , che
trasse il nome di spina ; e ben giustamente . Co-
minciava essa ad una certa distanza dalle carceri ,
e finiva prima d'arrivare alla porta trionfale. /Non
trovando io usato questo nome di spina da verun
antico scrittore prima di Cassiodoro (b) , mi do a
credere, che ai tempi della pura latinità questa pa-
rola non fosse ancora stata introdotta in quella lin-
gua , che dai dotti ài scriveva ; e che s' adoprasse
solamente nel discorso dal volgo. Da simile diffe-
renza di parole nacque la distinzione , che tuttavia
dura, di lingua latina, e volgare, le di cui parole
furono dappoi adottate coli' andar de' secoli nella
scrittura (e) .
private , in Pioma , e fuori , che non . è necessario
darne esempi a confermare la proposizione dell' Autore.
(a) Forse il nostro Autore assegna queste misu-
re suir autorità del Bulengero de Circo roin. cap.
22. Nel Circo di Caracalla sono maggiori, come si
vedrà nella Tavola 1. Pure maggiori saranno state nei
Circo Massimo .
(b) Variar, lib. 3 epist. 5i.
(e) Fra le altre opere, che meditava il nostro
Autore , wna era su questo argomento , come scrìve
IV. 17
)( ^58 )(
Era d' intorno alia spina , che ne' giuochi cor-
revano a gara le carrette . Descrivasene per quanto
è possibile la figura , gli ornamenti , ed il prospetto
sulle antiche tracce , che ce ne danno le medaglie ,
i bassirilievi , ed i pochi tratti degli scrittori antichi .
Si potrebbe camminare molto più sul sicuro , se ,
come Vitruvio } che ci ha così dottamente parlato
de' teatri, non avesse poi taciuto sull'articolo de' Cir-
chi j e degli anfiteatri; omissione, secondo me, ine-
splieabile .
Prima d' ogn' altra cosa riflettasi, che alle due
estremità della spina stavano piantate le mete . Era-
ne queste tre coni , che uniti triangolarmente tor-
reggiavano a guisa di cipresso, e si vedeano di lon-
tano. Da principio si fecero di legno; ma crescen-
do la magnificenza furono costrutte di marmo (a) .
Sul loro apice v' era un grand' ovo , probabilmente
di marmo anch' esso , in memoria delle ova parto-
rite da Leda , dalle quali nacque Castore , e Pollu-
ce protettori dell' impero romano . Le mete in quella
estremità della spina , che riguardava le carceri , e
che chiamavansi prime mete , posavano sopra la
volta d' un angusto tempietto , o cappelle tta semì-
il sig. Annibale Mariotti nella di lui orazione fune-
bre , not. h. pag. 35.
(a) Si parla del Circo Massimo , in cui Clau-
dio fece le carceri di marmo, ed anche le mete
pure indorate. Svetonio nella di lui vita, cap. 21.
)( *59 )(
circolare , poco più larga della spina . Questa , al
dire di Tertulliano , doveva essere sotterranea , di
modo che per entrarvi bisognasse discendere . Nel
Circo di Caracalla , in cui tuttavia questo tempietto
è quasi intiero , vedesi chiaramente anch' esso sotto
il livello dell' arena . Nello stesso Circo all' opposta
estremità della spina dura ancora un altro tempietto
sotterraneo , in ogni sua parte eguale ai primo , e
che oggi è pieno d' acqua (a) . Su questo pure era-
no le altre mete , che chiamavansi seconde , e so-
migliantissime in tutto alle prime (b) • La parte
(a) Neil' estate è secco . Noi vi siamo entrati
per esaminarne ogni parte .
(b) Io credo che in Cassiodoro Var. lib. 3
epist. 5i vada letto: Metae orientis , et occidentis
terminos design&nt; non rotae , come si legge vol-
garmente , e molto meno Eoe, come ha un codice
Chisiano , e come nota in margine il Fornerio nel-
V edizione del i63y e 1664 : parole, che qui nulla
significano. S. Isidoro Orig. lib. 18 cap. 3o confer-
ma la mia correzione , dicendo : Metarum quippe
appellatione proprie terminimi , ac Jìnem mundi
designari volimi , ab eo quod alicui emensus Jinis
est : sive ad testimonium orientis , o cri denti sque
solis : e Cedreno Comp. hist. Tom. I. pag, 147 ed.
Par. 1647 : tov &£<trt t<x$ 8»pa? x<x.mtttov tiìv clvoltqXw ,
xai tov ini tv cQèvS-ovv t*v -9-vj/i; , metam ad carceres
designare orientem ; metam ad jundam , ( o me-
glio ante curvaturam ) occasum : e così va tra-
dotto, come fa il Bulengero de Circo rom. cap, zS,
non come si legge nella citata edizione fatta sulla
versione dei Silandro : Flexus , qui ad Jores est ,
)( s6o )(
semicircolare, o sia il fondo di questi due tempiet-
ti, nelle prime mete era rivolta verso le carceri ,
e nelle seconde verso la porta trionfale : e la loro
porticella d' ingresso restava quasi nascosta in uno
stretto sentiere , che separava la spina dal tempiet-
to, come chiaramente si vedrà nella pianta del Cir-
co di Garacalla . Il primo di questi due tempietti ,
quello cioè vicino alle carceri , era dedicato , secon-
do Tertulliano , alla dea Marcia , o sia dea della
languidezza ; e questa fu la ragione , per cui la li-
turgia pagana facea quasi solfo terra questo santua-
rio . In esso nascondevano il Dìo Conso , che fu lo
ortum solis ; qui ad Jundam , occasum . Ce-
dreno chiama sfendone la curvatura ; perchè ap-
punto somiglia a una fionda , o ad un anello , con-
siderando le due braccia del Circo , che vanno ad
unirsi alla porta , la quale così in mezzo a due cur-
ve somiglia alla pietra nella fionda , e neli' anello .
Il Bulengero cap. 2,2. , per non aver fatta questa
semplicissima riflessione , volendo spiegare questa
parola , usata in proposito di questa parie del Circo
pure da s. Gio. Crisostomo Orat. de Circo , e da
Niceta lib. 1 num. io in Andr. Comn. pag. 2.00
ed. 1647? dice, che era un luogo in forma di fion-
da vicino alia meta, anzi la meta stessa. Onde pres-
so Niceta YìOLTct Ti* rov gtolSiov sQevSovtv, non va tra-
dotto, come fa il Bulengero, per fundam Circi, o
come il Volfio nella citata edizione , in sphtndone
Circi', ma bensì e regione sphendonìs , o cureaturae
Circi ; cioè nello spazio avanti la curvatura del Cir-
co : intendendo »ar% per contra , adversus , e re-
gione , ec
)( a6i )(
stesso che Nettuno . Dovea presiedere ai Circhi , per-
chè Nettuno fu il creatore de' cavalli , e pei cavalli
principalmente erano fatti questi edifizj . Ai giorni di
Tertulliano in uno dei Circhi di Roma vicino alle
-prime mete si disotterrò un' ara antica con questa
iscrizione : CONSUS CONSILIO MARS DUELLO
LARES COMITIO POTENTES . A qual divinità
fosse consecrato Y altro tempietto eguale , e sotter-
raneo , che all' altra estremità delia spina sosteneva
le seconde mete , non saprei dirlo .
Il lungo tratto della spina , che stendevasi da
una meta all' altra , era ornato di colonne , di sta-
tue , e d' altari . Non al solo Nettuno erano dedi-
cati principalmente i Circhi , ma anche al Sole ,
Questo grand' astro benefico , astro padre della fe-
condità , avea d' ordinario un tempietto nel mezzo
della spina , sopra il quale altamente splendeva la
sua effigie . Era questo senza tetto , perchè , come
dice Tertulliano , non parca proprio ai Pagani il
Gonsecrare al coperto 1' immagine di quel nume >
che la natura ha esposto alla vista d' ognuno sul
cielo (a) . Dopo che Augusto ebbe conquistato l' E-
gitto , si trasportarono a Roma vaij obelischi di
quel regno , colà pure dedicati al Sole . Ciò fece
(a) Anche Vitruvio lib. i cnp. 2 dà per cosa
solita , che i tempj di Giove fulminante , del Cielo ,
del Sole ? e della Luna si facessero scoperti nel
mezzo .
)( 262 )(
nascere V idea di piantarne uno sulla spina in ono-
re di questa lucente divinità , in luogo dell' antico
suo tempietto . A questo , in vece dell' immagine del
Soie, posero in cima un globo d' oro risplenden-
tissimo , e fiammeggiante . Quindi giudichi ognuno ,
quanto ornasse i Circhi una sì grande novità . Ab-
biamo qui fra gli altri ancora uno di questi obeli-
schi , sulla cui base si leggono le seguenti parole
non meno grandiose dell' obelisco medesimo : AE-
GYPTO IN POTESTATEM POPULI ROMANI
REDACTA SOLI DONUM DEDIT (a). Parole
di tanta grandezza non potea proferirle, che Au-
gusto , e pochi suoi successori . Tal grandiosa idea
piacque tanto alla magnificenza romana, che non si
lasciò quasi più verun Circo senza obelisco . Fino
V imperatore Costanzo tanto tempo dopo ebbe il no-
bile ardire , che non ebbe Augusto , di trasportare
dall' Egitto a Roma il maggiore di tutti gli obeli-
schi , e d' innalzarlo nel Circo Massimo vicino a
(a) Questo è 1' obelisco , che servì di gnomo-
ne all' orologio solare nel Campo Marzo . Il eh.
Bandini lo ha pubblicato in rame , e illustrato con
una dotta opera stampata nel ijSo , dopo che fu
disotterrato per comando di Benedetto XIV. Ora
per previdenza di Pio VI. si erige restaurato nella
piazza di Monte Citorio . Ma è da nomarsi . che la
citata iscrizione si legge anche nell' obelisco della
p'azza del Popolo , trasportato già dallo stesso
Angusto nel Circo Massimo .
)( ^63 )(
quello di Augusto (a) . Ammiano Marcellino scrit-
tore contemporaneo e' insegna (b) come gli archi-
tetti Io conducessero , e come lo drizzassero . Da
quel luogo si vede , che si servirono dello stesso
(a) Sisto V. Io fece trasportare , ed erigere ai
Laterano . E' il più alto di tutti . Il Gori Thes.
vet. dipt. Tom. IL Tab. XVI. pag. 76 pretende,
che Costanzo facesse mettere a terra P obelisco di
Augusto per sostituirvi il suo . Ciò non mi pare
probabile , i.° perchè sarebbe stata una vanità scioc
ca , 2..0 perchè steso per terra , come fu trovalo ai
tempi di Sisto V. , avrebbe impedito le corse ,
3.° perchè non è probabile 7 che lo avesse fatto get-
tare s terra con impeto per fracassarlo; e se lo
fece abbassare intiero , non si sarebbe potuto rom-
pere in seguito in tre pezzi , e piò , come fu tro-
vato : e per ultimo decide P autorità di Cassiodoro ,
il quale si esprime in modo Var. ììb. 3 cap. 5i ,
che fa capire , che al suo tempo erano amendue in
piedi , il più grande dedicato al Sole , e il più pic-
colo alla Luna : Obelistorum quoque prolìxitntes ad
coelì altifudinem sublevantur ; sed potior Soli, in-
ferior Lunae dicatus est . La testimonianza di Pub.
Vittore , su cui si fonda il Gori , che nella regione
del Circo Massimo dice : obelixn 77. , jaret alter ,
alter erectus , anderà intesa di tempi posteriori .
Lo stesso Gori pag. 72.de più esatte le iscrizioni
antiche , che vi erano nella base ; qualche fram-
mento delle quali esistente prima nella piazza del
Laterano , è passato nel Museo Borgiano a Velie-
tri . Dell' obelisco , oltre ciò che ne ha detto il
Kirchero , può leggersi una dissertazione del ài?:.
Larcher nel Journal des Savans .
(b) Lib. 17 cap. 4-
)( M X
metodo , di cui fece uso iì Fontana ai tempi di
Sisto V., per trasportare, ed erigere gli stessi obe-
lischi nella moderna Roma (e) . La meccanica de-
gli antichi non era quasi differente dalla nostra 5
come taluno crede ; ma aveano più operaj al loro
comando ; e in conseguenza maggior forza . Ciò sia
detto di passaggio .
Secondo alcuni bassorilievi , e qualche meda-
glia , vi era vicino all' obelisco sulla spina la statua
della Dea Iside a sedere su d' un leone . La devo-
zione di questa Dea fu portata anch' essa dall' Egit-
to , e stranamente propagossi con celerità per tutto
F impero . Fu Iside la madre degli Dei , e Tertul-
liano dice , che senza essa il Circo avrebbe langui-
to . Non v' è rovina d' antica città , in cui non si
trovino monumenti di questa Dea , che chiamavasi
ancora la Dea grande (b) . Presiedeva essa all' eu-
(a) I-e macchine del Fontana Furono pubblicate
in Roma nel 1 590 dallo stesso Fontana Domenico ,
che le ripubblicò in Napoli nel 1G04 , indi in Roma
nel 1694 da Carlo Fontana nel!' * *pera — il Tem-
pio Vaticano \ e finalmente in Roma pure nel 174^
nel libro m Castelli e Ponti di Nicola Zabaglia,
sempre in foglio grande. Nella base dell'obelisco di
Costantinopoli è scolpito lo stesso metodo a un di-
presso per elevare 1' obelisco con argani girati da
cavalli . Può vedersi presso il Eandurio Imp. Orient,
part. IV. Tom. TI. pag. 667.
(b) Questa figura sedante era, propriamente Cibele,
detta la Dea grande, la madre degli Dei, ce, e quindi i
)( 265 )(
ri'po (a) , ed è molto probabile , che a lei abbia-
no fatti voti gli aurighi , per non cadervi dentro
nel!' impeto della corsa .
Varie colonne! te ergevansi sulla spina; ed al-
cuna di queste sosteneva una statuetta di qualche
nume , a cui era dedicata . V erano , per esempio ,
le colonne sessie , innalzate per ottener da Giove
buone sementi ; v' erano le messie , per ottenere
buone raccolte ; le tuteline , perchè fossero salvati i
campi dagl' infortunj della stagione . Una di queste
colonne sosteneva la Dea della Vittoria , a cui tanto
dovevano i Romani . Piccole però saranno state
queste statue ; giacche trovo , che Ovidio (£) le
chiama statuette : e questo è ben ragionevole , per-
giuochi istituiti in di lei onore si dicevano Megalesia .
Ved. il Bulengero cap. 8 , Vettori del Culto superst. di
Cibele detta dagli antichi la gran madre , pag. i3
segg. Essa si credeva la stessa , che Iside presso gli
Egiziani ; ma presso i Romani non si conobbe sotto
questo nome , che più tardi . Si veda ciò , che dicia-
mo nelle note al Winkelmann Storia delle arti del
dis. Tom. I. pag. 116 Tom. III. pag. 43 1.
(a) Tertulliano de Spect. cap. 8.
(b) Non ho potuto trovare questo luogo d' O-
vidio . Forse è un equivoco dell' Autore .
Non lo crediamo equivoco dell' Autore . Ecco il
passo d' Ovidio che il Fea non ha potuto trovare
Sive'erit ornatus , non ut Juit ante , sigillis ;
Sed Hegum posifas Cìrcw: habebit opes ;
Srgill's . Parvis statuis , quibus etiam theatra orna-
bantur , Scribìt Plin. Uhi 7 cap. 3. Pompeum M#-
)( ^66 )(
che in altro modo avrebbero interrotta la vista agli
spettatori degli opposti sedili .
Avanti alle colonnette stavano sulla spina varj
altari , su' quali probabilmente prima dei giuoclii sa-
grificavasi a quelle divinità . Fra gli altari Tertul-
liano distingue i tre dedicati ai tre Dei , che , co-
ni9 ei dice , erano chiamati , magni , potenti , e va-
lenti , cioè gli Dei di Samotracia . V erano ancora
alcune colonnette , che unite con un architrave pre-
sentavano una specie di porta ; e sul loro architra-
ve vi si piantavano sette delfini , probabilmente di
legno , dedicati a Nettuno . Amovibili furono que-
sti delfini , perchè servivano a segnare il nume-
ro dei giri , che facevano intorno alla spina le
carrette (a) . La celerità del corso era tanto gran-
de, e il popolo era così occupato a seguitarle col-
1* occhio , che facilmente potea nascer disputa del
numero dei giri fatti intorno alla spina . Un altro
di questi architravi su due colonnette sosteneva molte
grandi ova , probabilmenfe di legno anch' esse , ed
amovibili . Queste pure , come quelle delle mete ,
erano dedicate a Castore , e Polluce . Servivano
gnum , in ornamentis theatri : m'rabiles fama po-
suisse offi^ìes . Ordo autem est : sive non erit or-
natus Cireus sigillis , ut fuit ante : q ùa primo ilio
solum paryis statuis ornabatur, deinde regalihus rau
fieribus ornari coepit . Gli Edit.
(a) Vedasi il Bulengero cap. 19.
)( a67 )(
probabilmente a segnare il numero delle mandate,
o siano corse ; venticinque delle quali , come in un
altro Capo vedremo , formavano i giuochi circen-
si . Vedremo altresì, che ogni mandata, o sia cor-
sa , consisteva per io più in sette giri intorno alla
spina .
Quanti altri sacri ornamenti saranno stati sulla
spina , che noi* ora ignoriamo ? Io credo , che in
questo ogni fondatore di Circo , ogni principe po-
tesse dar luogo alla sua devozione particolare (a) .
Fra le rovine del Circo di Caracalla giacque rove-
sciato sull' arena fino ai tempi d' Innocenzo X. il
grande obelisco , che fa ora nella piazza Navona
il più beli' ornamento di quella incomparabile fon-
tana (b) . Nelle medesime rovine si vedono ancora
vicino alla spina mezzo sepolti alcuni frammenti delle
colonnette , che la guarnivano ; e molti altri sono
sparsi , o impiegati nelle vigne vicine . Un gran
frammento d' ara rotonda è tuttavia sotto un arco ,
che sosteneva una galleria , per cui probabilmente
(a) Nei bassirilievi , nelle medaglie , e nei dittici
si osserva una gran differenza riguardo alla spina .
Ma questi monumenti non devono dar regola; per-
chè ivi gli artisti avranno cercato il loro comodo per
la ristrettezza del luogo . V obelisco però non man-
ca quasi mai .
(b) Pubblicato in rame, e illustrato dal Kirche-
ro con un'opera particolare: Obeliscus Pamphih'us,
Bomae i65o infoi.
)( 268 x
passava V imperatore per andare allo spettacolo (a) .
Prima di finire il discorso della spina , notisi ,
che fino ad ora gli autori , che hanno date figure
di Circhi , hanno messa la spina parallela ai lati
dell' edifizio . Dal Circo di Caracalla si raccoglie }
come fu già mostrato nei Capo IV. , che essa non
era parallela , ma inclinata in modo , che dalla parte
delle carceri lasciava alle carrette •un' apertura più
larga per entrare dallo spazio nella corsìa; ed uno
in conseguenza più stretto dove in faccia alia se-
conda meta esse dovevano voltarvi intorno . In se-
guito di tale costruzione tornava ad esser più larga
1' apertura della seconda corsìa dopo la voltata , e
andava ristringendosi a misura , che le carrette si
accostavano verso la prima meta , ove girando tor-
cevano di nuovo la corsa . Se guardasi la pianta
dei suddetto Circo , si vedrà che la spina è incli-
nata all' asse del Circo piedi sedici (a) .
Deli' area del Circo poco avremo da dire , se
se n' eccettui l' euripo . Essa era interrata , benché
(a) In uno scavo fatto da noi tra la prim?i meta ,
o la snina , sì è trovato un grosso pezzo di marmo gre-
co informe , perchè tutto guasto ; ma che da una par-
te ha scolpita a bassorilievo una quadriga della lun-
ghezza di tre palmi incirca, e di un lavoro non tan-
to cattivo da farla credere de' bassi tempi .
(b) Questo numero 1' abbiamo messo qui noi se-
condo le nostre misure ,• perchè neìl' originale dell'
Autore mancava .
)( *69 )(
probabilmente battuta , per facilitare il corso ai ca-
valli : ed infatti s' alzava dal suolo gran nube di
polvere neli' impeto rapidissimo delle carrette , a se-
gno che giugneva ad imbrattar le vesti degli spet-
tatori. Questa è quella polvere, che Orazio (a) chia-
ma olimpica , e non indecora (b) . Ovidio (e) dà per
precetto a' suoi discepoli , di scuoterla colie mani dal
grembo delle loro belle vicine , quando erano con
loro nei Circo, e farsene merito . Scuotetela ancora,
die* egli , quando non ve n' è . Caligola (d) / e Ne-
rone (<?) giunsero fino all' eccessivo lusso di far co-
prire di crisocolla , e di minio disposti a comparti-
menti, 1' arena ; come noi copriamo le nostre mense
di confetture colorate , e a giardino .
(a) Ode i v. 3.
(b) La polvere , che Orazio chiama olimpica ,
era la polvere dello stadio d' Olimpia , in cui gareg-
giavano a correre i più bravi atleti della Grecia, e
del mondo ; e V onore , che riportava il vincitore ,
era dei più grandi . Si veda la storia delle arti del
dis. Tom. 1. pag. 26 e 2,5 1 IL 267 117. g4. Chia-
ma anche non indecora , Od. lib. 2. od. 1 v. 22 ,
per li capitani romani la polvere , o sia la terra , ond'
erano coperti dopo esser morti nelle guerre per la li-
bertà della patria ; non mai dei giuochi dei Circo .
Il buon Fea non ha sentito la forza poetica
Oraziana , che trasferisce V epiteto olimpica alla
polvere de' Circhi. Gli Edit.
(e) Amor. lib. 3 el. 2, v. l±\ seg. , de Arte am.
Uh. 1 v. 149 segg.
(d) Svetonio nella di lui vita , cap. 18.
(e) Plinio Hist. nat. lib, 33 cap* 5*
)( *7o X
Lo spazio , che restava fra le carceri , e le pri-
me mete , era lungo all' incirca una volta e mezza la
larghezza del Circo. Quello, che restava frale ulti-
me mete , e la porta trionfale , era la metà a un di-
presso della larghezza . Il primo , se non m' inganna
un luogo di Virgilio (a) , chiamatasi spazio . Il se-
condo chiamavasi il flesso della meta , per quanto
pare da Cicerone (b) . Ivi era , che intorno alla me-
ta , radendola , piegavano le carrette ; e questa stretta
voltata , massime neii' ultimo giro , come vedremo ,
decideva per lo più della vittoria . Nella pianta del
Circo di Caracalia si vedrà, che nello spazio cadeva
il centro dì queir arco di circolo , su cui erano di-
(a) Forse intende del luogo seguente, Aeneid.
lib. 5 v. óib segg.y ove appunto Virgilio descrive
una corsa di cavalieri Trojani :
Haec ubi dieta, lo cum capiunt , signoque repente
Conripiunt spatia audito , limenque relinquunt
Effusi nimbo similes : simul ultima signant .
Primus abit , longeque ante omnia corpora Nisus
Emicat , et ventis , et Julminis ocyor alis .
Proximus huic , longo sed proximus intervallo ,
Insequitur Salius : spatio post deinde relieto ,
Tertius Euryalus .
Qui però è da rilevarsi, che il poeta non parla di
corsa circense ; ma di una corsa per uno spazio sem-
plicemente in lungo , e per spatium intende il prin-
cipio , e il fine .
(b) Pro Coelio : in hoc flexu aetatis fama a-
dolescentis haesit ad metas . A me pare chiaro , che
intenda solamente della voltata , anzi del principio
della voltata , o curvità della meta .
poste le carceri. Fra gli architetti questo centro do-
veva essere un punto probabilmente invariabile , e
che si sarà fissato prima di tracciar sul disegno le
carceri . Questo pure dee mostrare , che non era
possibile fare dei Circhi piccoli , se si volevano dare
ad essi , com' era solito , dodici carceri , della lar-
ghezza ciascheduna di cinque cavalli. Tutte le mi-
sure in somma erano obbligate , e invariabili (a) .
Nel campo del Circo era anche P euripo .
Questo era un canale , che scorreva ai piede di
tutto il podio, e lo bagnava. Era largo, e pro-
fondo dieci piedi . Davanti alle carceri (b) , e da-
vanti alle porte non v' era certamente euripo ; per-
chè il passaggio doveva esser libero , e asciutto .
Forza è credere , che vi fosse un ponte coperto ,
sotto cui P acqua oltrepassasse . Chiamavano gli an-
tichi euripo qualunque piccolo canale manufatto ;
come chiamavano nilo i grandi . L' origine d' un
euripo nel Circo pare , che fosse a difesa degli spet-
tatori . Egli è vero , che - col fuggire dal campo
erano fuori d' ogni pericolo , perchè i più bassi era-
no sul podio ; ma non fu cosi quando cominciossi
(a) L' Ippodromo di Costantinopoli non avea
•he quattro carceri , come scrive il Bulengero cap.
i4* Nella stampa datane dal Panvinio pare che fos-
sero sei .
(b) Così dice Dionigi d' AUcarnasso lib, 3 cap.
66 pag. 192.
)( m )(
ad usare i' euripo .Il podio allora non v* era , e
gli spettatori sedevano vicini al suolo . Si alzarono
dappoi i sedili per ragione del podio ; ma t' euripo
restò , ciò non ostante (a) . Forse che v' era qual-
che cosa di mistico in questo canale ', perchè vedo ,
che Tertulliano dice, che a lui presiedeva la Dea
Iside (J>) . Siccome che i primi giuochi si celebra-
vano sulle sponde dei fiumi , per aumentare con
ciò il pericolo , e in conseguenza il piacere de' ri-
guardanti; così forse si ebbe riguardo a questa ori-
gine , conservando 1' euripo . Forza però è , che que-
sto canale non fosse necessario ; perchè Nerone per
ampliare lo spazio nel Circo Massimo lo fece chiu-
dere (e) . Ai tempi di Tertulliano però sì vede ,
che
(a) Credo , che i sedili si facessero a qualche
altezza , per goder meglio da una parte all' altra
del Circo . Nel Massimo furono sollevati a dodici
piedi fin dal principio j che lo fabbricò Tarquinio .
Livio ìib i cap i5 n. 35: loca divisa patribus ,
equitibusque , ubi spectacula sibi quisque facerent ,
fori appellati . Spectavere , furcis duodenos ab ter-
ra spectacula alta sustinentibus pedes . Qui s' inten-
de del podio .
(b) Loc. cit. La chiama Magna Water , che è
Cibele , come o notato poc' anzi .
(e) Plinio , a cui dobbiamo questa notizia , Hist.
Nat. lib. 8 cap. 7 racconta, che Giulio Cesare avea
fatto circondare il Circo di euripi per difendere gli
spettatori dalle fiere , in specie dagli elefanti , de
quali vi si dava la caccia ; al qual effetto non basta-
)C 273 )(
the v' era di bel nuovo ; se pure è il Circo Massi-
mo quello , di cui ragiona questo antico cristiano ,
come par probabile {a) . Il Circo di Caracalla , che
descriveremo , non aveva probabilmente euripo , co-
me credo di poter provare a suo luogo (b) . Il pe-
ricolo ancora di corrervi le carrette sulla sponda ,
avrà accresciuto 1' interesse degli spettatori , come
quando correvasi sulla sponda del nume . Nel luo-
go , in cui era il Circo Massimo , scorre tuttavia
la Marrana , la quale avrà senza dubbio formato
T euripo di quel Circo, (e); come dov'era il Circo
Flaminio , secondo che s' è detto nel Circo II. ,
scorre sotterra ancora oggidì una gran vena d' ac-
qua purissima nei vicini fornici sotterranei di quel-
vano le cancellate di ferro , che circondavano P are-
na , forse perchè il primo ordine degli spettatori sta-
va ai pari dell' arena , o poco più alto . Di questa
giunta dell' euripo ne parla anche Svetonio nella vi-
ta di quell' imperatore cap. 3g Cedreno Comp. hisi.
Tom. I. pag. 147 edit. Paris. 1647 malamente at-
tribuisce P euripo a Romolo .
(a) Vi era pure ai tempo di Cassiodoro , che
ne parla Var. lib. 3 epist. 5i.
(b) Non lo ha poi fatto; o almeno non ho tro-
vato , che ne parli nelle carte , che ho avute in ma-
no . Una prova sarebbe , che dall' arena si andava
sul podio , e che non vi è indizio d* acquedotto . Si
veda la spiegazione della Tavola I.
(e) Il Cannicci antich. di Roma , lib. 2 pag. So
ed. 1S79- osserva » c*ie ora v* s* faceva andare la
Crabra , che è ia Marrana ; ora P Appi a
IV. 18
)( 274 )(
l' edifìcio . Per dare una strana magnificenza , o paz
zia , non so in qual giuoco 1' imperatore Eliogabaio
fece riempire tutto 1' euripo di vino (a) . Le matrone
della moderna Roma non avrebbero certamente lodata
questa grandiosità , che avrà riempito tutto il Circo di
un vapore stomacosissimo . Ecco quanto ho saputo tro*
vare neil' antichità sopra la spina , e sopra l' arena *
Resta a domandare , come tanto popolo adu-
nato nel Circo si riparasse dal raggio del sole ; mo-
lestia intollerabile massime ne' giorni d' estate . Nei
teatri , e negli anfiteatri sappiamo , che v' era un
velario , che lo difendeva . Par probabile , che vi
fosse ancora nei Circhi ; ma non se ne trova verun
indizio negli autori antichi. Non esistendo più ro-
vine dei gran Circhi di Roma non si può conosce-
re , come si conosce peli' anfiteatro Flavio , se vi
era costruzione adattata a sostenere il velario. Nulla
certamente se ne scopre nei Circo di Caracalla ;
benché a forza d'antenne di legno piantate in terra,
ed appoggiate al gran muro circonda rio» facii cosa
fosse il coprirlo anch' esso in caso di bisogno (b) .
(a) Lampridio nella di lui vita .
(b) Non v è dubbio che nei teatri , ed anfitea-
tri , almeno in qqe' di Roma , e di Pola , e in altri ,
che. si conoscono , si tenesse il velario , o tendone
per riparare il soie . Possono vedersene le prove
presso il Lipsio de Ampjiith. cap. iy seg. , il Maf-
fei lib. 2 cap. i3, il conte Gian Rinaldo Carli Ant
Ital. par. 2 lib. 3 §. 7 pa%. 227 seg, , e tanti al-
)( *fi X
CAPO V 1 1 L
"Dei Giuochi Circensi in particolare , e della pompa
che si premetteva alla solennità di essi.
D,
'ESCRITTA la struttura de' Circhi, parlisi ora dei
giuochi , che in essi si rappresentavano , e che per-
ciò furono chiamati circensi . Non parlerò qui né
delle cacce , né del pugillato , né d' altri esercizj
praticati talvolta anch' essi nel Circo ,* perchè vi si
tri ; come anche si vede chiaramente neli' anfiteatro
Flavio : ma nei Circhi, per quanto fossero grandi,
eccettuato forse il Massimo al tempo di Trajano ,
pare impossibile per le cose, che erano sulla spina,
e principalmente per gli obelischi . Molto meno può
credersi di quello di Caracalla , che ha muri cir-
condar] assai bassi , e deboli , ai quali non potevasi
supplire neppure con travi. Il eh. Guattani nei suoi
Mon. ani. ined. di quest' anno 1789, mese di mar-
zo , Tav. I. ha combinata col nostro sig. ab. Ug-
geri , e data T idea più giusta del velario sul detto
anfiteatro Flavio .
Sembra giusta la riflessione del Fea rispetto
al velario ne* Circhi ; che gli obelischi cioè ne po-
tessero impedire la distensione , e conseguentemente
la collocazione . Ma non pare troppo fondato il
di lui pensiere su questa parte riguardo a quello
di Caracalla , eh* egli appoggia alla bassezza e de-
holezza de1 suoi muri. Bisognerebbe che Fea fosse
in grado di provare che non si potessero dare mac-
chine di legno capaci di sostenere un velario mal"
grado simili muri . ( Gli Edit= )
){ 276 )(
rappresentavano piuttosto a cagione dell' ampiezza
del luogo , e del comodo degli spettatori , che per
esser fatto il Circo per loro . I Circhi furono ideati
per le corse, de' cavalli ; ed a queste limitiamoci nel
presente trattato .
Celebravansi questi giuochi regolarmente in certi
giorni Essi dell' anno in commemorazione d' alcune
solennità , a un di presso come fassi oggigiorno
delie nostre feste . Da queste solennità traevano il
loro nome i giuochi, e si chiamavano Apollinari i
dedicati ad Apollo , Florali i dedicati a Flora , Ce-
reali quelli di Cerere y Saturnali quelli di Saturno ,
Consuali quelli di Conso , Baccanali quelli di Bac-
co , ec. (a) . Gli uni , e gli altri erano più , o me-
no magnifici secondo il rituale . V erano quelli , che
si davano una volta ogni secolo; e che perciò fu-
rono detti i giuochi secolari . Augusto li celebrò
1' anno di Roma 787 , e Orazio per questi fece il
più beli' inno , che sia mai stato fatto ad Apoliine,
e che abbiamo ancora. Questi giucchi furono i più
sfarzosi , e brillanti . Si stabilirono giuochi ancora
per il giorno natale degl' imperatori ; altri ad ogni
lustro , e si chiamarono voti quinquennali ; altri ad
ogni due lustri , e furono i decennali . Alle volte
duravano varj giorni , e massimamente i più solen-
ni . Dal calendario di Gru Flavio pubblicato dal Gru-
(a) Vedasi il Bulengero cap. 7 segg.
)( A77 )(
tero (a) , si raccoglie , che ai i4 di settembre , ed
ai i4 di novembre si provavano i cavalli: ed in-
fatti ai i5 dell'uno, e dell'altro mese v'erano suc-
cessivamente i giuochi nel Circo (b) . In questo
stesso calendario s' indicano pure i giuochi Consualì
ai 2.1 di agosto , ed ai 1 5 di dicembre . Per que-
ste grandissime spese v' erano dei fondi pubblici .
Davano talvolta i giuochi anche coloro , che aspi-
ravano alle pubbliche cariche per cattivarsi V aura
popolare; e li davano ne' secoli posteriori i consoli,
ex le altre primarie dignità dell' impero ; lo che ca-
gionava spese rovinose alle famiglie (e) . In una
iscrizione presso il citato Grutero (d) sì ricorda Apo-
nia Montana sacerdotessa delle dive Auguste, che
dà i giuochi circensi per onore del suo sacerdozio;
oh honorem sacerdotii . Lo stesso si ha in altra
iscrizione presso il medesimo (e) di L. Lucrezio
Fulviano, che li diede a onore dei suo pontificato;
ob honorem pontìjicatus .
(a) Pag. i33.
(b) Di altri -giorni registrati nel Calendario Ro^
mano si veda il dottissimo Foggini Fastor. anni
Rom. a Verr. Fiacco , ec. pag. 53 56 Sj ; e i
Fasti sacri in fine dell' opera stessa .
(e) Si veda il Bulengero cap. 4° 42 > e Già*»
corno Gottofredo nei commentar] al Codice Teodo-
aiano lib. i5 tit. g leg. i.
(d) Pag. lot n.'ò.
(e) Xvi n. 3.
)( 278 )(
Precorreva la fama , che i tali giorni doveansi
celebrare in Roma i solenni giuochi circensi . Infi-
nito era il concorso degli spettatori, che a questo
avviso faceasi da ogni parte alla capitale (a) . Si chiu-
devano in que' giorni le botteghe , s' esercitava più
che mai V ospitalità ; e Roma non respirava più che
gioja , e allegria . I Romani erano così sensibili a
questa solennità, che il popolo non domandava al
principe , che abbondanza di parie , e frequenza di
giuochi circensi (£) .
Infinite erano le spese , che in quel? occasione
si facevano dai magistrati , e molto più dagl' impe-
ratori ai tempi del principale . Di tutti gli spetta-
coli dell' antica Roma , i più pomposi erano i giuo-
(a) In occasione dei giuochi circensi dati da
Giulio Cesare nel Circo Massimo fu tanto il con-
corso dei forestieri , che oltre al dover restare per
le strade , e sotto alle tende , molti vi perirono
schiacciati dalia calca . Svetonìo nella di lui vita
cap. 39.
(b) Gioven. Sat. io v. 77 segg. Il poeta lo
dice forse ironicamente , per far vedere come il po-
polo romano spogliato dagl' imperatori d' ogni dirit-
to, e parte della sovranità, si era ridotto a godere
del divertimento di questi giuochi , mantenuti , ed
accresciuti perciò dalla politica :
Jampridem 9 ex quo suffragio* nulli
lrendimu$ , tffugit curas: narri qui dabat olim
Imperium , fasces , legiones , omnia ; nunr. se
Continet , aìqut duas tantum res anxius optai,
Panem. , et circense* ,
X *79 X
chi dei Circo , e i trionfi dei vincitori quando tor-
navano carichi di gloria . A questi trionfi pure ser-
virono qualche volta i Circhi medesimi , perchè j?i
facea passare per mezzo loro fra un* infinità di spet-
tatori il trionfatore , nell' andar che faceva al Cam-
pidoglio . Abbiamo detto di Lucullo , che nel Circo
Flaminio fece il suo trionfo .
Consistevano poi questi gran giuochi circensi
in una solenne processione , terminata da varj pub-
blici sacrifizj , che si facevano sulla spina ; e in una
corsa di cento carrette , che per divertimento del
popolo faceasi , e con cui terminava la festa . Di
tutte queste solennità diasi descrizione tanto esatta ,
quanto per me si potrà, sull'autorità degli antichi;
e prima parlerò in questo Capo della processione ,
che chiamavasi pompa', e della corsa nel seguente.
Pompa chiamavasi qualunque magnifica proces-
sione , che a guisa delle nostre accompagnava le
pubbliche funzioni (a)'. Pompa funebre era quel-
la , che precedeva i cadaveri de* Grandi portati ai
rogo , o al sepolcro ; trionfale quella , che scortava
(a) Osservò il Noris De Nummo Diocl. cap, 5
Diss. Noris. in Salien gre SuppL Anti^Rom. Tom. I.
col- 414> e dopo di lui il Bonaroti Ossero, sopra
alcune me da gì. pag. 186 seg. , che i magistrati ,
ed altri primi rappresentanti in queste funzioni, si
dicevano procedere , onde è nato processione , rite-
nuto particolarmente nelle nostre funzioni ecclesia-
atiohe ,
X 2-So )(
£ trionfato ri nei solenne ingresso, che facevano m
Roma ; e circense quella , con cui si eomincìavano
i giuochi nel Circo . Aurea la disse Ovidio (a) ,
forse per le gran ricchezze , che in essa compariva-
no : ed infatti Tertulliano dice , che di tutte le pom-
pe la circense era la più magnifica .
Dionigi d' Alicarnasso , storico grave, e dotto,
il quale nei lungo soggiorno da lui fatto in Roma
avrà veduto moltissime volte i giuochi circensi, ce
ne ha lasciata fortunatamente un' esattissima descri-
zione (b) . Non può sospettarsi , che P abbia esage-
rata, perchè scriveva in faccia di chi al pari di luj
la conosceva .
Dice adunque Dionigi , e con lui Ovidio (e) ,
ed altri, che avanti dì cominciare i giuochi, la pom-
pa, o sia processione , scendeva dal Campidoglio,
e pel Foro Romano s' incamminava in beli' ordine
verso il Circo Massimo per la strada detta il Ve-
labro . Era vietato sotto pena di sacrilegio a chiun-
que V affacciarsi alle finestre , per non profanare
collo sguardo le arcane , e sacre cose , le quali per
essere dappoi esposi e alla pubblica vista nel Circo $
si portavano scopertamente dentro l'arche mistiche.
Successe anticamente, che un curioso fanciullo dalle
finestre della casa paterna volle vedere ciò, che in
(a) Amor. ìib. 3 ef. 2. v. 44-
(b) TJb. 7 cap. 72 pag. fój e s
(e) Fast. lib. 6 v. 4o5.
)( *8i )(
queste arche contenevasi , e ne fece relazione a! pa-
dre forse non meno di lui curioso . Sdegnati gli Dei
di tanto ardire , mandarono in Roma fiera pestilen-
za , la quale , al riferire degli storici , non cessò
mio a tanto , che il padre non ebbe confessato al
senato il delitto suo , e del figliuolo . Allora fu ,
che per provvedere in avvenire a simili profanazio-
ni , si ordinò , che in quella occasione si coprisse
la strada , per cui passava la pompa dal Campido-
glio al Circo, con un gran velario ; dal che nac-
que il nome di V elabro , che tuttora dura alla via,
che va appunto dai Campidoglio a' Circhi (a) . No-
tisi di passaggio , che i' uso di coprire le strade in
occasione delle solenni processioni dura tuttavia in
Roma : tanto è vero , che molte delle moderne m-
sanze sono più antiche di quel , che forse taluno
si crede .
Giunta la pompa ai gran Circo già preparato,
e ripieno di ducento , e forse più mila spettatori ,
e spettatrici (b) , entravano per la gran porta pri-
(a) Questa etimologia cavata dà Plutarco da tale
storiella , che racconta nella vita di Romolo , e ri-
petuta da Macrobio Soturn. Uh. i cap. 6 , è stata
rigettata da Giusto Li psio de Amphith^cap 17, dal
Vossio Etym. v. Veho , e da altri .
(b) Il numero di questi spettatori era in pro-
porzione , parlandosi del Circo Massimo , degli ac-
crescimenti di portici, che vi si andavano facendo ;
come si vede dal detto addietro alla pug. 200. Qui
T Autore parla dei tempi di Dionigi ? e dopo . Pu~
)( a8a )(
mìeramente tutte ìe pubbliche magistrature» vestite
de* ìoro abiti solenni . Venivano dopo queste i fan-
ciulli nobili non pervenuti ancora alla pubertà . Si
presentavano a cavallo quelli di famiglie senatorie ,
ed equestri divisi in decurie ; e a piedi gli altri ,
che dovevano un giorno militare nella fanteria della
repubblica , partiti in centurie . Andavano questi nel
medesimo ordine J in cui solevano andare ai loro
esercizj palestrici . Amavano con ciò i Romani , che
i forestieri j concorsi in queste occasioni alia capi-
tale , vedessero quanto poteva un giorno sperare la
repubblica da sì fiorita , e crescente moltitudine .
Seguivano gli aurighi , che a lenii passi facevano
mostra delle loro carrette a due , o a quattro ca-
valli ; e queste , come vedrassi , non potevano es-
sere mai meno di cento . Al fianco d? esse caracol-
lavano i giovani cavalli sciolti , e bizzarri , col ca-
valcante sul dorso . Venivano dappoi gli atleti , e i
lottatori destinati ai differenti giuochi , e questi ignu-
di , eccettuato ciò , che la modestia vuol vedere co-
perto . Dopo questi comparivano i saltatori , o sie-
aio ballarmi, divisi in tre classi : la prima di gio-
blio Vittore nella descrizione delle regioni di Roma
Reg* XI. lo fa ascendere a 38oooo , come ha detto
il sig Bianconi alla pag. ^43 > ed altri anche più .
Ma qualunque sia stato 1' ingrandimento fattovi da
Traj ano , da Costantino , e da altri , quel numero
pars esagerato , se non vi è errore nella lezione .
)( 283 )(
venta già formata ; ia seconda di adolescenti ; la
terza di fanciulli , e questi erano seguitati da gran
numero di suonatori da corda, e da fiato, che fa-
cevano echeggiare d' intorno le loro differenti sin-
fonie . I saltatori portavano in mano una breve lan-
cia , ed entravano nel Circo ballando . Il loro abito
era di scartato , e dai loro brodieri guerniti d' ac-
eiajo pendeva una spada , ed una piccola lancia „
Àveano oltre ciò i suonatori P elmo sul capo ornato
di creste , e di pennacchi . Ciascheduna torma era
preceduta da un direttore di ballo , che dava il
tempo ai saltatori , e il tono ai suonatori ; e la ra-
pidità sì dell' uno » che dell' altro indicava P ardore f
e ia celerità necessaria ne' combattimenti . Era que-
sto quel celebre ballo armato , che i Greci chiama-
vano saltazione pirrica , che taluno credeva inven-
tata da Minerva dopo avere domati i Titani .
In seguito dei cori militari venivano i cori sa-
tirici , che all' uso di Grecia nello stesso tempo can-
tando ballavano . Coloro , che rappresentavano la fi-
gura de' Sileni , erano vestiti d' abiti setolosi semi-
nati di fiori; e quelli, che rappresentavano i Sati-
ri , erano coperti di pelli caprine , ed avevano in
capo ruvide capigliature posticce . Era incombenza
di costoro il volgere in ridicolo i balli più serj , e
rallegrare con ciò gli spettatori . Da simil genio
scurrile, e pungente nacque il nome di satira, che
nel medesimo senso dura ancora j perchè a astore
X *U )(
era permesso il pungere talvolta le persone più ri*
spettabili, e nel farlo improvvisavano in versi. En-
trava dappoi un nuovo coro di citaristi , e di suo-
natori da fiato, ai quali immediatamente tenevan die-
tro coloro , che portavano gì' incensieri , e gli altri
vasi d'oro, e d' argento necessari ai sacrifizj '.. Tutto
il Circo allora non avrà spirato più che fumo odo-
roso; dal che si vedeva, che non erano più lon-
tani gli Del . In mezzo a questi sacri incensi entra-
vano nello stadio le statue d' avorio delle divinità
vestite alla Greca , e portate su certe macchine ,
chiamate ferculo. t> sulle spalle de' cittadini destinati
a questo onore . Al loro presentarsi , i Flamini in-
dicavano silenzio colla solita formola : /avete lin-
guis , /avete animis (a). Non era allora più per-
messo , che il batter palma a palma a quelle divi-
nità, a cui ciascheduno era più devoto ; e ciò chia-
mavasi far plauso . Nel passare queste immagini da-
vanti agli spettatori , si levavano in piedi coloro ,
che ne erano particolarmente devoti ; e nel pre-
garle tendevano ad esse le mani . Dai varj ondeg-
giamenti , che nel portarle sulle spalle dovevano fa-
re necessariamente le statue, ne cavava il popolo i
presagi favorevoli , o contrarj per le grazie , che
ad esse domandavano . I primi si chiamavano si-
gna secunda , e naturalmente adversa gli altri : co-
(a) Qvid. Amor. lib. 3 el. 2. v. 43*
)( ^85 )(
se , che saranno poi state spiegate ne' libri degli
auguri .
La prima divinila , che compariva , era la Vit-
toria , a cui tanto della loro grandezza dovevano i
Romani . Aveva essa la figura d' una giovane vesti-
ta alla Greca , coli' elmo in capo a guisa di Palla-
de. Le sporgevano dal dorso due lunghe ali spie-
gate , indicanti la celerità , che non va disgiunta dai
vincitori . Veniva in secondo luogo la statua di Net-
tuno, a cui particolarmente erano dedicati i giuochi
dei Circo , ed i cavalli ; e quindi quella di Marte
padre di Romolo , e Remo . Seguiva la statua di
Febo , e della Luna i protettori della scienza augu-
rale , che era uno de* punti più importanti della
loro religione . Seguiva la statua di Minerva , Dea
delle arti* quella di Cerere, e Bacco, Dei dell' a
gricoltura ; di Castore , e Polluce protettori , e tu-
telari dell' impero ; di Venere , e di Cupido , e di
altri moltissimi , de' quali se ne trova enumerata
gran parte nel suddetto Dionigi . Ne' secoli poste-
riori alla repubblica , secoli d' adulazione , comin-
ciaronsi ad introdurre nella pompa circense anche
le statue dei Cesari defonti , e delle donne Augu-
ste , divenuti semidei per 1' apoteosi (a) . Compa-
rivano esse su bei carri a due rote , ornati d' oro ,
e d'avorio, e tirati ora da uomini, che se ne fa-
(a) Bulengero cap~ 38,
)( *86 )(
cevano onore , ed ora da mule rarissime, o da al-
tri animali peregrini . Si videro in queste occasioni
simili carpenti sacri tirati da elefanti , da leoni , da
cervi , o da cameli . Chiudevano la marcia le vitti-
me destinate ai sacrifizj , precedute , e seguite dai
consoli, dai pontefici, dai sacerdoti, dagli auguri*
dagli aruspici , dai flamini , e dagli altri ministri del
tempio . Tutte le are collocate a quest' effetto sulla
spina , erano preparate ai sacrifizj , e fumavano di
fuoco sacro . Bel colpo d' occhio il vedere fermata
finalmente tutta questa splendida, e popolosa pom-
pa , schierata in due lunghissime fila per tutta la
lunghezza del Circo di qua , e di là dalla spina , e
veduta fra le colonne , le statue , e gli obelischi su
di lei collocati , e torreggiane ! Che prodigiosa ma-
gnificenza tante migliaja di spettatori, e spettatrici,
che ornatissimi stavano distribuiti sul podio , sui se-
dili, e sull'alta galleria, senza che una sola di tante
persone non vedesse tutto in im solo girar d' oc-
chio I Era in questo terribil momento , che Ovi-
dio (s) giura alla sua nuova , e bella conquista ;
per tutti que' Dei presenti , che le sarà eternamente
fedele . Da ciò si comprende , che per li credenti
era questo il momento più terribile di tutta la pa-
gana religione .
Ma qui non era finita la funzione . I consoli ,
(a) Amor. Uh. 3 el. 2 v. 6*
X *$7 )(
i sacerdoti , e gli auguri si lavavano le mani , e
versavano acqua pura sulla fronte alle infiorate vit-
time vicine all' are . Finita questa specie di lustra-
zione sì facevano le pubbliche preghiere , che sa-
ranno state regniate dai rituali; e poi davasi l'or-
dine ai sacri ministri di uccidere in faccia di tutto il
Circo le vittime . Percoteansi alcune sulla fronte
colla mazza , altre si scannavano coi coltelli sacri .
Si scorticavano dappoi da chi era incaricato di que-
st' ufficio , e sì tagliavano in pezzi . Parte delle loro
interiora , e parte dei membri ancora caldi , e san-
guinosi si spargevano di farina di grano , e fumanti
portavansi in canestre sacre ai sacrificatori , i quali
li gettavano sulF are ardenti per farle consumare
dal fuoco . Frattanto che ardevano , si spruzzava la
fiamma con vino generoso , ed alla total consunzio-
ne era finito il sacrificio .
Più non restava allora, che sgombrare da tante
cose , e da tante persone il Circo , Andava dunque
ognuno di quelli, che avevano avuto parte nella
pompa , a collocarsi in quella parie di Circo a Ini
destinata . I magistrati , i pontefici , i sacerdoti , le
vestali andavano certamente sul podio , che era il
luogo d' onore . Vi saranno state senz* dubbio le
vie , che dall' arena a lui ccnducevano immediata-
mente , senza tornar fuori a cercare l' ingresso de-
stinato pei popolo , e turbare con ciò gli spettatori
)( M )(
già collocati (a) . Queste vie, che dall'arena ai pò
dio passano direttamente , sì sono da me trovate
belle , e lampanti nel Circo di Caracalla . Le altre
persone , che non aveano luogo sul podio , come i
giovinetti di famiglie nobili , i saltatori , e suonato-
ri , i satirici , i sileni , i ministri secondarj dei tem-
pio , i vitiimarj , ec. , non potevano andar nei se-
dili dei popolo senza fare lunga strada , e sconcer-
tare gli spettatori . Par quasi dimostrato , che ad
essi fossero destinati que' luoghi , che sono sopra le
carceri , e nelle due torri , alle quali non v' era in-
gresso sufficiente pel popolo. Oltre che questi luo-
ghi, come vedesi nel Circo di Caracalla, non avea-
*)o che un solo , e non molto ampio ingresso ; e
questo anch' esso dall' arena per le scale d' una , o
d' amen due le torri ; ne nasceva un altro ornamento
per la decorazione della festa . I suddetti due luo-
ghi erano in certo modo una specie di teatro espo
sto alla vista di tutto il Circo . Si sarà dunque ve-
duto il terrazzo , o sia grand' ambulacro sopra le
carceri, popolato di persone cogli abiti ancora della
pompa ;
(a) Si può credere , che nel Circo Massimo vi
fosse qualcheduna di queste vie, argomentandolo
dal dire Syetonio nella vita di Augusto cap. 4-3 ,
che questo, imperatore fece passare per mezzo del-
l' arena , e' quindi collocò nel!' ordine sopra di se gli
ostaggi dei Parti .
)( *«9 )C
pompa ; nel qual caso vi saranno stati franchi di le?.
gno disposti ad anfiteatro , come abbiamo detto ,
che usavasi nella gran galleria superiore , perchè
tutti potessero egualmente vedere la corsa. Le due
torri saranno state guemite dai citaristi , e dai tibi-
cini , «he in quell' altezza avranno fatto risuonare
tutto il Circo , nel mentre , che sfavasi preparando
la corsa ; ed animati gli aurighi , ed i cavalli nel
mentre , che correvano .
Eccovi dunque P arena , o sia lo stadio , che
prima era ingombrato da tanto popolo, da cavalli,
da cocchi , da magistrature , da sacerdoti , e da tan-
t' altri (a) , eccovelo vuoto in pochi istanti j ed ec-
co pronto il Circo alle corse . Non credasi però ,
che questa funzione , benché tanto sacra , e tanto
splendida , piacesse egualmente a tutti . Seneca di-
ce , che per l' impazienza di vedere le corse molti
$' annojavano della lunghezza delia pompa. In tutti
i secoli , e in tutte le religioni vi sono sempre stati
i profani, e i poco devoti.
(a) Anche il Panvinio lìb. 2. cap. 2. descrive
tutta la pompa minutamente , e le persone , che
v' intervenivano , e ne dà la figura incisa in rame,
-Ma non è dipinta così bene come dal nostro
Autore . ( Gli Edit. )
IV, 19
CAPO IX.
Della Corsa .
Il OSTI così, come si è detto , gli spettatori ai lo-
ro luogo , e sbarazzata 1' area del Circo , si dovea
dare principio alla corsa. L'oggetto di essa ; come
fu anche accennato in principio , era una disfida tra
varj aunghi , a chi , dopo avere sette volte velo-
cissimamente girato intorno alla spina , giugneva il
primo a quelle mete , che erano in faccia alle car-
ceri , da dove eran partiti .
Tutte pertanto le carrette destinate ad un giuo-
co , dopo aver servito alla comparsa nella pompa ,
si radunavano certamente fuori del Circo in un lar-
go spazio dietro le carceri , per ivi aspettare la loro
chiamata . Essendo ciascun giuoco composto di ven-
ticinque corse , o sia mandate , e ciascheduna di
queste essendo di quattro carrette , ognun vede ,
che dietro le carceri ve ne dovevano essere cento .
Non è naturale , che il medesimo legno servisse a
più d' una corsa , e a più d' un auriga ; perchè
Dionigi d' Àlicarnasso ci dice , che le carrette an-
ch' esse prima della corsa si facevano vedere schie-
rate nella pompa coi loro cavalli . Vi saranno stati
dunque colle carrette i quattrocento cavalli , che do-
levano tirarle ; poiché ognuna ne aveva quattro .
)( *9i )(
Oltre a questi ve ne saranno stati cento altri »
giacché mi pare di dover credere , particolarmente
dai bassirilievi circensi , che ogni carretta avesse un
cavallo sciolto , che col suo cavalcante sul dorso
T accompagnasse nella corsa , o fosse questo per
incoraggirla , o fosse per ajutarla in un bisogno . Ci
volevano anche agitatori , cavalcanti , cavalli , e car-
rette in riserva per le eventualità . Neil' uno , e nel-
V altro "caso , chi non vede qual' enorme spesa era
quella di dare i giuochi al popolo romano ? Non
avea torto Aproniano Asterio , se dice ■(<?.) , che si
era rovinato nel dare gli spettacoli circensi . Que-
sta era forse la più terribile fra le spese, che por-
tava seco d' ordinario la magistratura .
Quelle cento carrette erano divise in quattro
fazioni, distinte dai colori , coi quali erano dipinte.
V erano le bianche , le rosse , le prasine , o sia
verde chiaro , e le venete , o sia ceruleo marino ;
in modo , che ve n' erano venticinque per ciascun
colore (b) . Ogni carretta avrà avuto il nome , e
quello probabilmente del suo agitatore . Le dodici
carceri , o sieno le poste , saranno state distinte
(a) Nella iscrizione , che mise nel Virgilio Me-
diceo dopo le Bucoliche, pubblicala con quel Vir-
gilio dal Foggini nel 1741, dall' Einsio , dal Bur-
manno nel suo Tom. I. pag. xxxvi., e dal Mu-
ratori Nov. Thes. inscr* Tom. IL pag. 662 n. a.
' (b) Ved. il Buiengero cap. 48.
)( *9* )C
anch' esse col loro numero , come già dicemmo .
Ad ogni corsa , o sia mandata, tiravasi prima
a sorte da un' urna il nome di quattro carrette , o
sia di quattro agitatori , uno per colore ; e tiravasi
ugualmente il numero della carcere , che a lui as-
segnavasi . Non si voleva , che ci fosse tra di loro
verun lamento di predilezione (a) . Li quattro agi-
tatori estratti dall' urna , e chiamati a nome , anda-
vano colla loro quadriga a collocarsi ciascheduno
nella carcere toccatagli in sorte, per aspettarvi l'i-
stante della corsa : ed entravano per la parte po-
steriore ; giacché 1' anteriore , che metteva nel Cir-
co , era chiusa con un cancello bivalve di leg»o .
Dalla larghezza , che ho misurata nelle carceri del
Circo di Caracalla , delle quali ho fatto scoprire i
fondamenti, ho veduto, che erano precisamente ca-
paci di cinque cavalli di fronte , e non più : dal
che sospetto , che oltre i quattro della quadriga , o
sia carretta , stesse con lei a fianco ad aspettare
l'istante della corsa anche il cavallo sciolto , che
V accompagnava .
Le carrette da principio non ebbero che due
cavalli , e chiamaronsi bighe . A questi se ne ag-
giunse un terzo, che chiamossi il cavallo funario (£),
(a) Simmaco Epist. lib. io ep. 2.1 , Sidon. A-
poli. Carm. ad Consent. v. 3i5 e segg.
(b) Vedasi il Bulengero cap. 5j>
)( 293 )(
perchè era legato alla biga con una fune ; ai giorni
nostri sì direbbe bilancino . Finalmente si aggiun-
sero due cavalli funarj , e la carretta diventò una
quadriga . Questa fu la maniera di correre la più
ordinaria (a) . Non si contentarono di questo i di-
rettori de' giuochi , o gli agitatori . Si aggiunse tal-
volta ancora a ciascheduna carretta un quinto ca-
vallo sciolto, che montato da un cavalcante accom-
pagnavala ne' sette giri . Neil' iscrizione citata di
Diocle , è fatta menzione di sei , e sette cavalli di
fronte; anzi di quest'ultimo numero si dice: num-
tjuam ante hoc numero equorum spedato certami-
ne . In quel caso bisogna , che le corse comincias-
sero esternamente dalle carceri; perchè queste non
erano larghe abbastanza per tanta estensione . Si-
mili corse erano sfide personali degli aurighi piiH
eminenti ; poiché i giuochi regolari si facevano a
quattro cavalli per carretta . Giacché l' iscrizione di-
ce , che tanto numero dì cavalli non era mai slato
veduto prima di Diocle , bisogna accordare , che
vennero alla moda ai tempi di Antonino Pio , ai
quali agitava Diocle . La prima sua corsa , di cui
ivi si facia menzione , è deir anno di Roma 874»
Ma prima di vederli in corsa, dicasi qui come
era la carretta , come i cavalli , e come 1' agitato-
re. La carretta era composta di due sole rote non
(a) Dionis. d' Alicarn. Uh, 7 in fine
X £94 K
molto alte , ed era leggerissima . Non avea che un
fondo , o sia palco di tavolette , di figura lunata ,
e bislunga , che era posto quasi in bilico sopra
V asse . La parte curva di questo palco , la quale
guardava il davanti , era guarnita d' un parapetto
poco più alto della metà della gamba dell' agitatore ?
il qual parapetto diminuendo dai lati d' altezza , an-
dava a finire insensibilmente , ove finivano i fian-
chi della carretta . Montava sopra di lei facilmente
l'auriga per la parte posteriore, la quale senza pa-
rapetto tanto accostavasi ai suolo , quanto alzavasi il
timone ,-(*) per essere attaccato all' altezza dei petto
dei cavalli . Nulla di più saprei dire della carretta ;
se non che dai bassirilievi non pare , che fosse molto
Ornata di sculture (a).
I cavalli destinati alle corse circensi non ser-
vivano ad altri usi , affinchè non si guastassero .
Vi sono leggi su questo assai precise nei Codice
(*) Sembra che Fea ed Uggeri si siano dimen-
ticati ài questo timore , tanto e semiale nella qua-
driga posta al fronti spi zio deìV opera stampata in
Homa . Non si vuole però omettere che sembra
scordalo ancora negli antichi bassi rilievi Circen-
si . Ma se si può far bene , perchè non farlo /*
( Gli- Edit )
(a) Quella in marmo più grande del vero, esi-
stente nel Museo Pio dementino , è ornata dentro,
e fuori di molte , e belle sculture a bassorilievo ,
rappresentanti frondi di lauro , ed altre con varj
fiori . e frutti a modo di arabesco .
)( 295. X ■
Teodosiano (a) . V* erano alimentatori di questi cor
sieri, i quali si chiamavano conditores gregis , quasi
fossero fondatori di quella loro razza . Nelle corse
i cavalli erano partiti in fazioni distinte dai colori
summentovati , albato , russato , praslno , e veneto 9
i quali colori si distinguevano nel Circo pel dipinto
della carretta , e per 1' abito dell' auriga . I condito"
res si determinavano ad uno di questi colori , e si
chiamavano , per esempio , conditores gregis rw5-
satae , ec. (b) Io credo, che gli affittassero, e bea
cari , a chi volea dare i giuochi al pubblico . La
spesa del loro mantenimento era oggetto considera-
bile , perchè oltre a cento cavalli , lo che costitui-
va una greggia , ve n' erano poi di più per supplire
in caso di qualche non pensato accidente . Vi ab-
bisognava in oltre buon numero di poledri , per av-
vezzarli , e con loro reclutare i vecchi , che man-
davansi per benemerenza , e ben servito , a far
razza alla campagna (cj . Somma era la cura , che
si aveva di loro in ogni genere ; ma maggiore an-
cora era la diligenza , che usavasi affinchè si sapesse
la loro origine , i loro parenti , e non V imbastar-
(a) Lib. i5 Ut. 5 leg. 3 de Spect., tit. j leg. 6
de Scaen.i tit. io leg. 2. de Equis curul.
(b) Gruferò pag. 338 n. 4, Panvinio Uh. 1
cap. 1 1 pag. 2$.
(e) Plìn. lib. 8 cap. 4-2. Dice , che si giubila-
vano dopo avere servito vent' anni .
)( 296 )(
desini© (a) . In un cippo sepolcrale sì vede un' i~
scrizione , in cui sono nominati due cavalli , cioè
Aquilone , ed Irpino figli d' Aquilone . La Spagna
ne mandava a Roma molti per le corse . Da varie
lettere di Simmaco (b) si vede % che egli ne com-
mise colà spesse volte a grandi spese , per farli
correre all' occasione de' giuochi , che diede per se ,
e per suo figliuolo.
(a) Stazio Theb. lib. 6 v. 32,5 segg. , Sjlv.
lib. 5 Protrept. ad Crisp. v. 21 segg.:
Romulei qualis per jugera Circi
Cura pulcher visu , titulis generosus avitis ,
JLxpectatur equus , cujus de stemmate longo
Felix emeritos habet admissura parentes .
Ilìum omnes acuunt plausus , illum ipsc vo-
laniem
Pulvis , et incurvae gaudent agnoscere metae .
E qui forse è da riferirsi anche Orazio lib. 4 od. 4
v. 29:
Fortes creantur Jortibus ; et bonis
Est in juvencis , est in equis patrum
Virtus ; nec imbellem Jeroces
Progenerant aquilqe columbam .
ove leggo bonis accordato con juvencis , come ho
trovato punteggiato in qualche codice ; come vuole
lo Scaligero , e come porta il senso ; checche si
dica il Baxter in contrario . Non di tutti i gioven-
chi , e cavalli si può dire , che abbiano il vigore dei
loro padri in grado distinto , ma soltanto di quelli ,
che sono realmente spiritosi, e bravi 5 come jortes
creantur fortibus .
(b) Lib. 4 ep. 6 58 60 63 , lib. 5 ep. 56 ,
lib. 7 ep. 48 52, io5 106, lib. 9 ep. 12 18 a 2.1
edit. 1617 Ncap. Nemet. in 12.
)( 297 )(
Ogni cavallo , come a' nostri giorni , aveva il
suo nome , e nomi similissimi ai nostri ; come Su-
perbo, Smeraldo, Passerino, Indomito, Fastidioso j,
Valente , Florido , Delicato , e cento altri conserva-
tici nelle lapidi circensi (a) . Leggiero era V arne-
se , con cui erano armati , affinchè fossero più agi-
li . Intorno al collo avevano una difesa , o sìa col-
lare , perchè il timone non li offendesse . Forse
che a questi collari era raccomandato il timone me-
desimo , come costumasi oggi ancora in Francia , e
in Germania , affinchè il cavallo lavori col petto ,
Questa specie di collare fu chiamata il marino dai
Greci (Jb) , e pare che fosse ornato eli denti di ci-
gnale , o di lupo , Da un vetro del dottissimo se-
nator Bonaroti (e) pare , che talvolta avessero an-
che un grembialetto sul petto , o sia pettorina , e
questo guarnito di sonagli ; probabilmente non dis-
simile da quelli , che costumansi ancora in Roma
all' occasione di ornare ì cavalli pel corso nel car**
nevale. Tale almeno ce Io rappresenta il vetro XXVII.
(a) Si vedano il Panvinio lib. i cap. lòpag. 23,
Bulengero cap. 5o pag. 182, Fabretti Inscr. domesi.
cap. 4 pag. 273 n. 12. , e ad Tab. Iliad. post Col.
Traj. Synt. pag. 338, Grutero pag, 34 1 , Gora
Thes. vet. dipt. Tom. IT. Tab. XTT. pag. Si. ,
Averani Interpr. jur. lib. 5 cap. 29 n. 3.
(b) Scoliaste di Teocr. ìdyll. 11, Polluce Onom.
lib. 5 cap. 16 segm. 99.
(e) Ossero, sopra ali.Jramm. di vasi ani. *£«
)( ^ )(
del Bbnatori. Le briglie saranno state bellissime i
perchè avevano ' le borchie alle tempia elegantissi-
mamente scolpite , ed analoghe talvolta ai giuochi ,
o coli' eiEgie del principe , sotto cui si celebrava-
no. Lo stesso Bonaroti («) erede essere quelle, che
noi oggidì chiamiamo medaglioni corniciati . o sia
cotroni , per servirmi del termine degli antiquarj *
In fatti in alcuni si vedono i buchi , o chiodi per
fermarli sul cuojo ; lo che sarebbe inesplicabile se
fossero semplici medaglioni. Fasciavano talvolta an-
cora le zampe di dietro a que' due cavalli (&) , che
stavano al timone, acciocché non fossero da lui dan-
neggiati nel correre . I crini , all' uso d' oggidì , si
annodavano forse con nastri del colore della fazione;
e sul capo ondeggiava un bizzarro pennacchio (e) .
Alle volte per renderli più bizzarri li dipingevano a
varj colori .
Dovendo farsi nel correre tutte le voltate sem-
pre alla sinistra, ne veniva , che il cavallo funario
a mano manca era , per cosi dire , il direttore della
corsa ; e non gli si sarà mutato mai luogo , per
(a) Ta*. XXV IL pag. 179.
(b) Il Gori Thes. vet. dipt. Tom. II. Tao. XVI
pag. 83 li fa osservare tutti così fasciati nella qua-
driga rappresentata nel dittico Quiriniuno dei Lam-
padj .
(e) Ovidio de Arte am. Ito. 1 v. 63 1 :
Quadrupedes , ìnter rapidi certamina cursus ,
Depexaeque juòae , plausaqus colla juvant *
)( 293 )(
tenerlo avvezzato a tal maestria . Gli altri tre non
facevano , che ubbidirlo . Erano però tanto avezzi
a questo mestiere , che alcuni correvano di buona
voglia , e senza frusta . Narrasi' (a) , che una volta
caduto di carretta V auriga , non solamente i suoi
cavalli fecero i giri della corsa a dovere , ma gua-
dagnarono la palma . In alcune iscrizioni di aun-
ghi , v' è che quel tale guadagnò la corsa senza
aver fatto uso della frusta . Tanto basti de' cavalli .
Parlisi ora degli aunghi.
Furono costoro un genere d' uomini , che pare
non avessero altro mestiere . Da principio erano per
lo più servi (b) . Col tratto degli anni cominciarono
ad esercitarla per divertimento talvolta anche de' si-
gnori , benché questo probabilmente sarà stato nei
giuochi privati (fi) . Nerone non ebbe tanti riguar-
di , ed agitò spesso ne' giuochi pubblici . Ai tempi
più bassi narra Cedreno (d) , e Zonara (e) , che in
Costantinopoli agitava fino un patriarca. Bisogna,
che costui fosse un singolare ecclesiastico , perchè
(a) Plinio lib. 8 cap. 42«
(b) Vedasi il Bulengero cap. 5o.
(e) Svetonio nella vita di Giulio Cesare cap. 39
dice che nei giuochi circensi dati da quelP impera-
tore nel Circo Massimo agitarono bighe, quadrighe»
e cavalli desultorj , giovani nobilissimi .
(d) Comp. hist. Tom. IL pag. 638 edit. Pa-
ris. 1647.
(e) Annoi. Tom. IL pag. 19© ed, Paris, i§&n.
X 3oo ).(
sì dice, che spesso interrompeva ìa messa per an-
dare a dar un' occhiata a' suoi poledri {a) .
Il mestiere d'agitatore dipendendo da destrez-
za , agilità , e pratica (b) , non costava poca pena
ad impararlo per eccellenza . V è nel Grutero 1' i-
scrizione d' un fanciullo , che imparava 1' arte del-
l' auriga , e che morì in tenera età (e) . E chia-
mato bigario : dal che si vede , quanto presto si co-
minciasse a farne lo studio . Gli aurighi infatti co-
minciavano il mestiere agitando prima due cavalli ,
e poi passavano a quattro , come ricavasi da un' al-
(a) Il sig. Bianconi , che ha presa questa no-
tizia dal Bulengero cap. 19, ove più in succinto
racconta il fatto , e cita quegli autori , senza indi-
carne i luoghi , e nominare il patriarca , avrebbe
scritto diversamente se gli avesse veduti in fonte *
Sì l'uno, che l'altro dunque dice, die il patriar-
ca Teofiiatto sotto l' imperatore Costantino VII. Por
lìrogenneta , verso la metà del secolo decimo , nu-
triva molti cavalli ; e che una volta interruppe la
funzione del giovedì santo , per andare a vedere un
puledro , che gli avea partorito una sua bella ca-
valla: ma non parlano di giuochi circensi.
(b) Vedasi il Bulengero cap. 27.
(e) Pag. 656 n. 1, Muratori Tom. IL pag. 621
n. 1 , Bonada Carni, ex ant. lapid. ci. '9 n. 35
Tom. Il pag. 386. Noi la daremo più corretta se-
condo un codice Chigiano :
ELORVS EGO UIC IACEO QVONDAM BIGAR1VS INFANS
QVI CITO DVM CVRRVS CAPIO CITO DECIDO AD VMBRAS
lAKVARiVS ALYMNO DVLCI55IMO
)( 3oi )(
tra iscrizione presso il medesimo (a) , ove parlasi di
uno di essi morto in giovanile età :
IAM QVI QVADRI1VGOS AVDEREM SCANDERE CVRRVS
ET TAMEN A BIIVGIS NON REMOVERER EQVIS
Da questa iscrizione si vede , che a tali novizj non
si dava la gloria del Circo :
NEC MIHI CONCESSA EST JMORITVRO GLORIA CIRCI
Io suppongo, che la gloria dei Circo fossero i pre-
mj maggiori , e non le vittorie ordinarie . Meritava
però quella pena, perchè essendo molti in capo al-
l' anno i giuochi in Ptoma , chi in essi era vincito-
re , oltre alla palma della vittoria , riceveva molti
regali , e accumulava ricchezze . Siccome che v' er-
rano scommesse grandissime fra gli spettatori nei
Circhi sull'esito delle corse (b), non avranno man-
cato gli agitatori , quando vincevano , di ricevere
regali da chi per cagion loro aveva vinta la scom-
messa . Di queste se ne facevano anche espressa-
mente in favore degli aurighi . Fanatismo non molto
dissimile dura tuttavia nelle corse , che si fanno in.
Inghilterra, ove fino la riuscita degli affari più im-
(a) Pag. 34o 72. 4, Murat. loc. cit. m 2, Bo-
nada loc. cip. pog. 387.
(b) Ovidio de Arte am. lib. 1 v. 166, Giove-
nale Sat. 11 v. 5o e ivi lo Scoliaste amico, Tertul-
liano de Spect. cap. 16 , Ammiano Marcellino lib.
i4 cap. 6. Vedasi 1' Argoli nelle note al Panvinio
lib. 1 cap. 1 1 pag. 20.
X 3o2 X
portanti, ed incerti, com'è la vita umana, la na-
vigazione , o altro , si riduce a scommesse , o come
essi chiamano , ad assicurazioni . Troviamo scritto
di un agitatore , che lasciò alla sua morte un patri-
monio esorbitante . Tanta era la passione , che il
popolo aveva per l' uno , o per i* altro di costoro ,
che Plinio (a) ci narra , che un partigiano di Felice
agitatore della fazione russata gettossi disperatamente
nel rogo nei tempo , in cui ardevasi il cadavere di
costui . Arrivavano a segno taluni di vestirsi dei co-
lori della fazione , alla quale favorivano (3) ; e sino
le ombrelle, colle quali le matrone si difendevano
dal sole , erano anch' esse del colore favorito (e) .
Gli aunghi erano presi a nolo dagli editori dei
giuochi , e servivano ora in una fazione , ed ora
fu un' altra (d) , probabilmente determinandosi per
clii meglio li pagava : ma anch' essi al pari dei con-
ditori stavano quasi sempre attaccati ad un colore,
(a) Lìb. 7 cap. 53.
(b) Giovenale Saf. il v. 198.
(e) Giovenale Sat. 9 v. 5o. Ho aggiunta 1' au-
torità di Giovenale a questi due luughi , come fa il
Bulengero cap. 48, da cui il nostro Autore ha prese
quelle due notizie ; ma Giovenale non parla dei par-
titami delle fazioni ; ma delia stessa fazione verde ;
e nel secondo luogo parla in genere di ombrelle
verdi regalate a donne , senza parlar del Circo .
(d) Ciò si rileva anche dalia citata iscrizione
èi Dio eie»
X 3o3 )(
e correvano coi soliti cavalli . Da ciò si arguisce.,
che chi prendeva a nolo i cavalli per un giuoco,
avrà preso anche gli aunghi , e le carrette appar-
tenenti a quella greggia . Alle volte il padrone , o
sia conditore di una fazione, agitava egli medesimo,
come si legge nelle iscrizioni (a) .
Vestivano del colore delia loro fazione ; ma
per tutto vestimento non aveano che un leggero
corpetto senza maniche , stretto al petto , e che
svolazzando dal fianco in giù non oltrepassava il
ginocchio . Non molto diversi vediamo oggidì i no-
stri volanti . Erano senza calzoni per essere più le-
ali , e a gambe nude . Non so se portassero calza-
ri , o sandali al piede , non potendosi distinguere
abbastanza in verun bassorilievo ; ma par probabile ,
che non li avessero . Il piede nudo teneva più fer-
mo , e s' addattava meglio al palco della carretta •
Aveano il capo dentro ad un elmetto , o sia celata
rotonda di ferro , che appena lasciava scoperto il
viso . Era essa legata sotto il mento , per difesa in
caso di precipitosa caduta , come assai sovente suc-
cedeva . Non v' è quasi bassorilievo circense , in
cui non vedasi qualche carretta rovesciata, e T au-
riga , o i cavalli stramazzati per terra , e calpe-
stati .
Sopra il corpetto tutto il tratto del torace era
(a) Gruter. pag* $3$ n* 2 3.
)( 3o4 )(
Strettamente annodato da certe sottili, e larghe fa-
sce , che io credo di cuojo , le quali erano intral-
ciate a guisa del nodo , detto nodo da imballatore .
Un torso di statua d' un auriga , che è a villa Ne-
grotti (a) , ce ne dà un' idea chiarissima y com' an-
che del resto della vestitura . Galeno (b) volendo
descriverci la fasciatura , che dovea farsi al torace
di chi s' era rotte le coste , dice , che sia simile a
quelle , che fansi agli aurighi circensi . Fasciatara
non molto diversa mostra anche il gladiatore Baio-
ne in un cippo , che è nella villa Panfili , riferito
dal Fabretti (e) , e dal Winkelmann (d) : dal che
si vede , che non erano soli gli aurighi a servirse-
ne. Tale stringimento serviva per diminuire la cir-
conferenza del corpo , e così renderlo unito , e se
fosse possibile più leggero, e più atto alla massima
rapidità , con cui dovevano correre . La figura di
quel torso (e) , spiegherà assai meglio , che le ul-
teriori mie parole . Chi V andasse a rincontrare sul
luogo , non si lasci ingannare dai falso ristauro , che
V ha
(a) Ora nel Museo Pio-Clementino .
(b) De Fasciis , cap. 106 opcr. Tom. XII. ed.
Cart. Paris. i649'
(e) De Col. Traj. cap 8. pag. zb§.
(d) Mori. ant. ined. n. 199.
(e) Vedi la detta figura nella Tavola XIX.
dell' Edizione pubblicata daU Avvocato Carlo Fé a .
( Gli Edit. )
X 3o5 )(
i' Ha cangiata in figura d' un giardiniere tenente una
zappa in mano ; e consideri solamente il torso , che
è tutto ciò , che ha d' antico . Così dagli scultori
imperiti si deforma in Roma V antichità , come tutto
di vediamo ; anzi i più accreditati rappezzato™ fan-
no talvolta peggio degli altri .
Tenevano intralciato traile fasce sul fianco sini-
stro un coltello falcato , probabilmente per. troncare
le fasce, ed anche le guide, e salvarsi in caso di
disgrazia. Ciò era tanto più necessario, perchè l'au-
riga non sostenea colla mano le redini . Le aveva
legate , e tese a traverso del corpo , per non aver
bisogno che della sinistra sola , onde regolare i ca-
valli : così non avea bisogno , che di tirare or l' li-
na , or 1' altra . Colla destra tenea la frusta alza-
ta Qa) . Guai dunque a chi così legato fosse caduto
dalla carretta , perchè non avea più scampo senza
sbrogliarsi col taglio . La sua positura era quella di
un uomo , che curvato , e prono col corpo s* ap-
poggiava con un piede ai parapetto , e coli' altro
gravitando sulla parte posteriore della carretta , la
teneva quasi in bilancia sull' asse . Così leggermen-
(a) All' occasione adopravano 1' una , e 1' altra
mano per tenere le redini , come si vede nei bas-
sìrilievi , e in ispecie in uno di terra cotta datfo in
rame dal Piranesi , e nel dittico Quiriniano dei
Lampadj presso il Gori Thes. vet» dipi. Tom. IL
Tab. XVI.
IV, 2.0
X 3oG )<
te , e quasi m equilibrio correva . Tanto s' impara
sicuramente dai bassirilievi .
Intanto quasi sospesi con gran contensione di
spirito e P auriga , e i cavalli chiusi dal cancello
dentro la carcere , stavano ad aspettare P istante
della scappata . Neil' inverno si vedeva dagl' inter-
valli di questi cancelli uscire quai fumo 1' anelito
de' cavalli; e si sentivano battere coli' unghie il suolo
indurato (a) . Il pretore del Circo , o del giuoco
dava allora il primo segno della corsa (5) , al quale
per mezzo d' una non so quai macchina spalanca-
vansi tutti in un istante i cancelli delle carceri (e) ,
e si scoprivano agli spettatori i cavalli, e gli au-
nghi preparati . Questo primo segno è stato diverso
secondo le varie età , Anticamente per segno pre-^
sentavasi una face accesa . Ai tempi di Nerone cojni»
(a) Stazio Theb. Uh. 6 v. 398 e seg. , Sidonio
ad Coment, carm. 23 v. 33 1 segg. , Apollonio De
excid. Jerosol. Uh. 2 p. 61 e seggi
(b) Maxima jam vacuo Praetor spectacula Circo
Quadrijuges aequo carcere misit equos .
Ovidio Amor. Uh. 3 el. 2 9* 65 e seg.
(e) Tutti gli scrittori antichi , che ho potuto
vedere , alcuni de' quali sono riportati dal Bulengero
cap. 11 e io seg., convengono nei far capire, che
i cancelli si aprivano tutti in un tratto , e come
per mezzo di una macchina ; ma nel bassorilievo ,
che si dà inciso in principio della prefazione del-
P Avvocato Carlo Fea , si vedono uomini , che li
aprono colle mani . Il sig. Bianconi comprò quel
bassorilievo principalmente per questa singolarità .
)( 3o7 )/
dossi a gettare dall' alto un panno bianco , che ch^a*
mavasi la mappa (a) , in memoria d' avere dal suo
pulvinare , ove quest' imperatore mangiava , gettata
per capriccio la salvietta per dare il primo segno
della mossa (b) .
Al secondo , ed ultimo segno , che almeno ai
tempi di Sidonio Apollinare (p) era un suono di
tromba , cadeva istantaneamente la fune , ossia il ca-
nape , che traversava da un* erma all' altra ; e scap-
pavano fuori le carrette, indirizzandosi verso la parte
destra del Circo, dove l'imboccatura della spina era
più larga. Tendendo queste per tanti raggi di cir-
colo quasi al medesimo centro , norì potevano , anzi
non dovevano urtarsi prima d' essere entrati nella
lizza . Allora non si sentiva più che un grido uni-
versale degli spettatori; perchè essendo essi divisi di
genio chi per un auriga , chi per un altro , applau-
diva ognuno al suo favorito , e lo animava . Una
creile parole , cred' io , che dicessero , era forti men-
te , conservataci in questo senso da Ovidio (J) . Il
marchese Maffei pretende non senza ragione , esser
una delle parole volgari di quel tempo; anzi essere
(a) Giovenale Sat. n e. 193, Tertulliano de
Spect. cap, 16, Cassiodoro Var. lib. 3-*p. 5i. Ve-
dasi il Gori Thes. vet. dipt. Tarn. Ih Toh. XIX.
pag. i32.
(b) Ved. il Bulengero cap. 16.
(e) Ad Consent. carm. 23 v. 339 Vag- 1(ò^
(d) Amor. lìb. 3 eh 2 *\ io.
j% 3o8 )(
precisamente la odierna Jortement ey cioè àa bravo,
Ognuno sa , che quel dottissimo cavaliere non ha
mai potuto credere ? che nelP antica Roma il po-
polò parlasse quel latino ? che leggiamo ne' libri ;
ed ha ragione .
Dall' ingresso nella lizza fino alla seconda meta
non era che lotta , fracasso , e conflitto tra le car-
rette , affine di girare intorno ad essa prima , e più
strettamente che si potesse ; e così guadagnare tem-
po , minorando lo spazio da percorrersi . Questo
conflitto si rinovava nei ritornare , che dall' altra
parte della spina facevano le carrette ; giacche colà
pure v* era 1- altra meta in faccia alle carceri da gi-
rare strettamente. In sette di questi giri consisteva
tutta la corsa , e ne era il vincitore colui , che al
compiere del settimo giugneva primo alla meta in
faccia alle carceri ; septtm spatiis merere coronata ,
come dice Ovidio (a) .
L' artifizio dunque tutto consisteva non solo a
correre , per quanto umanamente è possibile ; ma
ad abbreviare il cammino col tirarsi vicinissimo alla
spina , e voltare intorno alle mete strettamente . Bi-
sognava però guardarsi di non toccarle neppur di
fuga ; perchè il minimo urto facea sbalzar giù dalla
carretta l'auriga, e perdere con vergogna la vitto-
ria . Questa disgrazia in linguaggio circense chia-
(a) Halieut, vers. ti8«
)( 3o9 )(
«lavasi Jar naufragio ; termine , a mio credere s
tollo dal greco in un luogo dì Sofocle (a) . Una
parte dei sapere degli aurighì consisteva anche nel-
l' impedire , che gli altri suoi competitori loro non
passassero davanti : cosi era lecito 1' urtarli , ed il
rovesciarli ancora ; purché questo non si facesse pri-
ma d' essere entrati nella lizza , cioè fra le carceri ,
e la linea, è che era tirata dalla meta prima al po-
dio destro, e ad angolo retto colla spina, come si
dirà tra poco .
I cavalli correvano divaricati , o sia divergenti ,
cioè due a destra , e due a sinistra . Questo diede
luogo ad un divertimento assai rischioso , e che io
hp imparato da quasi tutti i bassirilievì circensi . Vi
erano alcuni , che per fare spiccare più la destrezza
degli aurighi conduttori si mettevano giacenti per
terra , e la carretta passava lor sopra senza offen-
derli ; perchè restavano illesi, passando loro i cavalli
due di qua, e due di là senza toccarli. Forse pas-
savano loro anche di qua , e di là le rote ; ma
quand' anche fossero lóro trapassate sopra, tanta era
la celerità , e leggerezza , che nulla aveano da te-
mere (b). A tal segno giugne la temerità degli uo-
(a) In Electra ; vers. y3 1 , osservato anche dal
Bulengero cap. 29 e seg.
(b) Questo è un bel raziocinio ; ma non so se
in fatto la cosa sia possibile . In molti bassirijtievi i
putii , o Oenj stanno stramazzati in modo da non
istervi così a bella posta , ma piuttosto come caduti .
K 3io )(
mini, quando le arti anche più pericolose sono tanto
raffinate . Talvoka in vece d' uomini mettevano per
la stessa ragione gran vasi di terra cotta fragilissi-
mi , perchè si vedessero restare illesi in tanto pe-
ricolo . Tale essendo 1' abilità degli aunghi , qual
maraviglia se Roma andava , per così dir , pazza a
vederli operare ?
Pare che a traverso del Circo vi fosse una linea
bianca tirata dalla spina, ( ove è la meta verso le
carceri ) al podio destro dalla parte in cui s' entrava
nella lizza « Questa linea serviva di limite ; perchè pri-
ma di averla passata non era permesso alle carrette
P urtarsi , 1/ altra parte di questa linea , la quale non
era , che la continuazione della prima , serviva di
segno , o sia termine delia corsa . Con che fosse
tracciala questa linea non P ho mai potuto capire .
Qualche passo antico pare indicarci , che fosse di
creta bianca . Ma come persuadersi , che non fosse
mischiata ben presto colla terra , e col suolo , e
cancellata col passarvi sopra sette volte quattro car-
rette > e tanti cavalli fuggenti (a) P Da quesf ultima
Se il Fea avesse osservato attentamente tutti i
hassirilievi circensi , avrebbe veduto che i putti , o
Genj giacenti per terra sono tutti in modo, che il
tergo loro viene ad essere contro la corsa de caval-
li, e che però tale positura non è accidentale , ma
volontaria . Questa riflessione gli avrebbe fatto gu-
stare il fino e giusto raziocinio delV autore . (Gli Ed.)
(e) Pajono così chiari i passi degli antichi , da
)( Su )(
linea , e da questo giuoco , è nato 1' antico pro-
verbio del fine del viver dell' uomo . La nostra vita
fugace è stata sempre dagli antichi assomigliata alla
corsa circense si per la sua rapidità , che per li
pericoli , che per tutto il suo corso V accompagna-
no : e in fatti si diceva curriculum vitae (a) ; e da
questa linea nacque il proverbio usato ancora da
Orazio (b) : mors ultima linea rerum : la morte è
la meta dell' uomo . Ma torniamo al giuoco •
Sulla gran base deli' ultima meta stava il giu-
dice , per vedere da vicino quai carretta giugnesse
la prima . Affinchè non nascesse sbaglio nei contare
i giri, che con tanta rapidità si facevano dalle car-
non dover dubitare che fosse di creta bianca , in
sspecie Plinio Histor. naturai. lib. 35 cap. 17 ; Est
vilissima creta , qua Circum praeducere ad vieto-
riae notam instituerunt majores : Seneca Epist. 108:
Hanc, quam nunc in Circo cretam vocamus , cai-
cem antiqui dicebant : Vegezio Artis veterinariae
Uh. 1 cap. 56 ; In sicco itaque , aequalique tolo
auinquaginta passus in longum , et quinque in la-
tum plenis copfiinis digerittir per ordines creta , ad
similitudinem stadii : Cassiodoro Var. lib. 3 ep. 5i 1
Alba linea non longe ab ostiis in ulrumque podium
quasi regula directa perducitur . Se la creta , o
calce si gettava con ceste , come dice Vegezio , sa-
rà stata tanto grande la linea da non potersi can-
cellare, per quante carrette vi passassero sopra, in
maniera da non essere visibile .
(a) Per questa ragione probabilmente si rap-
presentava sulle urne sepolcrali una corsa di Gercj .
(b) Epist, Uè. i ep. 16 vers, uh.
)( 3l2 )(
rette, sì faceva uso dì que* sette delfini, e di quelle
sette ova amovibili , delle quali parlammo nella de-
scrizione della spina (a) . Un ministro appostato le-
^ava dal suo luogo ad ogni giro un delfino ; ed un
altro levava una di quelle grandi oya dall' altro . Al
levarsi dell'ultimo delfino, e dell'ultimo ovo cor-
reva T ultimo giro . In un bellissimo bassorilievo cir-
cense , che è al Vaticano , v' è rappresentata una
scaletta portàtile appoggiata all' architrave , su cui
sono collocati i sette delfini ; perchè non vi pote-
va arrivare senza questa il ministro destinato a te-
nere il conto .
Se la corsa sul principio non andava a dove-
re, e se v'era qualche soverchieria, era permesso
al popolo il domandare , che la corsa si ricomin-
ciasse . Per far ciò ventilavano le toghe (b) ; ed a
questo segno , se era generale , doveva condiscen-
dere il pretore del Circo . Il domandarlo colla voce
non era praticabile in tanta moltitudine ; perchè ,
(a) Alla pagina 2.67 1' Autore ha riferito que-
ste ova ad un nitro proposito,* e qui pare che si ri-
tratti , abbracciando i' idea vera .
Questa nota non sembra giusta . ÌJ autore nel
luogo citato dice parlando di queste ova: Servivano
probabilmente a segnare il numero delle mandate, o
siano corse . ( Gli Edit. )
(b) Ovidio Amor. lib. 3 eh 2. v. j'ò e seg. :
Favimus ignavo: sed enim revocate , Quirite*}
Et date jactatis undique signa togis .
X 3i3 )(
come distinguere questa domanda dai rumore del
plausi , che , come dice Orazio (a) , rassomigliava
al fremito del mare , o al muggito del bosco Gar-
gano? Questa circostanza non è mai stata rilevata,
a quel che io credo , da nessun moderno scrittore
di cose circensi .
Tale era una mandata . Di queste ve n' erano ,
come abbiamo detto , venticinque . Virgilio per di-
re , che darà un giuoco circense , dice poeticamen^
te (b) , che agiterà cento carrette a quattro cavalli
sulla sponda del fiume :
Centum quadrìjugos agitalo ad fiumina currus •
Quantunque tutte le corse fossero eguali , erano
però le ultime più gradite dal popolo, perchè la
gara produceva sempre in queste nuovi acciden-
ti indispensabili . La vigesima quinta , ed ultima
chiamavasi missus aerarius , per la seguente» ra-
gione . Erano essb anticamente soltanto ventiquat-
tro j ma il popolo , il quale non le vedeva finire
che malvolontieri , aveva introdotto 1' uso di far rac-
cogliere in giro dagli spettatori denaro, e con que-
sto pagare quattro altri agitatori , affinchè facessero
una corsa di sopra più (e) . Questo produceva alle
volte somme immense. Ma col tratto del tempo quei
cittadini, o quegl' imperatori , che davano gratuita -
(a) Epist. Uh. 2. ep. i vers, 202,
(}.) Georg, lib. 3 v. 18.
(e) Vairone presso Servio ad Vìrg. he. cu
)( 34 X
mente i giuochi al popolo , credettero, che v' an-*
dasse del loro decoro, se tutte le mandate non fos-
sero a loro conto : così all' enorme spesa , che fa-
cevano , aggiunsero generosamente anche la venticin-
quesima mandata . Queli' uso adunque finì ; ma durò
il nome di missus aerarius , che volea dir V ultima
mandata (a) .
Queste regole delle mandate però non furono
tanto fisse , che talvolta da loro non si slontanasse-
ro , massime sotto il principato degP imperatori , clic
non ebbero più altra legge, che la loro volontà. Do-
miziano ali' occasione de' giuochi secolari in vece dì
venticinque mandate , ne diede cento in un sol gior-
no . Ma siccome la giornata non era abbastanza lun-
ga per tante corse , comandò che le carrette , in ve-
ce di sette giri , ne facessero solamente cinque (b) .
Claudio fra una mandata , e 1' altra diede nel Circo
lo spettacolo d' una caccia (e) . Corsero talvolta an-
cora più di quattro carrette insieme . Bisogna bene
che la cosa fosse così, perchè v'erano costantemente
dodici carceri ne' Circhi (d) . A che avrebbero ser-
vito dodici , se non se ne fossero mai adoprate che
quattro ? Dione {e) ci dice , che Comodo fece cor-
(a) Ved. Bulengero cap. i5.
(b) Svet. in Domit. cap. 4-
(e) Svet. in Claud. cap. 2.1.
(d) Si veda qui avanti , e ciò , che diremo al fine
dei capo seguente .
(e) Lìb. 75 nurn. 4 peg. *a5&.
)( 3i5 )(
rere qualche volta anche sei carrette . Nel mento-
vato bassorilievo sepolcrale di Foligno si veggono no-
ve carrette in pieno corso . D'una di queste non es-
sendo scolpita che la parte posteriore colle rote sul
finir del marmo , pare che lo scultore abbia voluto
far capire , che ve ne sarebbero state anche più di
nove , se il sarcofago fosse stato più lungo (a) . I!
Panvinio nel riferirlo non ha fatta riflessione a que-
sta moltipiicità di carrette . Forse che quest' ultima
specie di giuoco era fatta per divertire talvolta il po-
polo con un conflitto maggiore d' aurighi ; e non si
saranno fatte in essa tante mandate, né tante for-
malità , quante facevansi in que' giuochi , ne' quali
tutto era regolato colla maggior precisione , ed e-
satlezaa sotto la direzione d' un pretore circense .
Oggidì si corrono in Roma de' palj irregolari, e con
quanti cavalli si trovano , e chiamasi correre in trup-
pa. Chi sa se queste corse di dieci, o dodici car-
rette non erano a un dipresso una cosa simile ?
Al vincitore di qualunque mandata si dava per
premio un ramo di palma ; a cui ne* secoli poste-
riori cominciossi ad aggiugnere una corona, o altre
galanterie di seta . Da qualche autore pare , che la
palma fosse piantata sulla base della meta , e che
il vincitore nel!' arrivarvi se la rapisse . Da altri pa-
(a) Questa parte posteriore di carretta, a giu-
dicarne dalla figura in rame, pare un carpento , non
una carretta da corsa , come forse è nelV originale ,
)( 3i6 )(
re , che a lui la desse il giudice (a) , e questo
sembra più naturale per evitare le liti . Comunque
siasi , era tanto 1' onore d' acquistarla , che Orazio (b)
dice , che rendeva gli uomini quasi eguali agli Dei ;
Chiamavasi in linguaggio circense il travio . Io non
dubito , che questa parola , la quale ha avuto l' o-
nore d' essere consacrata da s. Paolo medesimo nelle
sue epistole (e) , non sia la genitrice antichissima
di quella di bravo , che per lode diamo ad un uo-
mo valoroso : ed infatti è resa comune a quasi tutte
le lingue viventi d' Europa . Gii antichi facevano
tanto caso delie corse circensi , che come si chia-
mavano nobili i cavalli , che vi si adopravano , no-
bile pure si chiamava la palma del vincitore (d) .
Non per questo però restava senza ricompensa
ll auriga secondo , e il terzo . Vincere si dicea del
primo , forre secundas , forre tertias , degli altri
(a) Vedi Bulengero cap. 2$ e 54. Nel basso-
rilievo, che pose il Fea alla pag. i", vi è un Genio
alla meta , che pare -voglia dare la palma al vin-
citore . Nello stesso atto si vede un uomo in un
bassorilievo presso il Fabretti De Col. Traj, Synt.
pag. i47- ^n un au"ro bassorilievo dello stesso Mu-
seo Pio-Clementino V auriga prende la corona da!
Pretore , che sta come in un tribunale .
(b) Od. 1 v. 6.
(e) Ad Corinth. 1 cap, 9 y. ^4 > ad Philipp,
cap. 3 v. 14.
(d) Orazio Iog. cit.
X 3i7 )(
due. Era dunque gran gloria per un agitatore, e
per un cavallo V avere vinto molte volte ; e la glo-
ria cresceva a misura , che erano in minor numero
le seconde , ed assai meno le terze . Infatti nelle
iscrizioni di questo genere vede si sempre questa
grande sproporzione (a) . Il quarto auriga non avea
che la vergogna d' essere stato V ultimo, e di avere
costato molte scommesse a' suoi ingannati fautori ;
Io che non gli avrà certamente attirati grandi ap-
plausi. Dalla più volte ricordata iscrizione di Dio-
cle si vede , che si tenevano gli atti degli agitato-
ri , o siano i registri delle loro vittorie .
Finite le corse de' carri , gli agitatori scende-
vano neir arena , e correvano a piedi a gara . Do-
po la corsa venivano gli atleti , e i lottatori , i quali
facevano anch' essi i loro esercizj , e con ciò fini-
vasi la giornata . Questi differenti esercizj erano in-
terrotti dai pubblici elogi , che recitavansi in lode
dei vincitori , e dalle distribuzioni , che ad essi fa-
ceansi delie corone . Ecco , a mio credere , quanto
basta per dare un' idea del regolamento , e delle
leggi dei giuochi circensi.
(a) In quella di Diocle specialmente»
)( 3i8 )(
CAPO X.
Esame particolare della Corsa seconda la
disposizione delle carceri nel Circo
di C arac ali a .
E,
LAMINANDO la curva, in cui sono disposte le
dodici carceri dei Circo di Caracalla , ho scoperto ,
mercè 1' attuale misura , essere la medesima un ar-
co di circolo , il cui centro giace verso il mezzo
dell' area destra nel punto C ; essendo il raggio C N
di esso circolo uguale a cinque quarti delia corda
KO; vaie a dire , il raggio sta alia detta corda
come 5 a 4»
Non posso negare , che a prima vista , osser-
vando r obliquità del detto arco circolare N Q O ,
sui sono nati nell' animo diversi dubbj . Primiera-
mente ho detto fra me stesso : V onore , e il pre-
mio di quel nobilissimo giuoco era certamente de-
stinato a colui , che partendosi colla sua quadriga
dalle carceri nello stesso tempo degli altri gio-
catori; ed entrando in lizza dalla parte destra delia
spina , dopo fatti sette giri intorno alla medesima ,
sapeva uscir fuori, e sboccare il primo dalla parte
sinistra della stessa lizza , lasciandosi addietro la me-
ta , ed i compagni . Questo era il giuoco , come fu
detto più volte . Dunque supponendo in ciascuno
)( 3i9 )(
de' concorrenti velocità uguale , tutta V industria , e
l' arte dei giuocatori doveva unicamente impiegarsi
a scegliere la via più breve , ed il minor viaggio
possibile di detta corsa . Chi fosse giunto a cono-
scerlo, ed afferrarlo, quegli senza dubbio doveva
essere il vincitore . Non di molto studio facea però
mestieri a penetrare cotesto artificio , e magistero -
Ognun ben vede , che il massimo vantaggio del-
la corsa doveva essere di colui , il quale prima
ci' ogni altro avesse saputo arrivare al punto P t
principio della spina , e tenersi sempre col veloce
carro saggiamente accosto alia medesima ; poiché
egli solo e nella precipitosa corsa , e nelle accorte
voltate aveva il più breve cammino da superare ;
supposti già sempre i suoi colleghi al pari di lui
veloci , ed ansiosi : mentre rimanendo essi alquanto
più discosti dalla spina , erano costretti a segnare
un giro più largo intorno alle due mete .
D' altra parte in quella singolare posizione dì
arco , e di carceri , pareami , che non si dovesse
ascriver sempre a merito , ed arte del giuocatore ,
uscendo dalle mosse , il giugner prima degli altri
alla parte superiore di essa spina , afferrare il suo
principio in P , e costeggiarla in appresso incessan-
temente ; imperocché la prima carcere a sinistra
segnata num. I. rimane sensibilmente più vicina delle
altre al suddetto punto P ; e la XII. , che è la più
lontana , vi si discosta fino a quattro tese più della
;( 320 )(
prima , come può ognuno assicurarsene col com-
passo : onde senza riguardare più avanti , sembra-
tami , che alt' auriga possessore della prima carcere
ridondasse un troppo maggior vantaggio, e la giu-
stizia dei giuoco non fosse a tutti eguale .
In tal mia supposizione, che forse naturalmente
si presenterà anche ad altri , io pensava , che me-
glio si fossero potute equilibrare le cose , accioc-
ché toccasse ad ognuno egual fatica , ed eguale viag-
gio da superare . Io dunque , per collocare ciascu-
na carcere in pari distanza dalla spina, faceva cen-
tro nel punto P, e col raggio PN descrivevo l'al-
tro arco di cerchio OQS. In quest'arco, io dice-
va , se fossero disposte le carceri , sarebbe qualun-
que giuocatore ugualmente distante dal punto P , e
tutti sin dalle mosse si troverebbero pari in questa
circostanza del giuoco, che non è invero da trascu-
rarsi . Ma ben presto m' avvidi del mio errore ; poi-
che lungo il suddetto arco O Q S le prime carceri a
sinistra troppo rimangono mal voltate ; né guardano
sì ben di prospetto, e di faccia ( cosa molto neces-
saria da ottenersi ) tutta Y apertura della corsa , cioè
lo spazio fra il destro Iato del Circo , e la spina ,
che è il luogo , a cui ogni quadriga deve immedia-
tamente dirigersi , e studiarsi di preoccupare sin da
principio . Il nudo occhio , che attento consideri la
Tavola , vede , e distingue da sé stesso il vantag-
gio , che tiene in questo particolare 1' antico arco
NQO
)( 321 )(
JN Q O così ben piegato al di fuori , sopra il secon-
do arco O Q S da me supposto .
Qui di nuovo io dicevo : come dunque soddisfa-
remo al difetto delle suddette disuguali distanze , in
cui pur sono le carceri respettivamente al principio
della spina ? Per rimediarvi io mi appigliai ad un al-
tro partito. Supposi, che le medesime fossero tutte
collocate dentro P arco O Q S ; ed in cjuesta guisa
salvando in tutte una egual lontananza dal punto P,
io caddi in altro inconveniente . La misura delle car-
ceri era data , siccome quella , che dovea rendere
ciascuna capace della larghezza di una quadriga: la-
onde in questo secondo arco io non potea conse-
guire che sole dieci carceri nel Circo di Caracalla :
numero incongruente , e non bastevole alla magnifi-
cenza de' giuochi soliti a farsi alcune volte con do-
dici carri in que superbi teatri , i quali tutti pur di
dodici carceri troviamo composti .
Se io mi gittava poi fuori del presente antico
arco NQO, partendomi però sempre dalla sinistra
torre , come da punto dato , il nuovo esterno arco ,
che mi nasceva , restando ancora più obliquo , e più
respinto dell' odierno , mi dava una maggiore dì-
stanza nel duodecimo carcere della spina : errore ,
che in vece di emendare, mi si faceva anzi più
sensibile, e che in appresso non si sarebbe potuto
riparare da altri vantaggi , come procurerà in breve
di conseguire
IV. 21 t
)( 3*a }(
Dopo queste mie inutili ricerche, io mi posi
dunque a considerare , se rimanendo fermo il sud-
detto antico arco del Circo , coloro , che otteneano
le prime carceri I. II. III., quantunque potessero
gradatamente rallegrarsi della respettiva lor minore
distanza dalla spina, soggiacessero poi nella corsa a
qualche incomodo da me non peranche ben cono-
sciuto , per cui venissero compensate le cose , e
tutti rimanessero in circostanze prossimamente ugua-
li , secondo richiedea la giustizia dei giuoco , ed il
sommo rischio di tanta impresa . Questo si è quel-
lo , che parmi di avere sufficientemente scoperto p
e che qui mi accingo ad esporre più col desiderio,
che altri corregga , o renda migliori questi miei
tenui pensamenti ; che in aria di presentarli come
se fossero dimostrazioni .
Sia collocata nei primo carcere segnato num. I.
una quadriga . Egli è certo , che il cavallo a sini-
stra mano si è quello , a cui più , che agli altri
suoi tre compagni , viene raccomandata tutta la
maestria, e la direzione della corsa, sì pel mas-
simo possibile accostamento alla spina ; come per la
sagace , e veloce strettezza delle voltate . Convien
dunque esaminare , se non ostante la sua maggior
vicinanza alla lizza , sia per avventura sottoposto colla
quadriga a qualche svantaggioso incontro , per cui
|a corsa gli sìa resa più difficile , e più tarda , che
agli altri di mano in mano mossi dalle seguenti
X 3^3 )(
carceri ; onde la difficoltà dei giuoco divenga poi a
tutti men disuguale , anzi prossimamente la stessa .
Accosto al sinistro lato del suddetto carcere , io fo
partire una tangente , che vada ad incontrare la cir-
conferenza della meta superiore . Seguirà il punto
del contatto in T ; e prolungata questa tangente ,
andrà ad incontrare la linea M P , che è il diame-
tro , o sia la larghezza della corsa , nel punto V ,
Ciò posto , io dico : se questa linea fosse un rag-
gio visuale mosso dall' occhio del mentovato cavallo
sinistro del carro , oppure anche del suo auriga ,
egli è chiaro , che dal suddetto carcere quegli non
iscopre , e non vede il principio P delia spina } a
cui anela . Dunque sin dalia prima mossa è sfor-
zato a dirigersi colla quadriga al punto V sensibil-
mente lontano da essa spina ; ed in quel punto , o
poco prima , gli è d' uopo d' intraprendere una vol-
tata per la linea VX, o altra simile ; ingegnan-
dosi in questa guisa di accostarsi alla spina il più
prontamente , che gii è possibile . Ma sommando
insieme i due lati TV, VX, egli è innegabile ,
che sono maggiori dei terzo lato T X . Dunque
dovendo la suddetta quadriga allungar ivi alcun po-
co il suo viaggio , e perdere qualche istante di tem-
po nella prima sua voltata , viene con questo inco-
modo a soddisfare bastantemente al poco vantag-
gio , che da principio godea , della sua maggior vi-
cinanza alla meta superiore , ed alla spina .
X 3*4 )(
Passo alla seconda carcere , la quale è meri vi-
cina nella prima al punto P . Se da quella pari-
mente io conduco un' altra tangente , o sia raggio
visuale alla suddetta circonferenza delia meta , il
punto del contatto andrà a cadere di sotto al punto
T ; e prolungando questa tangente , incontrerà la
linea M P in un punto più vicino al lato T X :
onde il secondo auriga scoprirà più presto la spi-
na , e si troverà difatti più vicino ad essa . Quindi
computando la voltata, che dovrà fare per afferrar-
la , formerà due lati , che presi insieme riusciranno
minori dei due , che ha scorsi il primo ; e così a
questo secondo auriga abbisognerà fare minor viag-
gio , e perdere minor tempo per impadronirsi del
suddetto accostamento .
Lo stesso metodo posso tenere inoltrandomi alle
altre carceri susseguenti . Di mano in mano ciascun
auriga si troverà diretto colla sua tangente , e col
carro ad un punto più inferiore della meta ; e per
conseguenza riuscendo più prossimo ai principio della
spina , sarà obbligato a minor voltata. Si prenda-
no poi coteste voltate dopo il punto del conlatto
della meta o in due linee rette , come noi abbia-^
ino fallo , o piuttosto seguitando una linea curva ;
sempre sarà vero , che quella curva , su cui dovrà
tenersi il secondo carro , si troverà più breve di quella
del primo ; e conseguentemente più sollecita : nel che
appunto consiste il ricercato compenso , che si vuole
)( 325 )(
poi adattare colla debita proporzione alle susseguenjì
carceri fino alla sesta inclusivamente. E qui notar
debbo , che la massima differenza fra le varie di-
stanze delle predette carceri dal principio della spi-
na , è quella , che passa fra la prima carcere , e la
duodecima . Or questa differenza indicata dal seg-
mento di linea N T S , in tutto e per tutto è di
quattro tese : cosa assai tenue , avendo riguardo al
tempo , che si richiede a scorrere solamente quattro
tese con quella precipitosa velocità , ond' erano le
quadrighe incredibilmente agitate. Laonde con un
giusto sforzo di detta velocità , non era difficile a
fervido , ed accorto auriga mettersi presto del pari
cogli altri emuli.
Benché in questa lieve differenza di cose rispetto
alle suddette ineguali distanze , vi fossero , parten-
do obliquamente dalle mosse, e dirigendosi alla spi-
na, le sue diverse voltate, ed i suoi giusti compen-
si , non si voglian però questi intendere in una geo-
metrica precisione . Né tampoco è da credersi , che
gli animosi competitori misurassero col compasso
lutti i passi da farsi, e le tracce, su cui tenere le
lor quadrighe . L'impeto, e l'ardore, da cui era-
no accesi alla gloria del premio , e 1' ansioso studio
di romper 1' uno la strada all'altro, e di rovesciar-
si , non dava luogo di prendere misure sul campo ;
né so di esse quanto fossero matematicamente ca-
paci, Dirò bene, che io non potea prescindere dal
X 3s6 )(
porre in chiaro , che non ostante la suddetta ine-
guale distanza delle carceri ( dato innegabile del
Circo di Caracalla ) t realmente il giuoco in sé stesso
non racchiudea una patente ingiustizia ; ma discre-
tamente venivano temperate le ineguaglianze da al-
tri comodi . Anzi per quel minimo vantaggio di
più , o di meno , che potesse esservi nella destina-
zione delie carceri ; questo veniva dato , o tolto dalla
sorte : e se appunto si destinavano a sorte , questa
sola era a tutti la debitrice di ogni benché piccola
discrepanza .
Mi rimane solamente a dir poche parole delle
sei carceri a destra . Partendo da queste , ognun
hen vede , che la lontananza dalla spina , ed il
viaggio per arrivarla rimane con loro danno viep-
più maggiore di quello, che sia movendo dalle si-
nistre carceri precedenti . Qual dunque è il com-
penso , che a loro tocca ? Considero la carcere più
lontana, che appunto è la XII., e vengo a para-
gonarla colla VII. Se dal lato destro di questa set-
tima o dal mezzo ( basta , che in tutte si osservi
la stessa legge ) io conduco un raggio visuale , o
sia una tangente alla meta superiore , cotesta tan-
gente verrà quasi perpendicolare al diametro di detta
meta; e producendola avanti, raderà prossimamente
il lato destro della spina , scorrendo sempre accosto
ad essa : onde la situazione della settima carcere
sembra a prima vista la più felice delle altre » Qui
)( 3*7 )(
però ;convien riguardare più avanti, e rivolgere i* at-
tenzione alla meta inferiore . Chi si tenesse col carro
sulla traccia della mentovata tangente , giunto ad
essa meta inferiore , la tocearebbe appunto nel bel
principio della sua circonferenza : onde voltando a
sinistra è costretto a costeggiare tutta quanta cotesta
circonferenza . Ma una simile curva presa in gran-
de , e fabbricata di materiali , viene ad essere , se-
condo pure il sentimento de' geometri , un poligono
di molti latercoii , cioè composto di tante piccole
rette linee , che formano fra loro angoli eguali ,
ove si tratti della circonferenza di un circolo. Però
intorno a questi moltissimi angoli , il carro è co-
stretto di fare altrettante voltate , raddoppiando con
«udore V industria nel lungo giro , ed impiegando in
ciò qualche particella di tempo più, che se com-
pier dovesse un egual viaggio continuando il suo
corso per retta linea . Ecco lo svantaggio della set-
tima carcere . Al contrario chi muove dalla duode-
cima più lontana , trova un compenso nel giro della
stessa meta inferiore . Si conduca da quest' ultima
carcere una tangente ad essa meta ; vedrassi , che
per retta linea va ad incontrarla verso Y in un punto
più basso di quello della settima ; cosicché il carro
duodecimo non ha bisogno di cignere tutta quanta
la detta meta, e di aggirarsi intorno a tutta la sua
circonferenza . Questo minor incomodo , e minor
perdimento di tecyipo , supposte già in ciascuno le
X 3^8 )(
velocità eguali , compensa il difetto della suddetta
ineguale distanza , quanto fisicamente può bastare .
Chi volesse distrarsi in curiose indagini , sarebbe da
ricercarsi di quanto maggiore velocità dovrebbe cia-
scuno animarsi , per avanzare il comprgno a un dato
punto: ma noi lasceremo queste sottili distrazioni
ai matematici .
Piuttosto son vago dJ investigare quanta lun-
ghezza di spazio scorresse una quadriga, aggiran-
dosi sette volte intorno alla spina ; per iscoprire qual
proporzione abbia cotesta antica , e difficil corsa a
quella , che si fa in Roma da' barberi a' nostri gior»
ni . La predetta settupla lunghezza raddoppiata , e
computati ancora li tredici giri attorno alle due me-
te , ed una volta sola nella prima mossa la distan-
za maggiore della duodecima carcere dalla meta su-
periore ; tutte queste misure , come si può riscon-
trare sulla pianta , formano insieme tese incirca nu-
mero 1937.
Ed essendo la tesa di Francia composta di sei
piedi del re , e stando questo piede al palmo ro-
mano architettonico come 60 a 86 ; ne viene , che
tutta la suddetta lunghezza si riduce a palmi ro-
mani in circa numero i6658.
Ma la lunghezza della strada dritta del Corso
di Roma, che in oggi si compie dai barberi, prin-
cipiando dalla guglia della piazza del Popolo , e ve-
nendo sino al muro del palazzo di Venezia > è di
palmi suddetti y5oo.
\
)( 329 )(
Dunque la lunghezza dell' antica , difficilissima ,
ed inestimabilmente magnifica corsa romana nel Cir-
co di Caracalla , sta alla lunghezza di quella , che
si pratica a' nostri giorni co' barberi sciolti , come
il numero i6658 al numero 75oo ; vale a dire, la
prima era lunga due volte, e quasi un quarto più,
che la nostra (a) .
(a) Sebbene in questo capo noi abbiamo adat-
tate le lettere, e le piccole misure a quelle della
nostra pianta, non abbiamo poi voluto alterare le
misure generali , ossia il risultato di esse , con cui
V Autore Ja poscia il confronto colla corsa moder-
na; avendo stimato meglio dirlo qui in una notay
secondo le nostre più giuste misure . Queste dunque
prese a parte a parte sono le seguenti , contando a,
tese di Francia .
Spazio primo fra la carcere VII.
{medio spazio) , ed il principio in P,
forma tese 87 3
Spazio fra i tempietti , e la spi-
na , tese 2 moltiplicate per 27 . . 54 — •
Lato della spina, tese 182 molti-
plicate per 14 iS^S — —
Circonferenze delle mete , Use 1 1 :
% moltiplicate per i3 i45 *
Risultato di tutta la misura . . 2i34 4
t piedi francesi 12808
e siano .... e , . . ootro 2
1 palmi romani ioioo -r
Il Corso di Roma secondo la
misura del signor Bianconi sareb-
be di palmi romani 7'5oo »
che sono piedi francesi S12S 6 8
X
Secondo uri altra
signor Domenico
33o )(
misura
Lucchi
dataci
, va-
dal
lente architetto , e nostro amico , sa-
rebbe di palmi romani 7575 -—
0 sia un miglio , e circa un settimo . Secondo poi
la misura stampata dal Padredio nella sua ope-
retta : Misure delle sette , e nove chiese , del circui-
to , e parti principali di Roma ec. Roma 1677 »
pag. 39 , sarebbe di meno assai . Ma questo auto-
re non è troppo esatto . Confrontando pertanto i
palmi romani i8358*-— della corsa del Circo , coi
palmi 7500 , o anche 7S7S del Curso moderno , la
corsa del primo era maggiore quasi una volta , e
mezza della seconda .
Oltre questo nuovo calcolo, e confronto, ne
abbiamo voluto fare un altro , quasi necessario , e
più curioso ; vale a dire , il paragone dell' arena
di tre altri Circhi di Roma> de* quali in qualche
maniera si può avere la misura : e sono il Massi-
mo , il Vaticano , e V Agonale , dove ora è piaz-
za Navona . Quella del Massimo V abbiamo tolta
dal Nardini Uh. 7 cap. 2. ; quella del Vaticano dal
Fontana II Tempio Vatic. pag. 28 e 89 ; quella
dell Agonale V abbiamo presa noi sul luogo , per
non fidarci di quella data dal Padredio ; riducen-
do però a tesa , che vale sei piedi francesi , o sia
palmi romani otto e tre quinti , le canne del Nar-
dini , e i palmi del Fontana . Avranno dunque il
Circo Massimo , larghezza
lunghezza
Circo dì Caracolla , larghezza
lunghezza
Circo Vaticano , larghezza
lunghezza
Circo Agonale t larghezza
lunghezza
. i
lese 96 5
. .
. 40 4
. 247 —
. 26 4
. x54 4
. 27 4
, . i3o — .
/
X 33r )(
Quindi ognun vede la maggiore , o minore
grandezza di tutti quattro . Quello di Caracolla
dunque , essendo il più grande dopo il Massimo ,
e non molto meno di esso , era un gran Circo . Su
questo paragone vi è da fare una più rimarchevole
osservazione riguardo alle carceri di ciascun Cir-
co ; cioè , se in tutti potessero essere veramente dó-
dici; e se erano tante, come fossero capaci di
una quadriga . Se il nostro Autore ha osservato ,
che quelle del Circo di Caracolla erano precisa-
mente capaci di una quadriga , e di un cavallo
sciolto ; come questi avrebbero potuto aver luogo
nei due Circhi più piccoli ? Il Fontana in quella
pianta del Vaticano non ne mette , che sei , non
so per qual ragione . Neil' Agonale , che era pia
coreo , ma più largo , si stenderebbe a trovarvi una
giusta capacità per dodici carceri da contenere qua-
drighe . Per la direzione di esse retta , ovvero obli"
qua , come nel Circo di Caracolla, non possiamo
assicurarne cosa alcuna , Nel Massimo soltanto si
potrebbe rilevare giustamente con uno scavo ; peroc*
che sotterra ne esistono in gran parte gli avanzi .
JO E S CRIZIONE
DELLA PIANTA DEL CIRCO,
FlG. 1. £. primi numeri arabici indicano le tese ; i
secondi , e i terzi , distinti da imo , e da due accen-
ti , o tratti , indicano i piedi , e i pollici , misura di
Francia .
LL Torri dell' oppido .
BBB Carceri in numero di XII.
I Porta in mezzo alle carceri .
HH Forte fra le torri , e i lati del Circo .
FF Portico , o androne con scalette , che dallo
stesso portico davano accesso ai soprapposti gradi .
K Porta libitinaria , o sandapilara , per cui si
trasportavano fuori dal Circo i cadaveri di coloro ,
che fossero restati morti nei giuochi . JNkm sappiamo
con qual fondamento il Fabretti (a) collochi sopra
questa porta un terzo pulvinare , che chiama podio
falsamente , del quale non si può trovare alcun prin-
cipio nei muri , che ancora sussistono ; e non par
verisimile, che sotto al pulvinare del principe, e
sotto i suoi occhi si facessero passar cadaveri .
> K i Pulvinare , o loggia , dove stava il princi-
pe a vedere i giuochi .
G Porta trionfale d' ingresso nel Circo ,
G i Altro pulvinare del principe, vicino alle me-
te , ove era il termine delle corse .
G 2. G 2. Fabbriche , le quali davano accesso
privato dal palazzo imperiate al Circo . Si può cre-
dere , che il pian terreno , il quale contiene alcune
camerette , servisse di abitazione a' famigliari del
principe . Il materiale di questo piano è a cortina ;
e la di lui opera interna è di selci , come il basa-
mento del vicino sepolcro di Cecilia Metella . ed al-
(a) De Col. Traj. Synt. cap. 6 pag. i4-8.
)( 333 )(
tre fabbriche . La pai le superiore , che avrà com-
posta una lunga galleria , la quale melteva al piano
del pulvinare , era d' opera simile a quella dei Cir-
co ,, per quanto si vede dall' avanzo circolare di es-
sa , e dalla rotonda cella annessa al pulvinare .
G 3 Adito , che conduce ad alcune camerette ,
la struttura delie quali , ora in molti luoghi priva
dell' intonaco , è di reticolato misto di cortina . Sui-
T intonaco , grosso in alcuni luoghi più d' ur\ polli-
ce , e fatto di tre strati , incluso 1' ultimo di stuc-
co, e polvere di marmo, ben conservato, e assai
liscio , come la nostra scajola , si vedono ancora
molti avanzi di pitture alquanto svanite , di medio-
cre stiìe , fatte con riquadri di linee , o con colon-
ne sottilissime, arabeschi, e simili chimere, come
quelle d' Ercolano , ed altre .
G 4 Camera della natura delle suddette , pure
dipinta sullo stesso gusto . Nel fondo della camera
incontro alla porta, è siondalo il pavimento; né ben
si capisce se vi fosse tal apertura da tempo anti-
co . E' bensì vero , che per questo ingresso si tro-
va subito una scala , che conduce a dei sotterranei .
Alla metà forse di essa , lateralmente vi sono due
fori, scavati nel tufo, uno in faccia all' altro. Quello
di mano dritta pare un corridore , ove nei lati si
vedono i buchi , o loculi per riporvi cadaveri , come
nelle catacombe . Per la quantità de' rottami , e ac-
qua non si può vedere fin dove conduca: cosi e dei
fondo della rovinata scala , anch' essa scolpila nel tu'
f o . Chi sa , che non comunichino cogli altri vicini
sotterranei , e colle catacombe ? A mano manca i' al-
tro foro conduce ad un colombajo , che ha sei nic-
chie pure per loculi , e sarcofagi ; trovandovisi anco-
ra dei pezzi di rottami di marmo bianco . Il qua-
drato interno del colombajo è di cinque braccia , ed
è parimente scolpito nel tufo; eccettuate le sponde,
e Ae volte delle tre nicchie di sotto, e la volta del-
l' ingresso , che sono di mattonato , in qualche parie
)C 334 )(
stabilito di buona calce . Abbiamo volentieri segnato
nella pianta questo sotterraneo , perchè forse era igno-
to , e non marcato dall' Arringhio , né dagli altri >
che descrivono le catacombe.
E i E 2. Tempietti , su' quali erano le mete .
DD Aggere , o spina , nel cui mezzo vedesi la
pianta dell' obelisco .
AAA Arena .
yy Punto , dove varia la natura dei materiale >
e la impqgte della volta .
z i z 2. La prima di queste scalette , che manca
di vomitorio , pare evidente , che servisse per chi
dall' arena voleva andare su i gradi del Circo . Ne-
gli scavi fatti espressamente non abbiamo trovati ì
giardini, che dal ripiano della scaletta andassero nei-
1' arena . Erano forse questi amovibili, e di legno?
La seconda , che ha il vomitorio , è pure aperta nel
«lavanti ; cioè non continua il parapetto delle scaie a
chiudere il ripiano : e pare , che da questo si do-
vesse andare neli' arena . Né qui parimente abbiamo
trovato i necessarj gradini per discendervi . Chi sa-,
che molte altre scalette non avessero l' accesso nel-
1' arena , in cui non avendo trovato traccia d' euri-
po , sembra che non fosse destinato il Circo agli
spettacoli venatorj , ma ai soli atletici , e di corse .
In tal supposizione non sarebbero stati mal a pro-
posito gli aditi dall' arena ai gradi degli spettatori .
Considerando bene anche all' intorno del Circo , non
abbiamo potuto trovare indizio d' acqua , o di acque-
dotto , che ve la portasse per allagare l'euripo .
* Questo asterisco segna l' angolo ottuso rien-
trante del lato destro del Circo , nei punto , dove
s' incontra la linea punteggiata M P , che segna il
principio della corsa ; siccome la linea opposta P D ,
ne è il termine .
FiG. li. Fabbrica quadrata appartenente al Cir-
co , lungo la via Appia , che noi chiameremo Cor-
tile , per non sapere qual altro nome darle . Serviva
)( 335 )(
probabilmente per rimettervi le carrette circensi. Il
modo di fabbricare è lo stesso ; e mostra di essere
lavoro d' un tempo medesimo col Circo , ed altre
fabbriche adjacenti . Il Serlio , che 1' ha data incisa
forse il primo (a) , e il Palladio (b) rappresentano
ogni arcata aperta verso il di dentro ; ma noi le
abbiamo trovate tutte chiuse da un pluteo alto otto
piedi , ed in alcune meno , fuorché nei luoghi segnati
nella pianta , che crediamo fossero aperti , parendo
«juasi necessario , che alnreno nella parte di mezzo
avessero comunicazione col cortile ; tanto più , che
non vi abbiamo trovato avanzo del pluteo , e i pi-
lastri laterali sono tutti rovinati . Neil' interno fra I
due muri maestri era aperto , e comunicante dal
principio al fine tutto intorno; di modo che le car-
rette entrando per una porta , potevano girare den-
tro , e uscire per l' altra . Nel muro esterno , oltre
due aperture a guisa di porticelle , v' è una porta
grande verso le carceri , dalla quale forse uscivano
le carrette , che doveano correre nel Circo . Il por-
tico anteriore sulla strada , non esistendo più , si è
lasciato nella pianta, come il nostro Autore lo aveva
copiato dal Serlio , e dal Palladio , al tempo dei quali
forse ne esistevano gli avanzi. E' supponìbile che le
stanze , che vi sono , abbiano servito per abitazione
del custode , o d' altre persone , che avevano inge-
renza in questo luogo . Ove è la lettera e , s' indi-
ca , che vi è una scala antica » che guida a dei sot-
tefanei , nei quali non abbiamo potuto penetrare ,
per 1' acqua onde sono ripieni . Il muro circondario ,
che ancora esiste , e per conseguenza i pilastri cor-
rispondenti nell' interno , sono assai alti , e grandiosi .
A Cortile del vignajuolo custode del Circo , a
cu* si perviene per la strada punteggiata . Fra gli
avanzi dell' antica fabbrica , che esistono ancora nel-
1' annessa casa del suddetto custode , segnata a , si
fa) hib. 3 pag. 6q. (b) Lifc 4 caP> 22<
X 336 )(
osserva quasi intiero il pavimento di mattoni lunghi
due pollici , posti a spiga , detti perciò opus spìca-
tum (a) , come si vedono nei così delti Bagni di
Baoio Emilio , o Calcidica del Foro di Trajano , e
in tante altre antiche fabbriche . Da ciò , e dal muro
segnato b , che in pianta chiude la cella , fatto a
reticolato , rilevasi , che questa era una fabbrica an-
teriore alio stesso gran cortile . Il Serlio , e il Palla-
dio fanno un' altra stanza in quest' angolo , e nel!' op-
posto ; ma non vi e stata mai .
BB Cavedio ridotto ora a vigna .
C Tempio , creduto circense .
D Sepolcro creduto della famiglia Servilia, Forse
perchè Cicerone ricorda (£) il sepolcro di quella fa-
miglia in questi contorni , tra quelli degli Scipioni ,
e dei Metelli . Ma come si è sbagliato fino al 1780
per quello degli Scipioni , che si credeva altrove ,
ove non era; così potrebbe avvenire di questo dei
Servilj , se se ne trovassero documenti in qualche al-
tro luog© E' chiaro , che questo fosse un sepolcro ,
osservandovi^ ancora il luogo per un' urna sepolcra-
le , e per olle a modo di colombajo . L' interno di
esso era dipinto a ornati , con degli stucchi delicati ,
e leggieri . Riceveva lume da due piccole finestrelle
nel lato destro , e sinistro sopra i loculi . Un piccolo
corridore divideva il muro esterno dall'interno, che
non erano dipinti . Quando fu fabbricato P annesso
cortile fu lasciato in piedi, forse per non violare un
sepolcro , addossandogli soltanto il muro . Il mate-
riale è di buona calce, e tufi , incrostato internamente
con calce bianca , e stucco per ogni intorno .
E Via Appia .
(a) Vedasi Winkelm. Storia delle arti del dis>
Tom. III. pag. 39.
(b) Tuscul. quaest. Uh. 1 cap. 7.
FINE DEL IV., ED ULTIMO VOLUME,
INDICE
DI CIO', CHE SI CONTIENE
NEL VOLUME QUARTO .
JJjlogìo del Consigliere Giovanni Lodovico
Bianconi Pag. III.
POESIE VARIE
Canzone : Arcadi Selve eg. » 5
Sonetto ; Libico Augel » 1 1
Sonetto : Al Tempio tuo »» iz
Canzonetta : Guardami in volto i> i3
Sonetto : Pur troppo io lessi » 17
Viaggio a Roma a Dori dama Veronese »> 18
LETTERE VARIE
Lettera 1. al Conte Algarotti » 35
Lettera IL » 38
Lettera III. t» £t
Lettera scritta da Perugia al sig. abate Carlo
Bianconi in Roma , nella quale si danno
notizie intorno alla vita di Raffaello da
Urbino » 47
Lettera al sig. Canonico Reginaldo Sellari ea.
nella quale si dà la spiegazione d una
X 338 )(
iscrizione trovata in un sarcofago d A-
quileja » 61
Lettera I. al sig. Marchese de Venuti ec. in-
torno V urna cineraria , ed iscrizione se-
polcrale di Li villa Jìglia di Germanico
Cesare trovate presso il Mausoleo di Au-
gusto tt 70
Lettera II. al medesimo , in cui si dà conto
del sepolcro di Druso, figlio unico di Ti-
berio Imperatore , disotterrato Jra le ro-
vine deir antico tylausoleo d' Augusto » 77
Lettera IH. allo stesso , in cui si parla di tre
cippi di travertino, innalzati alla memo-
ria de tre figliuoli di Germanico Cesa-
re , e di Agrippina trovati nel medesimo
luogo » 87
Lettera al sig. abate Tommaso Puccini sopra
di un passo di Plinio , che sembra indi-
care assai chiaramente , che la stampa
delle figure fosse conosciuta dagli anti-
chi » 94
Biglietto al sig. abate Gian- Cristoforo Ama-
duzzi sopra di un Erma singolare , anzi
y.nica di Pericle trovata di fresco a Ti-
voli , e quindi trasportata al Museo Va-
ticano » 102
Lettera al sig.. don Antonio di Gennaro so-
pra il sepolcro degli Scipioni scoperto non
)C 339 )(
ha guari accidentalmente in una vigna
presso porta s. Sebastiano » 108
Lettera confidenziale delV Antologìa olle Ef-
femeridi letterarie di Roma » 120
Risposta delle Effemeridi letterarie di Roma
alla Lettera confidenziale delV Antologìa v 12S
Sentenza definitiva di Apollo sulle controver-
sie insorte nelV anno scorso fra V Effeme-
ride e V Antologìa tt i35
ARTICOLI DI VARIO GENERE.
Pitture antiche trovate nella vigna Laureti a
s. Pietro in Vincola i> i43
Pezzi varj d Antichità ritrovati in Francia » 147
Piramidi d Egitto » i5x
v Storia e costumi degli abitanti della Scozia » i56
Storia di un Selvaggio ritrovato nelle vicinan-
ze d} Asti in Piemonte » 160
Sopra r inoculazione del Vajuolo » i63
Osservazioni sul Terremoto di Bologna » 172
Descrizione de' Circhi particolarmente di quel-
lo di Caracolla , e dei giuochi in essi ce-
lebrati. v 187
Lettera diretta alVAb. N. 2V. » I
Ai Lettori dell' Opera Circense n il
Cap. I. Origine Etrusca dei Giuochi Circen-
si , e loro principio in Roma » 19^
Cap. II. Dei varj Circhi dell antica Roma » 197
Cap. III. DelV uso dei Circhi , e delle cagioni
della loro distruzione « 208
)( 34o )(
Gap. IV. Pianta dei Circhi in generale ?' 2i4
Cap. V. Dei lati esterni y ed interni del Cir-
co , e di ciò che loro apparteneva »» 218
Cap. VI. Dell' Oppido » 249
Cap. VII. Della opina , e dell* Arena » a56
Cap. Vili. Dei Giuochi Circensi in particolare ,
e della pompa , che si premetteva alla so-
lennità di essi »» 276
Cap. IX. Della Corsa » 290
Cap. X. Esame particolare della Corsa secon-
do la disposizione delle Carceri nel Cir-
co di Caracolla » 3i8
Descrizione della Pianta del Circo » 33s
sas
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%aJnéa cleL I ivco \
vtcuio a C \e,bcifticLrLo ';
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